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Août
9
Carla T. Fit. + pesistica
creatina negli alimenti
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Creatina negli alimenti

Il fabbisogno quotidiano di creatina è di circa due grammi. Tale quota viene in parte soddisfatta dalla sintesi epatica (50%) ed in parte dalla dieta (50%).
La creatina è presente soprattutto nella carne e nel pesce mentre è contenuta solo in tracce negli alimenti di origine vegetale.

ALIMENTO

CONTENUTO DI CREATINA (g/Kg)

Manzo

4,5

Merluzzo

3,0

Aringa

6,5-10

Maiale

5,0

Salmone

4,5

Tonno

4,0

Mirtilli

0,02

Latte

0,1

Per questo motivo chi segue una dieta strettamente vegetariana (vegana) presenta livelli di creatina muscolare inferiori rispetto ai non vegetariani (40-50% in meno).
Tale deficit abbassa leggermente il livello prestativo, specie nelle discipline di potenza dove le riserve muscolari di fosfocreatina sono molto importanti (sollevamento pesi, gare di sprint ed in parte anche nel calcio e nel rugby). Creatina negli alimentiUn ridotto apporto di creatina con la dieta non incide invece sulla salute generale dell’organismo e, dato che tale sostanza non rientra nella categoria degli aminoacidi essenziali, una integrazione orale non è normalmente necessaria (fatta eccezione per gli sportivi di medio ed alto livello).
Nella dieta tradizionale bastano invece 200 grammi di maiale o 250 grammi di tonno al giorno per coprire le richieste metaboliche di creatina. Bisogna comunque tener presente che la cottura degli alimenti determina una parziale distruzione della creatina in essi contenuti, quindi potrebbero essere necessari quantitativi leggermente superiori.

Più la concentrazione muscolare di creatina è bassa e maggiori saranno gli effetti di una eventuale supplementazione: al contrario di un vegetairano, chi segeue una dieta iperproteica ed assume integratori di creatina probabilmente non noterà miglioramenti significativi della performance.
Se per esigenze sportive si desidera aumentare i livelli di creatina nella propria dieta è possibile, dopo aver consultato il proprio medico, ricorrere ad integratori specifici.

Août
9
Carla T. Fit. + pesistica
acido folico in gravidanza
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0

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Acido folico in gravidanza

• Acido Folico e Folati in Gravidanza

• Dove si trova l’acido folico? Gli alimenti giusti in gravidanza

• Perché l’acido folico è importante durante la gravidanza?

• Quanto acido folico e per quanto tempo

Acido Folico e Folati in Gravidanza

Durante la gravidanza il fabbisogno di acido folico aumenta sensibilmente, tanto da rendere spesso insufficiente l’apporto alimentare di questa preziosa vitamina.

Acido folicoIl termine acido folico deriva dal latino folium, un chiaro riferimento ai vegetali a foglia verde e larga, che rappresentano le più importanti fonti dietetiche di questa sostanza idrosolubile, altrimenti nota come vitamina B9. Sebbene i due termini siano spesso utilizzati come sinonimi, acido folico e folati non sono esattamente la stessa cosa. L’acido folico, infatti, rappresenta la forma più ossidata e stabile della vitamina; raro nei comuni alimenti, viene sintetizzato in laboratorio e destinato alla fortificazione dei prodotti alimentari e alla preparazione di supplementi vitaminici, inclusi quelli consigliati in gravidanza. Acido folico in gravidanzaFolati, invece, è un termine generico, riferito a tutti i composti con attività vitaminica B9 (acido folico, folinico, tetraidrofolato etc.); queste sostanza hanno un’ottima biodisponibilità, sovrapponibile a quella dell’acido folico, ma risultano facilmente denaturabili con il calore, la luce, la cottura e la conservazione.

Alla copertura del fabbisogno quotidiano di acido folico, accanto all’apporto alimentare, concorre anche la piccola quota di folati prodotta dalla flora batterica intestinale.

Dove si trova l’acido folico? Gli alimenti giusti in gravidanza

L’acido folico abbonda negli ortaggi a foglia verde, nei carciofi, nelle rape, nel lievito di birra, nei cereali – specie se integrali – nei legumi, nel tuorlo d’uovo, nel fegato, nei kiwi e nelle fragole (vedi l’articolo relativo a: folati negli alimenti).

Come la maggior parte delle vitamine idrosolubili, l’acido folico viene in gran parte denaturato durante i processi di lavorazione degli alimenti. La conservazione e la cottura dei cibi, ad esempio, distruggono fino al 95% del patrimonio originario di folati; una verdura a foglia verde conservata a temperatura ambiente per tre giorni, invece, vede ridursi tale disponibilità fino al 70%. Inoltre, l’interazione delle varie sostanze alimentari – provenienti dallo stesso alimento o da cibi consumati nel medesimo pasto – può ridurre fino al 50% la biodisponibilità dei folati alimentari; di conseguenza, si ritiene che solo la metà della quota ingerita venga effettivamente assorbita.

Fumo di sigaretta, alcool (entrambi da evitare assolutamente in gravidanza) ed alcuni medicinali, possono aumentare sensibilmente il fabbisogno di acido folico. Tra i farmaci ricordiamo la pillola anticoncezionale, la cui sospensione d’uso per la ricerca di una gravidanza può esporre la donna ad una carenza proprio nel periodo più delicato, che come vedremo in seguito è proprio quello attiguo al concepimento. Tra i medicinali in grado di interferire con il metabolismo dell’acido folico ricordiamo anche i chemioterapici antiblastici (come il metotrexate) e gli anticonvulsivanti (come l’acido valproico, la difenilidantoina, l’aminopterina e la carbamazepina).

Esistono infine delle differenze genetiche di natura enzimatica, tali per cui alcune donne, in gravidanza e non solo, necessitano di quantitativi superiori di acido folico rispetto ad altre.

Per quanto esposto sinora, il miglior modo per coprire il fabbisogno quotidiano di acido folico sarebbe quello di consumare frutta e verdura crude, quanto più possibile fresche. Va precisato, comunque, che durante la gravidanza è bene lavare con particolare cura i vegetali da consumare crudi, evitando quelli già pronti al bar o in gastronomia per il pericolo di contrarre la toxoplasmosi o qualche malattia alimentare (eventualmente utilizzare soluzioni antibatteriche come l’amuchina). In gravidanza è altresì sconsigliabile il consumo del fegato come alimento, sia perché “filtro” deputato alla metabolizzazione di sostanze tossiche, sia per l’alto contenuto in vitamina A.

Perché l’acido folico è importante durante la gravidanza?

L’acido folico – tra l’altro – viene utilizzato dall’organismo per la riproduzione cellulare; esso interviene nella sintesi di DNA, proteine ed emoglobina (partecipa all’eritropoiesi, processo di formazione dei globuli rossi), per cui una sua carenza è associata ad una forma anemica detta megaloblastica.

Fin dai primissimi stadi di gravidanza, il prodotto del concepimento (prima zigote, poi embrione, poi feto) diviene un grandissimo consumatore di folati, a causa degli intensi processi di proliferazione e differenziazione cellulare. Anche l’aumento dell’eritropoiesi materna contribuisce ad aumentare i fabbisogni di acido folico durante la gravidanza (in vista del parto la volemia sarà aumentata di un 30-50% rispetto ai valori pregravidici).

Una carenza di acido folico durante le prime fasi di gestazione aumenta il rischio di malformazioni neonatali, in particolare di quelle a carico del tubo neurale (DTN). Con questo termine si indica un gruppo eterogeneo di malformazioni, accumunate da un’anomala chiusura del tubo neurale durante la quarta settimana di sviluppo embrionale (il tubo neurale è la struttura da cui si origina il sistema nervoso centrale, quindi il cervello ed il midollo spinale). I più frequenti difetti del tubo neurale sono l’anencefalia (50% dei casi) ed i difetti di chiusura della colonna vertebrale (spina bifida, 40% dei casi) e della volta cranica (encefalocele, 10% dei casi). A differenza del primo, questi ultimi sono spesso compatibili con la vita, ma si associano a deficit neurologici e a malformazioni fisiche di vario grado (spesso severe).

L’incidenza complessiva dei DTN in Italia è bassa, ma non trascurabile (0,7-1‰ – 0,7 -1 per mille).

L’integrazione con acido folico non azzera il rischio che il prodotto del concepimento sviluppi difetti di chiusura del tubo neurale, ma lo riduce in maniera significativa; a grandi linee lo diminuisce di un 30-40% al dosaggio di 0,4 mcg/die, fino ad un 70-80% a dosi di 4-5 mg/die. Nel corso di vari studi, inoltre, è stato dimostrato come l’acido folico sia in grado di prevenire la comparsa di altre malformazioni congenite, tra cui cardiopatie, labiopalatoschisi, difetti dell’apparato urinario, ipo-agenesia degli arti, onfalocele e atresia anale.

L’attività preventiva dell’acido folico nei confronti dell’iperomocisteinemia contribuisce a ridurre il rischio cardiovascolare della madre, tanto che è stato ipotizzato un ruolo preventivo nei confronti dell’ipertensione gravidica e delle sue complicanze. Per questo, l’integrazione di acido folico potrebbe ricoprire un importante ruolo preventivo nei confronti di preeclampsia ed eclampsia, aborto spontaneo ricorrente, distacco di placenta, ritardo di crescita, basso peso alla nascita e morte intrauterina.

Quanto acido folico e per quanto tempo

Per prevenire i difetti di chiusura del tubo neurale, ogni donna dovrebbe assumere 400 µg (400 mcg = 0,4 mg) di acido folico al giorno sottoforma di specifici integratori. Per quanto detto nei paragrafi precedenti, è fondamentale che tale assunzione inizi un mese prima del concepimento (per aumentare le riserve) e continui per tutto il primo trimestre di gravidanza. Questo particolare dosaggio di acido folico è raccomandato a TUTTA la popolazione in età fertile che non applica efficaci misure anticoncezionali. Dosi superiori ai 0,4 mg di acido folico al giorno possono essere specificamente consigliate soltanto alle donne che hanno già avuto un figlio colpito da difetti di chiusura del tubo neurale, o con familiarità per questo genere di malformazioni. Recenti evidenze scientifiche, infatti, suggeriscono come un aumento dei dosaggi fino a 5 mg al giorno abbia effetti più incisivi nella riduzione del rischio di DTN. Particolare attenzione al corretto schema di supplementazione vitaminica andrà pertanto riposta nelle donne considerate a rischio (problemi di malassorbimento – come la celiachia o il morbo di Crohn – utilizzo di farmaci che possono interferire con il metabolismo dell’acido folico, deficit enzimatici specifici ecc.). Nelle gestanti non a rischio, l’utilizzo di dosaggi pari a 0,4 mg/die – con la raccomandazione di non superare il mg/die – nasce dal timore di ipotetici rischi fetali legati all’elevato livello ematico di acido folico di origine sintetica.

Sotto consiglio medico, durante la gravidanza l’acido folico può essere assunto anche sottoforma di integratore multivitaminico; a tal proposito si raccomanda di scegliere un prodotto privo di vitamina A (retinolo), poiché dosi eccessive di questa vitamina possono produrre effetti teratogeni (indurre malformazioni fetali); in particolare, l’introduzione di vitamina A sottoforma di integratori multivitaminici contenenti retinolo non dovrebbe superare le 3.000-5.000 UI/di. Non sembrano invece sussistere particolari rischi quando la vitamina A viene assunta sottoforma di precursori vegetali (carotenoidi).

Dato che una buona percentuale delle gravidanze non è in alcun modo pianificata dai genitori, molte nazioni hanno intrapreso campagne di fortificazione delle farine e dei cereali con acido folico, in modo da aumentare l’apporto quotidiano della vitamina.

Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/nutrizione/acido-folico-gravidanza.html

Août
8
Carla T. Fit. + pesistica
acqua per dimagrire
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Acqua per dimagrire?

Articoli correlati: quando bere; quanto e quando bere

La maggioranza delle diete e di chi le prescrive sottolinea con enfasi l’importanza dell’acqua in una sana alimentazione.

Ma l’acqua fa dimagrire?

La risposta è palesemente negativa: se fosse positiva, ad ogni bicchiere di acqua sorseggiato bruceremmo delle calorie aggiuntive. Questo, ovviamente, non succede, poiché se da un lato l’acqua non apporta energia, dall’altro non ha alcuna capacità intrinseca di aumentare il metabolismo corporeo, come fanno invece alimenti nervini quali tè e caffè.

Bere esagerate quantità di acqua nella speranza di dimagrire può addirittura rivelarsi pratica pericolosa per la salute. Sforzarsi a bere di più durante i pasti, per esempio, “spegne il fuoco con cui bruciano gli alimenti” (rallenta e compromette la digestione, diluendo eccessivamente i succhi digestivi). L’acqua, una volta assorbita a livello intestinale, finisce nel sangue, regolandone il volume; se beviamo troppo, quindi, aumenta il volume del plasma e con esso la pressione arteriosa. Infine, l’eccessiva diluizione degli elettroliti, in particolare del sodio (lo tengano ben presente le persone che amano le acque che ne sono povere), può essere assai pericolosa ed addirittura letale nei casi estremi.

Bere acqua aiuta a dimagrire?

In questo caso la risposta può diventare positiva sulla base di alcune considerazioni. Vediamole nel dettaglio.

Se l’acqua viene bevuta al posto di alcolici, succhi di frutta, bevande dolcificate ecc., il minor introito calorico non può che giovare al dimagrimento.

Nelle persone che bevono poco, e sono davvero molte, può capitare che un bisogno di acqua venga confuso con un bisogno di cibo; sembra una sciocchezza ma esiste un fondo di verità, dal momento che gli alimenti contengono una certa percentuale di acqua (prossima all’80-90% nella maggior parte della verdura e della frutta fresca).

Bere acqua gelida, in teoria, può aiutare a perdere qualche caloria in più, ma si tratta ovviamente di una pratica assai pericolosa e sconsigliata.

Bere uno o due bicchieri di acqua prima dei pasti contribuisce a stimolare il senso di sazietà , diminuendo la quota di cibo ingerita.

Bere poco fa ingrassare?

Anche in questo caso potrebbe esserci un fondo di verità. Sappiamo, ad esempio, che il tessuto adiposo è assai povero di acqua, che abbonda invece in quello muscolare; non a caso, i soggetti obesi hanno una percentuale di acqua corporea inferiore a quelli magri. Anche la sintesi di glicogeno, al contrario della lipogenesi, richiede notevoli quantità di acqua, dal momento che ogni grammo di questo polisaccaride ne lega a sé quasi 3 grammi.

Negli sportivi impegnati in sport di resistenza, la carenza di acqua favorisce il catabolismo muscolare, con inevitabile diminuzione del metabolismo (il cortisolo, ormone dello stress, ha attività antidiuretica e la sua secrezione aumenta in carenza d’acqua; nel contempo la disidratazione riduce la secrezione di testosterone)*.

Una corretta assunzione di acqua, inoltre, favorisce l’eliminazione delle tossine dall’organismo, che in virtù della loro lipofilia tendono ad accumularsi nel tessuto adiposo. Un eccesso di tossine in circolo per ridotta assunzione di acqua, potrebbe quindi avere un effetto ingrassante, oltre che decisamente poco salutare.

Anche se il nostro organismo possiede meccanismi estremamente efficaci per regolare le perdite idriche in funzione delle entrare, bere nelle giuste quantità è molto importante. Più che farlo nella speranza di dimagrire, quindi, ha più senso bere per star bene ed evitare tutte le spiacevoli conseguenze della disidratazione.

Août
8
Carla T. Fit. + pesistica
alimentazione: abbassare il colesterolo
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Abbassare il colesterolo

Il primo e fondamentale approccio correttivo per abbassare il colesterolo è quello igienico – dietetico. Per questo, l’adozione di una dieta sana ed equilibrata – unitamente all’astensione Abbassare il colesterolodal fumo di sigaretta e alla pratica di regolare attività fisica – dev’essere considerata alla stregua di un vero e proprio farmaco. Non solo, spesso i risultati perseguibili risultano addirittura maggiori e vengono ulteriormente valorizzati dall’assenza degli effetti collaterali inevitabilmente associati all’assunzione di un medicinale. L’eventuale insuccesso di questi interventi impone il ricorso a farmaci in grado di abbassare il colesterolo, che non devono tuttavia sostituirsi, ma associarsi, ad uno stile di vita appropriato. In questo modo, infatti, si potrà sfruttare l’azione sinergica dei due interventi.

Juil
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Fabio, Sport Masseur
Preparazione atletica nelle età 6-8 e 9-12 anni
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Preparazione atletica nelle età 6-8 e 9-12 anni        BANDO ALLA SPECIALIZZAZIONE PRECOCE
“Nelle prime fasce d’età l’allenamento deve ampliare il più possibile il bagaglio di esperienze motorie dei bambini. Non si può quindi concentrare il lavoro solo sulla disciplina praticata. Consigli e proposte pratiche per far crescere in modo corretto i calciatori in erba.”
Negli ultimi tempi ho cercato di riportare la palla al centro in merito alla specializzazione precoce; soprattutto considerando i programmi delle Scuole Calcio che si occupano di bambini di 5, 6 e 7 anni e sono quindi impegnate in un importante compito educativo. In tale contesto, il calcio deve essere un pretesto per lavorare correttamente nell’indirizzo dell’avviamento allo sport.
Noi addetti ai lavori abbiamo detto tante volte che riteniamo che molti problemi dello sport italiano (per una volta siamo presuntuosi e pensiamo in grande) e quindi anche del calcio, dipendano dall’impostazione troppo settoriale e specializzata che caratterizza l’attività giovanile in ogni disciplina.

 

Preparazione atletica nelle età 6-8 e 9-12 anni

 

Preparazione atletica nelle età 6-8 e 9-12 anni

Stremati alla meta
Troppo poca attività ludica di base, troppo poca attività motoria generale e, soprattutto, molta chiusura nei confronti delle altre discipline. Di conseguenza, nelle scuole calcio si fa solo calcio, nelle società di nuoto ci si allena solo nuotando anche a 7-8 anni, si fanno gare di moto-cross a 7 anni, del tennis non parliamone nemmeno e poi a 16-18 anni, quando dovrebbero nascere i futuri campioni, quasi nessuno fa più attività agonistica.
Stanchiamo i bambini con le logiche dello sport dei grandi e poi.. . abbiamo gli amatori quando gli altri paesi fanno le selezioni fra tanti atleti per vedere quali sono i migliori. Una ventina di anni fa il CONI, che allora aveva idee e risorse economiche, lanciò le stagioni dei C.A.S. (centri di avviamento allo sport) e gettò diversi sassi in uno stagno immobile come quello della cultura sportiva, riuscendo a lasciare qualche segno.
Sono di quegli anni tante pubblicazioni sui lavori multilaterali, sono del Centro Studi della Federazione Atletica degli anni Ottanta le raccolte e gli articoli tradotti sull’attività giovanile e la multilateralità degli indirizzi per i vari sport, ma ormai tutto questo e dimenticato e si e ritornati ai propri orticelli.
Il gioco libero
Una scusante comunque c’è. Fino a 25 o 30 anni fa le società sportive iniziavano a insegnare i vari sport a 10-12 anni e prima erano gli oratori, le strade e i cortili a “formare” il bagaglio motorio dei giovani.
La scuola iniziava l’educazione fisica alle Medie ed era quella l’età in cui prendeva il via l’attività agonistica, seppur in forma blanda. In pratica, l’organizzazione della vita di ogni giorno lasciava bambini e ragazzi molto più liberi. Per strada c’erano meno macchine e soprattutto meno pericoli e questo permetteva di lasciar crescere i ragazzi in libertà, affrontando tutte le esperienze motorie possibili, tutti gli sport accessibili. L’impegno era alto, ma con una partecipazione fattiva che dipendeva dall’approccio di ognuno, sempre libero e mai imposto.

Quante ore di attività fisica si facevano?
Tante. Dal primo pomeriggio, dopo la scuola, a quando c’era luce. In estate, anche di mattina e pomeriggio. Quanta attività fisica, quanti sport…e senza l’assillo di campionati e specializzazioni.
Si giocava a calcio, a basket con canestri inventati, a tutti i giochi possibili con la palla, si scalavano alberi, si giocava lungo i fiumi, dove si andava di nascosto, e si affrontavano situazioni di equilibrio che
adesso noi definiremmo “pericoli impossibili”. Tutto era normale e nessuno pensava nemmeno lontanamente che quelle attività potessero far male.
I videogiochi non esistevano e anche in televisione i programmi, che caso mai si seguivano in inverno, non iniziavano prima delle 17,30.
Attenzione…lungi da noi pensare che prima era meglio. Erano tempi diversi e ora qualche cosa di quel modo di vivere e rimasto solamente nei paesi.. . più piccoli. Non possiamo quindi pensare che il mondo faccia retromarcia, ma possiamo invece darci da fare affinché tutte le conoscenze in più di cui disponiamo possano contribuire a organizzare, per i nostri figli e i nostri nipoti, un avviamento allo sport che, se non nella forma, almeno nei contenuti mantenga la vitalità che aveva ai tempi degli oratori.
Naturalmente, nessuno di noi si nasconde l’idea che quello che dobbiamo proporre in questi programmi non rappresenta che una virtualizzazione di quanto facevamo liberamente un tempo. Dobbiamo però convincerci che questo rappresenta una delle strade, forse l’unica, per far si che i nostri ragazzi si avvicinino allo sport, e quindi anche al calcio, in modo corretto, con richieste motorie adeguate al loro livello di sviluppo.
Quali attività multilaterali
Quali proposte per strutturare un’attività fisica multilaterale? Come si devono comportare le Scuole Calcio con bambini di 6-7anni e poco più? Quali sono le attività che ogni disciplina deve prevedere per i ragazzi che si avvicinano ai vari sport?
Sicuramente conviene sottolineare che cosa e certamente scorretto. È sbagliato offrire proposte di lavoro che mirano a una specializzazione precoce o utilizzano sedute di allenamento “rubate” allo sport degli adulti e adattate all’età in questione. I bambini e poi i ragazzi, devono sicuramente… giocare molto, svolgendo tutte le attività proposte in forma ludica. Per questo devono imparare a fare le aste (coordinazione, pre-acrobatica…) nell’età giusta per poi affrontare proposte motorie sempre più docili nella corretta progressione.
Per imparare a fare discorsi complessi occorre prima conoscere tanti termini, studiare bene i verbi e la composizione delle frasi. Solo in tal modo, alla fine, saremo in grado di esprimerci compiutamente.
Nel linguaggio motorio la prassi e esattamente la stessa. Capovolte, balzi complessi, tecniche di corsa, ostacoli, uso della corda e tanti altri argomenti che riteniamo fondamentali per questi momenti di sviluppo e che non sono finalizzati all’insegnamento del calcio ma.. . dello sport. Sono questi gli argomenti che presenterò in questo stage, che avranno come unico scopo quello di offrire agli Istruttori, soprattutto delle Scuole Calcio, ma anche a tutti coloro che lavorano coi giovani, dei mezzi per sviluppare le capacità coordinative generali.

Il calcio come mezzo e non come fine
Il calcio deve essere inteso come un mezzo capace di attirare l’attenzione dei ragazzi per poi lavorare col fine di introdurre anche una serie di proposte per far si che l’equilibrio, il senso acrobatico e più in la il coraggio e la capacità, ad esempio, di cadere senza procurarsi danni, possano contribuire a fare dei nostri ragazzi “atleti” un po’ più completi e in seguito più attrezzati per sfondare nel mondo del calcio. Riteniamo che le metodologie utilizzate da molte società sportive, non solo nel calcio, siano poco adatte a “tirar fuori” dai giovani le loro capacità a 360” e siano invece più indirizzate ad “ammaestrarli” su pochi esercizi, specifici per la loro disciplina. Il risultato: mini-calciatori precoci e destinati a stancarsi presto di una attività che vuole a tutti i costi far selezione in anticipo ed essere specializzata.
Riscopriamo la corda e le capovolte
A questo proposito, alcune indicazioni mi sono emerse durante un raduno che ho effettuato con alcuni bambini di 10-12 anni per eseguire esercizi di verifica sul corretto utilizzo della corda e fra questi non ne trovavo uno capace. Per fortuna uno dei bambini, un colombiano di nome Paul, a un certo punto mi disse: “c’e in tribuna il mio amico, Omar, che con la corda è un fenomeno”. Detto fatto, ecco Omar, 12 anni dall’Equador, a presentarci gli esercizi con la corda, a dimostrazione, di come nelle Scuole Calcio, si siano abbandonati tanti attrezzi semplici, di grande importanza e poco costo, che una volta erano gli unici utilizzati oltre al pallone.
Ma cosa ha di tanto importante la corda?
Un attrezzo cosi banale ti può far lavorare contemporaneamente sulla coordinazione, sul senso del ritmo e anche sulla tecnica di corsa.
E le capovolte cosa possono avere di tanto importante da essere sottolineate quasi con enfasi?
Proponiamole in avanti, all’indietro, dopo balzi… in tutti i modi. E ancora: capovolte con tuffo passando in un cerchio o saltando un ostacolo. Tali esercizi possono essere utilissimi per imparare a controllare il proprio corpo in volo cosi come per stimolare un maggior senso di coraggio. Dalla tecnica di base per le capovolte che può essere proposta già a 5-6 anni, fino all’organizzazione di circuiti di balzi e capovolte varie con grande impegno coordinativo e di equilibrio negli anni successivi.
E insieme alle capovolte e alla corda ecco gli ostacoli che possono servire per creare situazioni di coordinazione, di ritmo, tecniche a tema spazio-temporale, ma utili anche, insieme agli altri attrezzi, per inventare situazioni complesse e di grande divertimento.
I luoghi comuni del calcio
Prima di tutto questo, però, parleremo dell’uso dei piedi, non col pallone ma per aumentare l’elasticità dei movimenti e curare gli esercizi di tecnica di corsa per sfatare tanti luoghi comuni, tipici del mondo del calcio. Passo corto, passo rapidissimo…certo, ma usando correttamente i piedi.
E poi, perché nel calcio lo skip basso e rapidissimo si effettua sempre abbassando la testa e guardandosi i piedi? E la corsa calciata dietro tenendo le mani appoggiate sui glutei, mentre poi quando si corre normalmente le braccia debbono lavorare correttamente per l’equilibrio?
Oggi il tema degli infortuni giovanili, fa emergere un quadro un po’ grigio, che mette in evidenza come
molte patologie ricorrenti nei giovani che giocano a calcio potrebbero essere prevenute attraverso un’attività sportiva diversificata che, soprattutto nelle prime fasce d’età, non dovrebbe far affiorare gli squilibri dovuti alla specializzazione esasperata.
La prevenzione migliore, quindi, potrebbe consistere nel ricreare l’attività del “cortile” e questa è la finalità che ho perseguito, sperando di essere utile a quanti (e sono tantissimi) operano nella delicata e importantissima fase dell’avviamento allo sport.
Generazioni a confronto
E vero che la mia generazione (ho 49 anni) e quelle vicine, non iniziavano un’attività organizzata in una società sportiva prima degli 11-12 anni. Ma all’oratorio si praticavano tutte le discipline sportive e nei paesi, quasi ogni domenica, si organizzavano delle “olimpiadi” cui tutti volevano partecipare.
Guai, però a dire cosa sia meglio o peggio! La vita e cambiata e i bambini di oggi, soprattutto quelli che vivono nelle grandi città, hanno più problemi a giocare in libertà, diventano indipendenti più tardi e hanno una crescita che somiglia a quella di un pollo in un.. . allevamento controllato. Come non può incidere tutto questo sulla loro crescita? Come possiamo fare a creare stimoli che siano costruttivi per i ragazzi delle scuole calcio e che sappiano ricreare le situazioni di una volta?
È tutto un gioco
Abbiamo già detto che non si deve ricorrere a insegnamenti troppo specializzati del calcio (e di qualsiasi altro sport), rispettando quelle “fasi sensibili” nelle quali le capacità coordinative devono essere sollecitate al massimo in senso multilaterale.
Sicuramente giocando a calcio a 6-7 anni ciò si verifica, ma non globalmente.
Esercitando la tecnica calcistica a 8-9 anni, il senso del ritmo e il controllo del corpo in movimento trarranno benefici, ma si può fare molto di più. I bambini frequentano le Scuole Calcio per giocare a pallone, ma se in modo gioioso si propongono capovolte in tuffo, ostacoli, controlli del pallone in circuito e altro, la loro partecipazione sarà intensa e il patrimonio motorio progredirà notevolmente.
Ogni età è una “fase sensibile” per qualche famiglia di movimenti. Guai a non ricordarlo. Se le capacità non si sono sviluppate prima, pensate quanto sia difficile imparare movimenti semplici a 20-25 anni. E diciamo 20-25, non 50-60!

Esercizi con la corda e con i cerchi
All’inizio di questa relazione ho fatto riferimento a un tempo passato al quale, lo sottolineo, non ci riferiamo con eccessiva nostalgia. Ogni momento ha le sue problematiche, ma quanto avviene oggi ha pure risvolti positivi. Dal passato, però, prendiamo spunto per proporre esercitazioni facili e assolutamente alla portata di tutti. Senza dimenticare che, rispetto a ieri, sono migliorate le attrezzature a disposizione delle società.
Ostacoli in gomma che si possono usare senza problemi a tutte le età, porte mobili, molto comode per effettuare esercitazioni di ogni tipo, coni e cinesini facilissimi da usare che semplificano la vita degli allenatori e altri oggetti anni fa sconosciuti. Però si sono dimenticati attrezzi che prima utilizzavamo tutti. Mi riferisco soprattutto alla corda: di costo irrisorio, proposta con diverse modalità, e utile a tutte le età. Quando ho iniziato a lavorare nel calcio (era la fine degli anni Settanta), le corde erano l’unico attrezzo (o quasi), che gli allenatori si portavano sul campo oltre a casacche e palloni.
Servivano, soprattutto nelle prime squadre, per effettuare esercizi di rimbalzo dei piedi, di rapidità, per essere appoggiate a terra e creare linee sulle quali si facevano slalom a piedi pari quasi uniti.
Non c’e nessun ex-calciatore, che abbia poco più di 50 anni, che non sappia saltare la corda con buona tecnica e buon ritmo esecutivo. Nei periodi pre-campionato si facevano anche 3′ a tutta birra sul posto saltando in velocità la corda a un piede, a due, incrociando le mani e cosi via.
Sicuramente, questi esercizi avevano grande importanza per la reattività dei piedi e per la resistenza a stimoli intensi. Probabilmente, con la corda, una volta si svolgeva tutto il programma dei lavori di forza. Ora siamo migliorati, con i calciatori che dal punto di vista fisico affrontano preparazioni più articolate e complesse.
Ma la corda è ancora attuale? Certamente si. E può essere di grande aiuto nelle fasi sensibili dell’acquisizione delle capacita ritmico-coordinative, imponendo ai bambini la coordinazione contemporanea di gambe e braccia come pochi fondamentali del calcio ci offrono.
A 7-8 anni si può proporre la semplice corsa con la corda, utile ad aumentare l’ampiezza dei passi, dapprima poco più che in souplesse con un movimento delle braccia non molto impegnativo.
Aumentando la velocità della corsa, infatti, deve crescere la velocità del movimento contemporaneo delle due braccia che devono far girare la corda. Quindi, più s’incrementa la velocità, più aumentano le difficoltà.
Pian piano possiamo portare i bambini a correre quasi alla massima velocità e in queste fasi dell’esercizio i passi di corsa diventano veri e propri balzi. Misceleremo cosi un esercizio di grande importanza coordinativa con un’azione che contemporaneamente sviluppa forza.
Chiaramente, non ci fermeremo alla corsa con le cordicelle, ma se crediamo nell’esercitazione potremo proporne delle altre.
Un esercizio importante per l’azione del tratto piede-caviglia e sicuramente la serie di saltelli con la corda a piedi pari, quasi uniti con le ginocchia che ammortizzano pochissimo. A questo esercizio possiamo far seguire quello analogo, effettuato con un solo piede per volta e possiamo complicarlo con ritmiche diverse di svolgimento (un destro e un sinistro, due destri e due sinistri).
L’esercizio più spettacolare, ma di elevata difficoltà soprattutto per i ragazzi, prevede che le braccia si incrocino davanti al petto incrociando la corda prima di farla passare sotto i piedi. Questo e un esercizio insidioso, ma ragazzi di 10-11 anni che hanno iniziato a usare le cordicelle a 7-8, sapranno destreggiarsi benissimo.
E, nel loro bagaglio di conoscenze motorie, avranno qualche freccia in più nella faretra.
Un altro esercizio stile anni sessanta e settanta, quelli del mitico telefilm “Happy Days”, è l’hula-hop, da effettuare con il cerchio. Non sto scherzando, ma penso ai giocatori professionisti che hanno una scarsissima capacità di movimento del bacino.
Un bacino con poca capacità di movimento in antero e retroversione, può favorire la comparsa di valori pubalgici. La risposta sarà: posture di stretching ed esercizi per la mobilizzazione della zona della cintura pelvica. La cintura pelvica e la base del tronco ed è l’anello di congiunzione con la parte inferiore del corpo. Già abbiamo detto che gli ortopedici riscontrano, in ragazzi giovanissimi, patologie di tipo pubalgico, quasi sempre associate a deficit di movimento articolare a volte causato da iperspecializzazione precoce. Potrà sembrare una boutade ma non lo è!
Dall’hula-hop al movimento ritmico, ripetuto e coordinato del bacino si potrà partire per dar vita a una serie di proposte, in tema di prevenzione, che possono essere effettuate con strumenti semplici, economici e divertenti.
La corda e l’hula-hop vintage preventivo! Parliamo di attività giovanile ed è importante farlo con.. .divertimento utile, intelligente e mirato.

COME INSEGNARE LA CORSA
“Si deve partire dalle scuole calcio per impostare questo schema motorio, con gli opportuni adattamenti per il calcio. Se l’apprendimento di base è corretto sarà infatti più semplice introdurre il pallone e sviluppare ulteriori capacità su un movimento funzionale ed ergonomico. Al contrario, partire da una corsa scoordinata con la palla per ristabilire un gesto e una dinamica idonei, risulterà molto più complesso.”
Si parla di calcio e tante volte si sottolinea quanto siano importanti…i fondamentali tecnici, ossia i movimenti da effettuare con il pallone che rappresentano “le aste” di questo sport e comprendono le fasi di controllo individuale dell’attrezzo che normalmente si insegnano fin dai primissimi tempi delle scuole calcio.
Conduzione, palleggio, controllo con le varie parti del piede, stop e arresti vari e poi via con passaggi, tiri in porta…una volta questi “fondamentali” erano visti come tappe indispensabili senza le quali non si sarebbe mai potuto giocare. Trenta anni fà non si definiva il calcio uno sport “di situazione” e questi gesti, sicuramente di destrezza, ma diversa da quella espressa nei diversi momenti della partita, erano considerati importanti anche se effettuati in forma statica e non legati alle “situazioni” del gioco.
Da allora, però, molte cose sono cambiate. La tecnica è sempre alla base di questo sport, ma si lascia più spazio alle libere interpretazioni di questi gesti e ogni fascia di età ha delle esercitazioni adattate che perseguono l’obiettivo di stimolare la scelta del ragazzo verso una lettura razionale delle diverse situazioni e un utilizzo appropriato dei vari gesti tecnici.
Oltre ai fondamentali con il pallone, che tante volte sono stati argomenti di trattazione, ne esiste un altro che va considerato con pari attenzione e costituisce un momento basilare nella crescita del giovane calciatore: la corsa.
Una corsa che non è quella canonica dell’atletica leggera, ma che ha delle caratteristiche ben precise che fin dai primi anni delle scuole calcio (ci riferiamo ai 6-8 anni) vanno affrontate sul piano della didattica, affinché i giocatori inizino sin da piccoli a imparare e quindi riescano a consolidare delle sinergie di movimento indispensabili per agevolare anche il loro rapporto con il pallone.
Nel calcio non ci sono la partenza da fermo e quella in linea retta, ma tante tipologie di corsa che vanno dalla souplesse, a quella in allungo, allo sprint con e senza palla, a quella all’indietro, alle traslocazioni laterali…e poi oltre a correre o meglio accelerare al massimo occorre saper frenare, cambiare repentinamente direzione.
Tutta una serie di cambi di rapporti fra frequenza, ampiezza del passo ed equilibri particolari che richiedono continui adattamenti muscolari e capacità di interpretazione delle varie coordinazioni da impostare momento dopo momento.
Come impostare questi insegnamenti, attraverso quali esercizi e a quali età?
Credo che occorra iniziare dai punti fondamentali della corsa: l’uso dei piedi e la coordinazione delle braccia. Naturalmente, nei primi anni delle scuole calcio sarà sufficiente partire da un’analisi complessiva, stimolando l’attenzione del lavoro elastico del piede e cercando anche di effettuare corse su percorsi vari, complicati da attrezzi. Si opterà, quindi, per un insegnamento globale ma senza dimenticare di mostrare analiticamente gesti come il movimento delle braccia. Se facciamo eseguire un esercizio di corsa a secco e da fermi, riusciamo ad osservare ed analizzare bene il movimento, in sincronia, degli arti superiori, senza far andare assolutamente in torsione il busto. Tale attenzione è ancora più importante quando si parla di corsa con il pallone, guai se le braccia si muovono poco e il busto va in torsione. Sicuramente anche i gesti con l’attrezzo ne risentirebbero negativamente.
Nel calcio, rispetto all’atletica leggera, le braccia devono stare un po’ più staccate dal tronco, in una posizione allargata che permetta di sostenere i contrasti e difendere il pallone. Soprattutto in questo caso, il movimento sincrono, senza creare torsioni del busto, è fondamentale. Naturalmente un buon controllo delle braccia si può stimolare con andature non massimali e tempi d’esecuzione dei vari movimenti abbastanza lunghi.

Impariamo a sentire i nostri piedi
Parlando dell’elasticità dei piedi si può iniziare a stimolare questa sensazione con dei rimbalzi non massimali a ginocchia quasi bloccate e con le mani appoggiate ai fianchi.
Questo esercizio andrà proposto a 6-8 anni senza richiesta di prestazione, ma solo a scopo didattico; mentre a 9-11 anni potrà servire, se ben eseguito, per l’irrobustimento degli arti inferiori.
Dopo aver accennato analiticamente a questi due aspetti (braccia e piedi) ecco un altro bell’esercizio per abbinarli, il famoso “passo spinta” eseguito con una bella coordinazione tra braccia e gambe. Anche questo esercizio, inizialmente, va introdotto a fini didattici, ma in seguito si potranno stimolare notevolmente gli arti inferiori con il ginocchio che sale alto e la gamba di appoggio che và in estensione, chiamando il piede alla forte spinta finale; le braccia serviranno per aiutare la coordinazione.
Sempre fondamentali sono due andature come lo skip a ginocchia alte e parallele al piano di terra e la corsa calciata dietro. Nel primo, all’inizio si deve curare bene la combinazione tra il lavoro degli arti inferiori e quello delle braccia che devono favorire l’equilibrio totale dell’esercizio. Si deve poi porre attenzione al fatto che l’azione dello skip non sia seduta, curando l’estensione della gamba in appoggio a terra con la successiva spinta del piede, ben elastica e potente. In questo esercizio, e importante curare anche l’inclinazione del busto, leggermente appoggiato in avanti, come richiedono i canoni della corsa. Proprio l’inclinazione del busto in avanti, infatti, deve essere più o meno accentuata in funzione della velocità della corsa stessa. Se il calciatore si appresta ad accelerare al massimo il busto deve essere più sbilanciato in avanti per aiutare lo sprint, mentre in una corsa in souplesse le spalle devono essere più avanti del bacino solo di pochi centimetri.
Nella corsa in allungo sulla fascia, infine, l’inclinazione del busto deve essere intermedia tra le due azioni descritte precedentemente.
Lo skip possiamo e dobbiamo proporlo anche in forma più rapida con le ginocchia che compiono un’escursione di pochi centimetri, ma con i piedi che lavorano sempre in modo elastico e corretto.
Questo skip “basso e rapido” è difficile da eseguire correttamente per i ragazzi e possiamo introdurlo solo quando sono in grado di controllare il movimento descritto in precedenza.
Gli skip sono contemporaneamente esercizi di tecnica di corsa, di coordinazione, di rapidità e anche di irrobustimento, quando li si propone con serie di 20-30 tocchi totali eseguiti con intensità.

La corsa calciata dietro
Si deve poi insegnare con attenzione anche la corsa calciata dietro in leggero avanzamento.
Il tallone deve arrivare a sfiorare i glutei con una potente azione dei flessori della gamba, il busto deve essere leggermente appoggiato in avanti e il ginocchio non deve avanzare per precisare l’azione dei flessori. In questo esercizio, il movimento delle braccia diventa facilmente corto e frenetico.
Soprattutto all’inizio della fase didattica, invece, si deve ottenere una buona fase di stacco (quasi un balzello) per delineare correttamente sia l’azione del piede sia la flessione della gamba sulla coscia.
Si deve poi controllare che il ginocchio della gamba che esegue la flessione non avanzi, trasformando l’esercizio quasi in una corsa sul posto. Anche in questo caso, verso i 9-10-11 anni, la corsa calciata può esser proposta in maniera intensa. Si può addirittura usarla, quando l’esecuzione e molto buona, come test di rapidità, cronometrando 10 o 20 colpi per verificare le differenti qualità di rapidità nel gruppo dei ragazzi.
Lavoriamo in sequenza
Saltelli per i piedi a gambe quasi tese, movimenti delle braccia prima da fermo e poi in movimento, skip vari e corsa calciata dietro.. . ecco una sequenza di esercizi per stimolare la tecnica di corsa e dare ai ragazzini delle sensazioni diverse, grazie a sinergie sempre più complesse. Ma non accontentiamoci e proponiamo altre difficoltà come la corsa in curva da affrontare in buona velocità e con grande inclinazione del busto, prima in una direzione e poi nell’altra. I piedi sono chiamati a lavorare sia sull’esterno sia sulla parte interna, svolgendo anche un ottimo lavoro propriocettivo.
Un altro esercizio importante, ma complesso, e la corsa incrociata molto “bailada” che, in voga anni fa, ora e finita nel dimenticatoio al pari di altri esercizi. Correndo lateralmente, verso sinistra, si deve portare la gamba destra prima davanti e poi il più possibile dietro all’arto sinistro con ampi movimenti delle braccia da coordinare con gli arti inferiori. Non è semplice, all’inizio, ma questo ci consente di lavorare sulla lateralità con difficoltà che poi si ripropongono continuamente in uno sport complesso come il calcio.
Non solo erba
Infine, ci terrei a sottolineare che questi esercizi si possono e si devono eseguire anche su superfici diverse, più compatte ed elastiche (pista d’atletica, palestra, superfici in cemento) rispetto al campo di calcio; in tal modo, si lavora con maggior reattività e si evitano gli adattamenti negativi che possono derivare dal fatto di restare sempre sull’erba. Per quanto riguarda eventuali dolori che possono presentarsi nei giorni successivi, si tratta solo di situazioni transitorie….spariranno con l’adattamento a lavorare su queste nuove superfici e, anzi, le articolazioni e i muscoli, abituandosi a cambiare modalità d’impatto, ne risentiranno positivamente anche in termini di prevenzione per gli infortuni.
A questo proposito non dobbiamo nemmeno aver paura di allenare su queste superfici i giovani e i giovanissimi. Lavorare su superfici sintetiche, più dure, aiuterà i bambini ad adattarsi a un pallone che salta di più e più velocemente; salteranno quindi esprimendo azioni più potenti in alto, perché il terreno di gioco permette maggior rapidità.
Parimenti, servirà più forza per frenare su una superficie che permette maggiori attriti come il sintetico.
Maggiori adattamenti, migliori conoscenze propriocettive, più abilità e, alla fine, maggior prevenzione.
Utilizzando superfici diverse dal solito campo, però, occorre prestare maggiore attenzione con i giocatori maturi, nei quali non e facile indurre i necessari adattamenti. Proprio per questo abituare i giovani ad adattarsi, oltre a essere molto facile, comporta per loro notevoli vantaggi che rappresenteranno un’utile dote per tutta la loro carriera.
UNA CORSA DA INTERPRETARE
Oltre ad apprendere una corretta tecnica, il giovane calciatore deve saper adattare la propria azione alle situazioni di gioco e alla presenza dell’attrezzo. Tramite una serie di esercizi mirati è possibile dotarlo del bagaglio motorio in cui cercare, di volta in volta, le soluzioni più idonee.
Continuo a parlare del tema della corsa nel calcio e cerco di dare qualche affettuosa bottarella ai tanti luoghi comuni sull’argomento. Certamente, il nostro riferimento non sono i 100 metri dell’atletica dove si parte da fermi, l’accelerazione inizia allo sparo dello starter, la corsia indica la direzione e, soprattutto, non ci sono i contrasti e.. . sull’arrivo non c’è nessun motivo per frenare violentemente.
La corsa nel calcio, invece, e fatta di accelerazioni. Spesso gli sprint durano pochissimi metri e il calciatore non raggiunge mai la massima velocità. Molti storceranno il naso, ma è proprio cosi, perché uno scatto non supera mai i 30-40 metri. Quasi sempre bisogna vincere la resistenza e lo squilibrio che deriva dalle azioni compiute dall’avversario per renderci dura la vita, difficilmente si corre in linea retta e spesso, oltre ai cambi di direzione, si e soggetti a frenate e poi bisogna anche occuparsi del pallone.
Com’è dura la vita del calciatore che deve affrontare e interpretare tanti diversi parametri durante la corsa! Nella prima parte ho affrontato il problema dal punto di vista didattico e degli esercizi di base, ora provo a interpretare la corsa come se fosse una situazione tattica.
Perché?
La corsa non e fatta di spinte più o meno intense secondo la velocità? Certo, tutto questo e vero ma riduttivo. Sempre nella prima parte del capitolo dedicato alla corsa, ho parlato del movimento delle braccia che nel calciatore deve essere un po’ più, largo, rispetto a quello adottato nell’atletica, per proteggere il pallone. La posizione del busto è un altro aspetto da sottolineare con i ragazzi perché nel calcio deve cambiare continuamente:
1. se il giovane calciatore è in una fase di sprint il busto deve essere ben avanti per aiutare l’accelerazione;
2. in fase di possesso di palla la posizione deve essere eretta per guardare i compagni;
3. durante gli allunghi sulla fascia, pronti per dettare un passaggio, si assume una posizione intermedia con il busto un po’ in avanti, ma pronto ad affrontare e quindi condurre il pallone.
Un solo movimento, quello del busto, e tante variabili.
Non solo braccia
Finora ho parlato di braccia e busto, ma come utilizziamo gli arti inferiori? La corsa di velocità, perché è soprattutto di velocità e ancor più di accelerazione che dobbiamo parlare, è un rapporto continuo fra ampiezza e frequenza del passo. Nel caso specifico del calcio i rapporti aumentano ancor più, perché oltre a variabili come ampiezza e frequenza entrano in gioco anche tutti i cambi di velocità, dovuti a frenate più o meno intense, e di direzione in cui i movimenti senza palla devono adattarsi anche al contatto con il pallone o al tentativo di impossessarsene.
Interpretare quindi la corsa come una situazione e assolutamente giustificato nel calcio. Su tale aspetto, pero, si deve lavorare fin dai 7-8-9-10 anni, attraverso proposte che mirano a dotare i ragazzini di una capacità di lettura automatica dei vari equilibri e delle differenti modalità di corsa, necessari per essere efficaci nei diversi momenti delle esercitazioni o della partita.
Scattare in avanti-laterale, partendo da un cerchio che forma un triangolo con due birilli, in pratica, si simula la situazione d’intercettamento del pallone, per poi quindi tornare nella posizione di partenza, è un utile esercizio di abilità e rapidità per un bimbo di 7-8 anni e può essere proposto in forma più complessa a 10-11 anni, inserendo un segnale successivo che interrompe gli spostamenti laterali per scattare verso un pallone posizionato a sorpresa. Eseguire l’esercizio correttamente vorrà dire aver buona visione periferica per adattarsi rapidamente alla posizione del pallone.
Il classico errore, durante l’esecuzione dell’esercizio precedente, sarà quello di tornare al cerchio volgendo le spalle al birillo, senza continuare a guardare avanti dove, potenzialmente, potrebbe sempre entrare in gioco il pallone. In questo caso, si sbaglia la lettura della situazione e non certo la tecnica di corsa. Una corretta lettura delle posizioni delle differenti corse laterali, in avanti e all’indietro la possiamo sempre costruire grazie a un quadrato. Ponendo 4 birilli a 5 metri uno dall’altro le diverse tipologie di corsa veloce vengono interpretate nelle differenti età in modo ben diverso.
Quando l’esercitazione cresce con i bimbi
Nei più piccoli (6-7-8 anni) la corsa laterale e quella che si applica nella difesa del basket con i due piedi sulla stessa linea (una sorta di corsa saltellata laterale) e con la corsa all’indietro effettuata un po’ in torsione per vedere dietro. A 9-10 e 11 anni la corsa laterale può e deve essere quella propria del calcio, cioè più incrociata con la gamba destra che passa davanti a quella sinistra, andando a sinistra e viceversa; la corsa all’indietro, invece, sarà più libera e senza guardare dietro poiché c’è maggior sicurezza e capacità di controllo del proprio corpo. Inoltre, sempre guardando in avanti verso un pallone appositamente posizionato, il giovane dovrà essere pronto a scattare a un segnale sonoro o dopo un movimento della sfera. In pratica, nello stesso esercizio si inseriscono diverse variabili e letture della situazione, rendendolo più complesso in base alla fascia d’età allenata.
Il medesimo esercizio può servire anche per allenare esclusivamente coordinazione e destrezza, dai 6 agli 8 anni, mentre può essere indirizzato alle qualità metaboliche e neuromuscolari se eseguito, tra i 10 e i 12 anni, a intensità superiore.
Altre esperienze
Altre proposte possono essere indirizzate sia alle finalità tecniche della corsa sia alla lettura situazionale del gesto. Ci riferiamo a esercizi dove i vari rapporti fra ampiezza e frequenza vengono mescolati, affinché anche l’abitudine di tagliare il passo o di allungarlo diventi naturale.
Questo, dopo tante ripetizioni che certamente ci aiuteranno anche dal punto di vista dell’irrobustimento degli arti inferiori.
L’esercizio più semplice consiste nel porre 5 birilli in linea retta a 12 metri l’uno dall’altro. In tal modo, individueremo 4 spazi uguali all’interno dei quali i ragazzini si dovranno esprimere prima con una corsa rapidissima ad alta frequenza e ampiezza ridottissima, poi frequenza un po’ più bassa e ampiezza superiore, quindi con grande ampiezza e bella spinta dei piedi, per finire con veri e propri balzi alternati che rappresentano l’esaltazione dell’ampiezza in un esercizio importante per il potenziamento delle gambe.
L’esercizio si può complicare dando un numero alle varie andature che, combinate liberamente dai comandi dell’istruttore, serviranno per completare una sorta di puzzle di rapporti fra frequenza e ampiezza che abituerà il bimbo ad adattarsi continuamente, automatizzando la risposta motoria ai diversi input, forniti in allenamento, che ritroverà nelle diverse situazioni che affronterà in partita.
Si potranno poi alternare balzi o grandi ampiezze con situazioni da modificare introducendo l’uso del pallone. In tal modo, si solleciterà il giovane atleta con gesti che implicano un’importante componente tecnico coordinativa.
Gesti da modificare continuamente, in modo che non ci sia mai adattamento a uno stesso lavoro che alla fine verrebbe ripetuto automaticamente. Questo, infatti, ridurrebbe l’intervento del controllo nervoso che invece è stimolato dalla lettura di una nuova situazione.
Per questo e importante che i programmi degli istruttori prevedano tante proposte, con precise finalità. All’inizio si punterà ad ottenere un perfetto apprendimento dell’esercizio che, in seguito, sarà riproposto in modo sporadico, eventualmente arricchito da nuove e più complesse situazioni da interpretare.
Prendiamo ad esempio uno dei più semplici esercizi di coordinazione braccia gambe, da proporre anche a bimbi di 6-7 anni, nella forma più semplice. Parliamo della corsa a saltelli laterali, con le braccia che, contemporaneamente, vanno in massima estensione verso l’alto, partendo dal contatto delle mani con le gambe. Si tratta, sicuramente, di un esercizio molto datato, ma sempre validissimo, soprattutto se sapremo presentarlo e correggerlo. All’inizio implicherà solamente la coordinazione braccia-gambe, ma a 8-10 anni, curando bene la spinta dei piedi, diventerà anche un esercizio di elasticità muscolare. Cambiando poi la gamba di spinta, con un potente balzo che sposterà di 180° il tronco, e aggiungendo complicazioni ritmiche (cambio fronte ogni 4 passi e poi ogni 2) lo stesso esercizio acquisirà dinamismi importanti e servirà per migliorare, in modo combinato: il controllo del corpo in volo, l’azione piede-caviglia (importante per la resistenza alla forza veloce), la coordinazione.
Attenzione pero, che se invece ci accontenteremo di continuare a proporre questo lavoro sempre con le stesse modalità, molte delle sue peculiarità verranno meno e non richiederà alcuna attenzione al giovane calciatore, perdendo infine qualunque importanza.
Lo stesso discorso vale per la ginnastica. Non parliamo, ovviamente, del classico 1-2-3, di militaresca memoria, ma l’esecuzione di slanci, torsioni e circonduzioni da effettuare con grande escursione di movimento.
Tali esercizi, costituiscono tuttora un importante presidio per la prevenzione degli infortuni. Ogni proposta, però, va prima insegnata e poi richiamata con grande attenzione, magari inserendola in circuiti.
Il fine di tutto questo, consiste nel sviluppare le capacità di coordinazione, destrezza, coraggio, controllo del corpo in volo, cadere e sviluppare sinergie complesse di movimenti.
Questi, infatti, sono alcuni degli obiettivi primari dell’attività sportiva in genere e del calcio in particolare. Doti che, purtroppo, appaiono in modo sempre meno evidente nei nostri ragazzi.
CALCIO E COORDINAZIONE IN FASE DI VOLO
Il mio percorso continua sempre all’interno della fascia di età della scuola calcio, portando per mano i bimbi ad approcciare movimenti più complessi, dando spazio a rotolamenti, salti e capovolte. Gesti spesso dimenticati dai piccoli che oggi crescono iperprotetti tra le mura domestiche.
Dobbiamo ricreare la cultura del cortile! Questa deve diventare la parola d’ordine per gli addetti ai lavori, riguardo l’allenamento dei giovani calciatori. Tante le considerazioni che mi hanno spinto a occuparmi, in questi termini, dell’addestramento e, fra questi, i tanti, troppi infortuni che capitano ai bambini in uno sport come il calcio che prevede scontri, cadute e altri gesti complessi da affrontare con attenzione.
C’è negli addetti ai lavori (e gli incontri organizzati insieme all’Isokinetic di Bologna, gli specialisti della riabilitazione, sui problemi legati allo sport giovanile, lo hanno confermato) la certezza che tutta una serie di patologie che oggi caratterizzano l’attività infantile, alcuni decenni addietro non esistevano.
Questo mi ha portato a trarre una serie di considerazioni.
La prima riguarda la “preparazione” con la quale un bimbo di 6-7 anni arriva a frequentare per la prima volta una scuola calcio. Gli stimoli motori che in questi anni caratterizzano la fascia d’età che intercorre tra i 2 e i 5-6 anni sono sicuramente diversi, per qualità e quantità, rispetto a quelli che caratterizzavano lo stesso periodo di vita venti o più anni addietro.
Sicuramente, già dalle scuole materne qualche ora d’insegnamento di attività motoria è stata affrontata diversamente e con più attenzione rispetto a quanto capitava alle nostre generazioni, ma è talmente cambiato il sistema di vita e tutta una serie di grandi stimoli naturali non fanno più parte della vita dei nostri figli.
Ci riferiamo, in particolare, agli stimoli motori che ci offrivano il cortile, il fatto di vivere all’aria aperta e in spazi che già di per se costituivano una palestra naturale nella quale, in modo autonomo e attraverso tante esperienze dirette, si cresceva, apprendendo tanti giochi e le prime regole e tecniche degli sport.
Si cresceva saltando, correndo, spingendoci, facendo tanti esercizi di coordinazione e di equilibrio con attrezzi inventati li per li, e s’imparava a cadere, ad andare in bici in modo precario e tanto altro ancora.
Infondiamo coraggio
Venendo a mancare tutto questo, nel giro di qualche decina di anni si è passati a un’esistenza più protetta, stretti fra le mura di casa, virtualizzando poco a poco tutte le vecchie esperienze fino a diventare molto meno “attrezzati” dal punto di vista fisico e psicologico nei confronti di movimenti che implicano coordinazione e un po’ di coraggio.
Ci riferiamo, in particolar modo, alle nozioni più elementari di pre-acrobatica o, meglio ancora, ai movimenti più essenziali per arrivare a controllare il corpo in posizioni innaturali e in fase di volo.
Certamente una capovolta 30 anni fa non sarebbe stato un argomento di studio….ma cambiano i tempi e forse nemmeno noi solo 20 anni fa avremmo pensato alla società attuale in cui tutto diventa virtuale.
Prima di spiegare o descrivere una capovolta, iniziamo a proporre (parliamo di bimbi di 5-6 anni) rotolamenti a terra nel corso dei quali i bambini devono assomigliare, nella loro forma, a cilindri o a tronchi d’albero.
È molto importante che inizino a sentire le posizioni. Per questo quando si propone l’esercizio possiamo farli rotolare (una, due o tre volte) anche su leggere discese o piani inclinati costruiti in palestra con materassini.
A tal proposito: vi ricordate qual’era il primo esercizio che ci veniva in mente quando si arrivava nei pressi dell’argine di un fiume? I rotolamenti… e nessuno li insegnava.
Proviamo la capovolta
Passiamo alla capovolta che và insegnata e appresa bene perché può costituire il primo di tutta una serie di esercizi per comporre circuiti di coordinazione e controllo del corpo in movimento.
Ma andiamo per gradi. Il bambino si mette di fronte al materassino (o su una superficie morbida) in accosciata e in appoggio sulle mani poste a circa 30 centimetri davanti al corpo. La fronte va sulle ginocchia, le mani sono in appoggio a pollici paralleli e, progressivamente, il bacino si alza creando uno sbilanciamento che porta il corpo a cadere in avanti, dopo che il capo ha effettuato un appoggio occipitale morbido. Siamo gia un po’ più avanti se il bambino, cadendo, raccoglie le ginocchia al petto pronto a tornare in piedi e, caso mai, a riprendere anche la corsa o lo sprint (questo e già un piccolo circuito).
Le prime volte e facile che il piccolo arrivi a terra a gambe tese e quindi, in un secondo tempo, si dovrà migliorare quest’aspetto. Noi possiamo, soprattutto agli inizi, aiutarlo a vincere le paure, facendo
assistenza specialmente nella fase di contatto del capo a terra con una mano che aiuta sia questo delicato appoggio sia lo sbilanciamento in avanti.
Dopo la capovolta in avanti e il momento di effettuare quella all’indietro. Schiena rivolta al materassino. Da posizione eretta, mani aperte sopra le spalle, si va in accosciata e quando il sedere arriva quasi a terra s’imprime una forte spinta delle gambe all’indietro. Le prime volte ci accontenteremo di arrivare sulle ginocchia, ma dopo poche ripetizioni cercheremo di far arrivare i nostri bambini in piedi.. . pronti a riprendere la corsa.
Spazio ai circuiti
Fatte le capovolte in avanti e all’indietro, eccoci pronti a organizzare circuiti con o senza palla per rendere tutto più complicato e per continuare a offrire stimoli utili per incrementare la conoscenza del nostro corpo in posizioni disagevoli.
La capovolta in avanti possiamo proporla subito dopo con lo scavalcamento in tuffo di un ostacolo di poche decine di centimetri, sempre cercando di richiamare alla ripresa della corsa i nostri bambini nel più breve tempo possibile. Proviamo a complicare ulteriormente, ed eccoci a proporre il salto in un cerchio, da noi tenuto a un’altezza maggiore rispetto all’ostacolo precedente. Siamo già a buon livello, anche per bambini di 9 o 10 anni.
Ritornando alla capovolta all’indietro, facciamo eseguire una breve rincorsa con un superamento frontale di un ostacolo, con il corpo che ruota in volo di 180° gradi , compiendo un mezzo giro per poi arrivare schiena al materassino e passare alla capovolta all’indietro. Sicuramente con capovolte, ostacoli bassi e cerchi possiamo organizzare tanti circuiti per arricchire notevolmente le capacità motorie dei nostri ragazzi. Si può partire saltando un ostacolo per poi girarsi in volo di 90° effettuando un quarto di giro, pronti a tuffarsi in avanti con una bella capovolta e, infine, scattare per controllare un pallone o completare un gioco a staffette.
Rotoliamo un pò
Imparare a rotolare con il corpo, in avanti e all’indietro, con belle capovolte, saltando poi un ostacolo basso e passando alla capovolta prima quasi da fermi e poi con una leggera rincorsa in tuffo.
Introduciamo, in tal modo, piccole acrobazie per imparare a cadere. Quindi, capovolta all’indietro, da fermi e con leggera rincorsa. In seguito: rincorsa, salto dell’ostacolo in volo con mezzo giro e capovolta all’indietro per poi sprintare in avanti e.. . siamo quasi pronti per il circo.
Se poi vogliamo “esagerare”, per costruire ragazzi ancora più abili nel controllare il proprio corpo in volo, ecco delle successioni di capovolte in avanti e all’indietro, magari con controlli facili del pallone nel momento in cui si torna in piedi, pronti a riprendere la corsa.

E ora saltiamo
Altre esercitazioni da ricordare, sempre per ricreare l’atmosfera del cortile e della vita di una volta che tanto manca ai ragazzi di oggi, sono tutti i salti verso il basso. Ci si può arrivare partendo da stacchi verso l’alto, curando bene non tanto la massima elevazione quanto l’ammortizzamento delle gambe nel momento dell’atterraggio. Imparare ad assorbire l’impatto e fondamentale perché i bambini diventino meno fragili nelle cadute.
Oltre a essere un grande esercizio di coordinazione, saltare verso il basso assorbendo al momento dell’impatto e anche un grande lavoro di forza eccentrica e costituisce gia un movimento sofisticato di preparazione atletica specifica, tanto naturale quanto utile.
Utilizzando, naturalmente, i tappetini o superfici morbide si può poi incrementare l’altezza di caduta, fino ad arrivare anche a un metro per ragazzi di 9 o 10 anni, puntando sempre al massimo assorbimento nel ritorno a terra, attraverso un bel movimento di squat negativo o eccentrico.
Con grande attenzione e con altezze più basse si possono effettuare esercizi di questo genere (salti verso un plinto o un gradone, sosta sullo stesso e ricaduta in basso ben ammortizzata), anche in successione, esaltando contemporaneamente qualità come la forza, concentrica ed eccentrica, la coordinazione e il coraggio che oggi deve essere allenato ancor più delle altre qualità.
Scuola calcio, quindi, come trampolino verso una pratica calcistica più evoluta, ma anche momento di crescita importante per tante qualità fisiche e psicologiche propedeutiche per tutti gli sport.
Tanti stimoli motori, dunque, per questi delicati momenti di crescita, tenendo presente che i nostri bambini hanno sicuramente tanto bisogno di giocare e divertirsi, ma allo stesso tempo devono essere messi in condizione di crescere un po’ più forti, sembrando meno dei polli da allevamento in batteria.
TEMPI E RITMI
Sono due elementi fondamentali per l’apprendimento del gioco del calcio. Un apprendimento che deve essere arricchito col maggiore numero di situazioni possibili, “rubate” anche agli altri sport, evitando quelle ripetitive, soprattutto quando non sono più utili, e inserendo difficoltà che arricchiranno il bagaglio motorio dei nostri ragazzi, rendendoli così più duttili e pronti nel recepire i gesti tecnici e la loro corretta interpretazione.
Il calcio e spesso definito come sport di situazione ed e quindi legato a tempi e ritmi. A ogni movimento, infatti, corrisponde un ritmo che ognuno di noi interpreta a suo modo. C’è chi e più rapido e frenetico e chi e più “morbido” e marcato cosi come ci sono atleti più veloci e altri più resistenti. Parlando in termini calcistici, ci saranno difensori e attaccanti più portati ad accelerare e centrocampisti dalla corsa più regolare, cosi come i loro ritmi di gioco. Certo, qualcuno dirà che non c’è niente di nuovo perché anche la vecchia ginnastica militare aveva ritmi e tempi; pero i ritmi e i tempi erano chiusi e obbligati e i fatidici 1, 2, 3 e 4 erano ben scanditi per tutti e non lasciavano certo spazio all’interpretazione personale.
Nella nostra idea di apprendimento delle situazioni sportive, e in questo caso parliamo di calcio, l’acquisizione dei tempi e dei ritmi di esecuzione dovrà essere libera e legata ai diversi livelli di capacità individuale.

Corse diverse
La corsa in linea retta dell’atletica ha tempi regolari e ritmi legati alle varie velocità. Quella del calcio, caratterizzata da molti cambi di velocità e di direzione, ha gli stessi più articolati e si presta maggiormente, come abbiamo visto nei precedenti articoli, a essere insegnata come situazione che cambia a seconda dei momenti e và…interpretata. Interpretata soprattutto per trovare un buon equilibrio tra il lavoro delle gambe e la posizione del tronco, tra l’inclinazione del busto e le differenti velocità di traslocazione e, infine, fra l’equilibrio del corpo e la posizione della palla. Certo, non c’è una sola esecuzione corretta, ma parecchie, soprattutto in presenza del talento.
E chi ha talento, normalmente, ha anche tempi e ritmi di esecuzione di lusso e sa adattare con facilità le varie tecniche di esecuzione alle proprie caratteristiche fisiche.
Una proposta importante
Allora chi nasce bravo e fortunato? Certamente e anche così, ma una valida proposta di esercitazioni che possano stimolare queste esecuzioni ritmiche sarà importante per esaltare le capacità dei migliori e per recuperare molti dei problemi che affliggono gli altri ragazzi, che magari sono solo un po’ in ritardo nello sviluppo motorio.
Per ottenere un’esecuzione ritmica ottimale tra gli ostacoli, infatti, è importante avere buoni equilibri muscolari, in rapporto all’età, e se questi esercizi implicano ulteriori difficoltà, oltre al salto della barriera ci si può girare in volo e ripartire, la riuscita è frutto di una importante mix di capacità ritmica ed elasticità muscolare, che è utilissimo sviluppare nei giovani.
La forza, quindi, come utile elemento per incrementare capacità ritmiche in esercizi senza palla a indirizzo più generale e formativo.

Usiamo la palla
Passando a esercizi che prevedono l’utilizzo del pallone per stimolare i tempi di esecuzione del gioco e la ritmica esecutiva, dovremo evitare di proporre troppe difficoltà insieme e per questo utilizzeremo, all’inizio, esercitazioni a coppie senza usare i piedi.
Dal più semplice con uno dei ragazzi impegnato ad afferrare il pallone, lanciato da un compagno con le mani e nel punto più alto della parabola durante un salto di un ostacolo. Poi, passeremo a esercizi più complessi dove l’attenzione dovrà essere puntata prima sulla corretta esecuzione e poi sulla ricerca di tempi e ritmiche più rapide. Un lavoro importante anche per il ragazzo che lancia, poiché c’è da affrontare il salto del compagno che implica la necessità di dare la palla coi giusti tempi, mentre questi e esattamente sull’ostacolo. In pratica si replica la situazione, tipica della partita, in cui si deve attendere il momento più corretto (tempo) per mettere la palla con un cross, mentre il compagno arriva in corsa e può saltare.
Situazione molto più difficile, che però ne implica una simile.
I movimenti del calcio
Passando ai movimenti specifici del calcio ecco che lo stesso esercizio proposto prima con le mani, sia nel lancio sia nella presa, potrà essere riproposto con il colpo di testa del ragazzo che salta l’ostacolo. In questo esercizio, a volte, se il pallone e un filo in ritardo il compagno che deve colpire di testa e costretto ad andare a cercarlo come si raccomanda di fare nelle esecuzioni corrette. A schema libero, lo stesso esercizio si potrà riproporre con il medesimo compagno che passa la palla e con lo stesso ragazzo che salta l’ostacolo, ma il gesto tecnico potrà essere effettuato con uno stop di coscia, un controllo di petto e.. . spazio alla fantasia.
Quando questa famiglia di esercizi sarà stata assorbita bene e quasi tutti saranno in grado di effettuare correttamente sia il lancio sia il controllo della palla in vari modi…potremo complicare ulteriormente le situazioni.
Basterà che il lancio della palla sia effettuato con un rimbalzo prima del tocco del compagno ed ecco che tutta la gamma degli esercizi effettuati implicherà nuove difficoltà e i ragazzi dovranno elaborare nuovi tempi e ritmi d’esecuzione.

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Adattare il gesto
Se il pallone lanciato dal compagno è un po’ in anticipo e il ragazzo che deve colpire, adatterà di conseguenza, il proprio gesto tecnico. Queste sono le situazioni aperte, da interpretare, in cui i giovani sono stimolati da richieste motorie che cambiano continuamente.
Situazione in cui la palla non arriva regolarmente (in modo sempre uguale) come quando e attaccata a una forca, e quindi si crea quella che nel gergo didattico e definita situazione chiusa.
Non arriviamo, comunque, a essere integralisti e a dire che solamente le situazioni aperte dovranno essere utilizzate nell’insegnamento, come si legge da tante parti.
Ci sono situazioni chiuse, e anche in questo caso l’esempio della forca è calzante, che vanno benissimo per mettere a punto il gesto tecnico che poi….dovrà essere allenato per riuscire ad affrontare condizioni più complesse e difficili da interpretare.
Allo stesso modo, è sconsigliabile continuare a proporre esercizi schematici, a situazione chiusa, per tempi lunghi e in età dove le capacità motorie sono maggiormente sviluppate.

Utili considerazioni
Per concludere questo paragrafo sui tempi e ritmi di esecuzione dei movimenti, restano una serie di considerazioni da fare. Molto spesso ho parlato della negatività della specializzazione precoce e altrettanto spesso ho proposto di utilizzare anche altri sport e le loro tecniche per stimolare, in modo importante, l’acquisizione di nuove conoscenze motorie. Nel periodo invernale, infatti, siccome i campi sono brutti i più fortunati, che hanno la possibilità di andare qualche volta in palestra, giocando a pallavolo, a basket o a pallamano soddisfano buona parte delle raccomandazioni che ho proposto in questa relazione.
Devono, infatti interpretare: i tempi di elevazione, il rapporto con il pallone in volo, il contatto con l’avversario…insieme alla gioia che può dare il gioco. Un gioco che però deve essere preparato e ben conosciuto dai ragazzi per rivelarsi realmente utile.
Ma alla scuola calcio si può giocare anche a basket o a pallavolo?
Non solo si può, ma fino a 13-14 anni si dovrebbe, quasi obbligatoriamente, soprattutto nei periodi in cui i campi sono talmente brutti da impedire qualsiasi esecuzione dignitosa. Vedere bambini di 11-12 anni calpestare il fango e cercare di colpire un pallone in grande difficoltà e certo una di quelle situazioni in cui di tempi e ritmi si può parlare ben poco.
Imparare altri sport ed esercitarsi con essi in momenti particolari dell’anno e invece salutare, utile e importantissimo.
Apprendere tanti movimenti, abbiamo detto più volte, è un po’ come conoscere tante parole con cui potremo elaborare discorsi più complessi.
Saper mettere insieme tutte queste parole, attraverso le tecniche di altri sport, e un po’ come migliorare la grammatica; alla fine i discorsi saranno non solo più complessi, ma anche più profondi e ricchi di contenuti.
Si deve essere quindi aperti alle situazioni da proporre e i nostri ragazzi, anche grazie a tanta varietà, conosceranno il divertimento che deriva dall’apprendere e solamente i grandi maestri sanno infondere ciò.

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Juil
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Carla T. Fit. + pesistica
Fitness: La Colazione Proteica
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.Fitness: La Colazione Proteica;  Le proteine sono macronutrienti con funzione mista, ovvero plastica, energetica, bioregolatrice, ormonale ecc. Il loro apporto nelle dieta è molto importante poiché una parte dei “mattoni” (amminoacidi) che le costituiscono è di tipo “essenziale”; significa che l’organismo non è in grado di produrli autonomamente in quantità sufficienti e che deve quindi ricavarli dalla dieta.

Fitness: La Colazione Proteica

Di solito, il fabbisogno proteico – cioè la quantità di proteine necessaria per la buona salute dell’organismo – è facilmente colmabile attraverso l’alimentazione consuetudinaria. Tuttavia, la quantità di proteine non è la stessa per tutti; i soggetti in accrescimento, gli anziani, gli sportivi e certi malati ne richiedono più degli adulti e dei sedentari. Inoltre, se è vero che questi nutrienti sono quasi ubiquitari all’interno dei cibi, è altrettanto vero che non tutti sono “completi”; questa “completezza” è detta Valore Biologico e si misura valutando il relativo profilo amminoacidico. Le proteine migliori, più complete, sono dette ad ALTO valore biologico e sono contenute nelle uova, nel latte e nei derivati (quindi nello yogurt, nelle ricotte, nei formaggi ecc.), nelle carni e nei prodotti della pesca.

E’ sbagliato credere che la soluzione a un aumentato fabbisogno proteico sia assumere quante più proteine possibile; infatti, porzioni eccessive di questi nutrienti (>30g) non vengono ben assorbite dall’intestino, per cui vengono eliminate in parte con le feci. Praticamente, il segreto per avere un buon assorbimento proteico è quello di assumere più pasti ma in porzioni meno abbondanti; in tal caso, divengono particolarmente comodi certi alimenti in monoporzione da collocare a colazione e nei pasti secondari. Quindi, per fare un esempio chiaro, SI allo yogurt a colazione e NO alla bistecca fiorentina INTERA per cena.

Colazione: Importanza del Pasto

La colazione è uno dei 5-6 pasti ordinari della giornata. Si è soliti definirlo “il più importante”, anche se la maggior parte delle persone non è in grado di giustificarne il motivo reale. Dal punto di vista “quantitativo”, la colazione apporta (o meglio, dovrebbe apportare) circa il 15% delle calorie totali quotidiane. Al contrario, gli altri due pasti principali (ovvero il pranzo e la cena), dovrebbero fornire pressappoco il 40 ed il 35% dell’energia; parallelamente, i pasti secondari (2-3 spuntini) si limitano a contribuire complessivamente per il restante 10% (fino al 25%) delle calorie. Quindi, se la matematica non è un’opinione, rispettando il criterio della “quantità calorica”, la colazione sembra molto più simile ad un pasto secondario che ad uno principale. Tuttavia, la sua importanza si cela in un meccanismo di tipo metabolico e non matematico.
La colazione ha lo scopo di rifocillare l’organismo dopo un digiuno che dura dal termine della cena precedente. In linea di massima, supponendo che l’ultimo pasto della giornata venga consumato tra le 19:30 e le 20:30, e che la colazione successiva avvenga tra le 7:30 e le 8:30, questo lasso di tempo dovrebbe corrispondere a circa 11-13 ore. Va da sé che, per logica, sarebbe opportuno che la colazione fornisse molto più del 15% delle calorie giornaliere (ricordate il detto: “consuma una colazione da re, un pranzo da principe e una cena da povero”?); anche perché, scrutando i cicli circadiani, la secrezione di insulina e la sua captazione periferica sono maggiori in queste ore del giorno piuttosto che al pomeriggio o alla notte.

Ciò nonostante, alla mattina (forse per questioni nervose o di tempo), la media delle persone non tollera facilmente grosse porzioni di cibo e preferisce consumarle a pranzo o a cena. Inoltre, va ricordato che il digiuno notturno avviene in condizioni di dispendio energetico volutamente limitato (in sostanza, corrisponde al metabolismo basale); quella notturna, quindi, non è certo paragonabile ad un’astinenza mattutina, pomeridiana o serale, periodi nei quali l’organismo è più attivo e dispendioso. Va poi specificato che, trattandosi del primo pasto, riducendone l’entità o eliminandolo completamente si corre il rischio di cumulare appetito (che si tramuta in FAME) e di eccedere con le porzioni nei pasti successivi; in pratica, non assumendo tale energia a colazione, questa viene poi sommata al pranzo o alla cena incrementando i deposito adiposo per eccesso calorico.

Queste sono le ragioni che giustificano l’importanza del pasto mattutino e che, parallelamente, ne limitano l’entità ad un modesto 15% del totale.

Composizione Nutrizionale della Colazione e Alimenti Proteici

Una volta compresa l’importanza della colazione, cerchiamo di capire meglio COME dovrebbe essere strutturata.
Abbiamo già accennato all’insulina; questo ormone è il principale mediatore anabolico dell’organismo ma, facilitando l’ingresso di certe molecole nei tessuti, diventa anche responsabile dell’accumulo adiposo. Una miglior capacità di metabolizzare i nutrienti al mattino corrisponde anche ad una minor tendenza al deposito di grasso, ragion per cui si è soliti concentrare gli alimenti più dolci a colazione piuttosto che in altri pasti della giornata (gli zuccheri sono i principali nutrienti responsabili della secrezione insulinica); inoltre, ricordiamo che il cervello funziona a glucosio (zucchero), pertanto i carboidrati non dovrebbero mai mancare all’interno di un pasto mattutino (soprattutto considerando il lungo digiuno prima della colazione).

Fitness: La Colazione Proteica

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Tuttavia, le esigenze nutrizionali delle persone NON sono le stesse e, soprattutto in certe situazioni (anticipate in premessa), la colazione diviene un momento fondamentale per raggiungere la quota di altri composti nutrizionali come le proteine, ma anche le fibre, le vitamine e i sali minerali.
In sintesi, per certe persone (che ricordiamo essere soprattutto i ragazzi, gli anziani, gli sportivi e chi soffre di patologie legate all’assorbimento intestinale ma non solo…) fare un consumo ragionevole di latte e yogurt alla mattina è un’abitudine a dir poco intelligente. Cito questi alimenti perché, oltre ad essere statisticamente i più graditi nel primo pasto, rappresentano un’ottima fonte proteica, di riboflavina (vit. B2), di calcio e (nello yogurt) di probiotici; inoltre, per quel che concerne lo yogurt, essendo comodamente distribuito in porzioni da 125 e 150g, può essere consumato facilmente anche fuori porta.
Gli alimenti ricchi di proteine sono diversi ma, se per alcuni non è un problema consumare salumi, uova, tonno in scatola o carne bianca appena svegli, sfido chiunque a mangiarsi regolarmente una piatto di gamberetti arrosto o del fegato alla veneziana… alle 7:30 del mattino!
Poi, se si considera che l’unico inconveniente nutrizionale al consumo di alimenti di origine animale è l’apporto di colesterolo e di grassi saturi, il latte e lo yogurt si rivelano ancora una volta estremamente utili. Infatti, pur essendo impossibile sgrassare del tutto una fetta di carne o privare del colesterolo un tuorlo d’uovo, a livello industriale è invece possibile scremare (anche molto efficacemente) qualunque tipo di latte; questo, privato della sua componente lipidica, diviene un alimento quasi totalmente privo di molecole che favoriscono l’aumento del colesterolo nel sangue.
E’ poi doveroso specificare che tali alimenti non sono globalmente tollerati; esiste una fetta di popolazione che, non conservando la lattasi intestinale dopo lo svezzamento, diviene intollerante a questo zucchero. Per queste persone è praticamente impossibile consumare il latte normale, mentre (grazie all’idrolisi effettuata dai batteri lattici che abbatte la quota di lattosio) sembrano tollerare meglio (con le dovute differenze legate alla soggettività) tutti i fermentati come lo yogurt, il kefir, lo yogurt greco o addensato, il latticello ecc.
Insomma, due yogurt con cereali integrali, miele, frutta fresca e semi oleosi rappresentano una colazione gustosa e in grado di coprire il fabbisogno di proteine (totalmente assorbibili), zuccheri, grassi, acqua, sali minerali, vitamine e fibra alimentare per la maggior parte della popolazione generale.

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Juil
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Carla T. Fit. + pesistica
Suggerimenti per l’allenamento dei deltoidi
Cultura Fisica ITA - Official Group, sport - official group
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Suggerimenti per l’allenamento dei deltoidi; di Roberto Eusebio campione nazionale assoluto di body fitness

Suggerimenti per l'allenamento dei deltoidi

Suggerimenti per l’allenamento dei deltoidi

 

Si deve alla linea e allo sviluppo delle spalle una buona percentuale dell’immagine di un “bel fisico”. Infatti, un fisico con un deltoide ben sviluppato, ma con carenze in braccia, pettorali o dorsali, viene meno percepito come disarmonico rispetto ad un fisico con spalle piccole e braccia, petto e dorso più prominenti.
Il muscolo deltoide (chiamato anche spalla) è suddiviso in tre fasci denominati: clavicolare (anteriore), acromiale (centrale) e spinale (posteriore).
deltoideIl fascio clavicolare origina dal terzo laterale della clavicola, il fascio acromiale dall’acromion e il fascio spinale dal margine inferiore della spina della scapola.
Tutti e tre i fasci si inseriscono alla tuberosità deltoidea.
I tre fasci muscolari, che costituiscono la spalla, hanno in parte un’azione sinergica ed in parte un’azione antagonista.
Il deltoide è l’abduttore più importante dell’omero e, fino a 90°, entra in funzione solo il fascio acromiale; oltre entrano in funzione anche i fasci clavicolare e spinale.
Il fascio clavicolare, aiutato parzialmente dal fascio acromiale, determina un’antiversione della spalla, mentre il fascio spinale, aiutato sempre dal fascio acromiale, determina invece una retroversione della spalla.
Questo ha importanza nei movimenti del braccio perché il fascio clavicolare può intraruotare il braccio addotto e ruotato all’esterno; mentre il fascio spinale può extraruotare il braccio se è ruotato all’interno.
Il fascio clavicolare del deltoide lavora in modo significativo anche con l’allenamento dei pettorali; lo stesso è per il fascio spinale che lavora sinergicamente con i gran dorsali. Quindi è opportuno tener presente che, nel micro ciclo settimanale, l’allenamento dei deltoidi può essere abbinato all’allenamento dei pettorali e dei dorsali.

Allenare i deltoidiInfatti, nella mia preparazione fisica, svolgo gli allenamenti per i gran dorsali con qualche esercizio ad esaurimento del deltoide spinale, come ad esempio delle abduzioni con busto flesso a 90°, oppure con esercizi come il rowing torso, tenendo il gomito distante dal busto e spostando così il lavoro più a carico del deltoide spinale rispetto al gran dorsale.
Gli allenamenti del gran pettorale li svolgo invece con esercizi che stimolano il deltoide clavicolare, facendo delle alzate frontali con bilanciere o con manubri.
La parte acromiale, invece, che ricordo essere la porzione che lavora anche sinergicamente con gli altri due fasci, può essere inserita negli allenamenti di entrambi i gruppi muscolari: del petto e del dorso; ad esempio con un esercizio di abduzioni laterali con manubri o cavi.
Talvolta eseguo tali esercizi più volte alla settimana proprio perché ho questa disponibilità.
Ma se dovessi scegliere di allenare i deltoidi da soli in un unico micro ciclo, svilupperei l’allenamento nel modo che ora indicherò.
Inizierei con un esercizio di base pluriarticolare, come ad esempio un lento dietro con manubri o bilancieri. Alenare i deltoidiBisogna tuttavia tener presente che questo esercizio è poco indicato per coloro che hanno un atteggiamento cifotico, quindi un piano scapolare che porta ad una extrarotazione ed iperestensione della spalla, creando una situazione critica per l’articolazione stessa. In questo caso meglio eseguire un lento avanti.
In questo esercizio di base vi è una compromissione delle fibre abbastanza globale; è necessario quindi proseguire l’allenamento lavorando i fasci del deltoide, come già accennato in precedenza, cercando di isolare il lavoro. In particolare, per il fascio clavicolare: abduzioni frontali con manubri; per il fascio acromiale: abduzioni laterali; infine per il fascio spinale: abduzioni a 90°. La spalla non è un muscolo grande, ma il suo sviluppo, come ho già accennato, porta ad una armonia e a una completezza della forma e della linea globale del nostro fisico.

https://www.warmfit.com/it_IT/groups/cultura-fisica-ita-official-group-886053070/forum/

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Juil
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Fabio, Sport Masseur
Falsi pseudo protocolli: Squat PDP
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Falsi pseudo protocolli: Squat PDP;  Ripeto come un disco rotto la solita storia, se la ripeto a voi figuriamoci quando sarò vecchio con il catetere e i miei nipoti diranno “facciamo raccontare al nonno la storiella delle punte dritte che poi è contento e ci dà 100 euro”.

 

Falsi pseudo protocolli: Squat PDP

Quando iniziai a fare squat nel casotto di lamiera del Campo Scuola di Arezzo il livello tecnico era questo: nessuno sapeva un cazzo. Facevamo le cose più assurde come il piramidalone di panca 10-8-6-4-2-4-6-8-10, facevamo “il frullino” alla sbarra che altro non era che un aborto di muscle up. Per lo squat, la profondità era al parallelo perché così tutti potevano confrontarsi, a dimostrazione che ci davamo delle regole e cercavamo di seguirle.

Per quanto si facessero delle fesserie assurde, nessuno si poneva dei problemi come quelli che dopo ho trovato nel campo della pesistica ricreativa. Ho già descritto la genesi di queste seghe mentali, ho già parlato dello squat con le punte dritte e di quello con la tavoletta. C’è un terzo punto assurdo che quando iniziai a chiacchierare con altri mai avrei pensato di dover affrontare: lo squat con le punte delle ginocchia dietro alle punte dei piedi.

Falsi pseudo protocolli: Squat PDP

Nei disegni una esemplificazione della problematica: se tracciamo una linea immaginaria che parte dalle punte dei piedi e va su parallela al terreno, lo squat a sinistra non va bene perché le ginocchia oltrepassano questa linea, mentre lo squat a destra è corretto, ed è ciò a cui deve tendere lo scheletro a sinistra.

Se si chiede in giro il motivo di questa postura si va dagli sguardi inebetiti, che se li sottotitolassimo ci sarebbe scritto “si è fatto sempre così”, a “se le ginocchia vanno troppo in avanti le forze di taglio diventano eccessive”.

Avete mai fatto caso a quante cose della vita facciamo per consuetudine? Consuetudini così radicate che non sappiamo nemmeno perché le seguiamo. Si fa così e basta. Cambiare è impossibile. Poi si cambia e… che succede? Nulla. Tipico è, che so… la pressione che ti mettono al lavoro: sembra che se non fai certe cose l’azienda si ferma. Poi non le fai perché magari ti ammali, torni e tutto riparte dal punto che hai lasciato. Incredibile questa cosa.

Ora, se seguite la regola delle “punte dietro le punte” o PDP© e non sapete perché… perché cazzo la seguite? Così, per sapere…

Se invece pensate alle forze di taglio per prima cosa dovreste aver ben chiaro cosa significhi “di taglio”. Se il termine vi evoca qualcosa di dannoso, come una coltellata dentro le ginocchia o una accettata sulla rotula (azioni, appunto, che “tagliano”), sappiate che queste immagini sono sbagliate, come le visioni di quelli che “sentono” il gH crescere dopo una sessione HIIT o il cortisolo che si impenna se passano i 64,5 minuti di allenamento. Sospendete il giudizio del “taglio” e continuate a leggere.

Se portare le punte delle ginocchia davanti alle punte dei piedi fosse veramente dannoso per le ginocchia, che dovremmo dire di questi soggetti qua?

Falsi pseudo protocolli: Squat PDP

Il punto è che non troverete un sollevatore olimpico che non faccia così, perché più l’atleta si ficca sotto il bilanciere, meno deve tirarlo verso l’alto. Tra l’altro questa è la vera abilità del sollevatore olimpico, non le cazzate sul generare potenza: creare una ritmica, come direbbe il mio amico Antonio Gardelli, che permette di tirare la barra e poi di ruotarci sotto.

Vi invito a trovare 100 foto di atleti diversi e di queste vediamo quanto tengono la punta delle ginocchia dietro quella dei piedi. Ok, questi sono atleti, si faranno male, non arrivano alla vecchiaia. Però le statistiche del WL non sono così devastanti per gli infortuni alle ginocchia. Non solo: non esiste una statistica che mostra che questi infortuni sono dovuti al non rispetto della regola delle punte o al fatto che sbattono con le cosce sui polpacci.

Ma quale è il problema di questa posizione? Che, come sempre, equivale a concentrarsi su un aspetto di un movimento pensando che sia la chiave per migliorare, quando il movimento va compreso in tutte le sue componenti. Un po’ come la classica arma segreta degli altri, che ottengono non perché si allenano meglio, ma perché hanno dalla loro le bombe, oppure sono dei maniaci asociali che vivono in palestra e così via: “vedi che non migliori? Hai le punte delle ginocchia davanti a quelle dei piedi, muovile indietro e vedrai”. Chissà se Poliquin ci farà mai un geniale articolo!

Nel precedente articolo abbiamo visto che lo squat è un movimento di segmenti vincolati fra loro a costituire una catena cinetica: muovine uno e si muovono tutti. Se ogni segmento è vincolato ad un altro, l’intera catena deve sottostare ad un vincolo globale, cioè che il COM, il Centro di Massa complessivo, sia sempre sopra l’area sottesa dai piedi. Se questo vincolo non è rispettato, come visto nel precedente articolo, l’atleta dà una dentata in terra.

Falsi pseudo protocolli: Squat PDP

Nei disegni cosa si vorrebbe accadesse ma cosa invece accade. Il disegno centrale è quello che in apertura era a sinistra: ho ruotato la tibia indietro e spostato in blocco tutto quello che c’era sopra. . E’impossibile correggere il “difetto” in questo modo per il semplice motivo che il COP, così il COM, finiscono fuori dall’area dei piedi e per correggere il difetto del vostro cliente lo fate sfracellare al suolo.

Ciò che accade se chiedete al soggetto di non avanzare con le ginocchia, è che mentre lo fa si inclinerà di più in avanti, per mantenere il COP, e così il COM, dentro l’area dei piedi. Perciò gli farete rispettare la“regola” ma avrà uno squat orribile.

 

Lo so che non mi credete, e allora ecco una figurina interessante: “Effect of Knee Position on Hip and Knee Torques During the Barbell Squat”, “l’effetto della posizione del ginocchio sulle coppie all’anca e al ginocchio” del “solito” Journal of Strength and Conditioning Research. Uno studio vecchiotto, del 2003 ma di un pragmatismo veramente geniale, come solo gli americani sanno essere. Poiché esiste questa“regola”, si mette in piedi un esperimento per vedere che succede… limitando esplicitamente il movimento delle ginocchia.

Falsi pseudo protocolli: Squat PDP

Cioè… ma non è GENIALE? Una fottutissima tavoletta che limita i movimenti e dei pesi trasparenti per vedere la postura dell’atleta. Come tutti gli studi ben fatti vengono illustrati i limiti (il carico, i soggetti e così via) ma l’idea di base è consistente: si nota benissimo come l’aggiunta di un nuovo vincolo su un segmento della catena, la tibia che non può ruotare in avanti, porti ad uno spostamento di tutti i segmenti della catena per rispettare il vincolo globale del COM sull’area dei piedi. “A vista”, è ovvio che lo squat Bsia peggio dell’A.

Falsi pseudo protocolli: Squat PDP

Questi disegni sono stati realizzati a partire dai dati dello studio, si vede come la tibia si sporti meno in avanti di circa 8°, mentre la schiena si inclina più in avanti di poco più di 4°. Sebbene gli angoli varino di poco, l’effetto complessivo è assolutamente rilevabile.

Falsi pseudo protocolli: Squat PDP

Nel grafico i risultati del calcolo delle coppie all’anca e al ginocchio rilevati con il modello proposto nello studio: si nota che a fronte di una diminuzione della coppia al ginocchio, non poi di tanto, si ha un incremento della coppia all’anca che fa paura. Infatti le conclusioni dello studio sono:

Falsi pseudo protocolli: Squat PDP

“Le linee guida dello squat con bilanciere, comprese quelle pubblicate dalla National Strength and Conditioning Assoociation (n.d.r. cioè loro stessi), citano la necessità di impedire che le ginocchia si muovano in avanti oltre le punte dei piedi o di mantenere la tibia più verticale possibile, quando si esegue l’esercizio. Comunque, al fine di ottimizzare le forze che coinvolgono tutte le articolazioni, può essere vantaggioso permettere alle ginocchia di muovere leggermente oltre le punte dei piedi nella posizione di squat parallelo. Questo suggerimento assume che gli individui che eseguono lo squat non abbiano alcuna condizione patologica che riguarda le articolazioni coinvolte come condromalacia, problemi nel movimento della rotula, infortuni ai legamenti crociati anteriori o posteriori, infortuni al menisco o condizioni a queste associate”

Perciò, la situazione è che la regola delle “punte dietro le punte” è una semplificazione eccessiva di un movimento complesso e deriva dal voler dare dei dettami semplici, troppo semplici, da seguire.

A questo punto, vi dico la mia. Il problema di questi studi è che registrano quello che c’è, dando nuove regole. Adesso “un po’” si può andare avanti, ma quanto è questo “un po’?”. I punti da chiarire sono tre.

Il primo. Le ginocchia nella assoluta normalità di questo movimento tendono ad andare poco più in là delle punte dei piedi. Stiamo parlando di pochi centimetri, e lo fanno tutti. Possiamo stare a discutere di antropometrie, di posizioni, di posture, ma alla fine tutti lo fanno. Fa parte del movimento. Sarebbe interessante capire perché, ma è solo un problema di leve. Chi ha i femori lunghi, le ginocchia si sposteranno di più rispetto a chi ha i femori corti.

Il secondo. È chiaro che più le ginocchia si spostano in avanti e più aumentano le forze, tutte e non solo quelle di taglio, sulle ginocchia stesse. Il COM è più lontano orizzontalmente dalle ginocchia che costituiscono il fulcro di un leva, perciò le forze non possono che aumentare. Il punto è, come sempre, associare ad un “aumento” un significato negativo: le forze aumentano, allora fanno male. È un approccio sbagliato.

Mettetevi in piedi, adesso caricatevi sopra vostra moglie: sulla spina c’è IL DOPPIO del carico che normalmente sopporta. Il doppio. State morendo? No, è un carico assolutamente tollerabile. Se doveste sostenerlo per due ore avreste problemi, se vi caricaste moglie, amante, prima suocera e seconda suocera avreste dei problemi.

Il terzo. I movimenti complicati vanno analizzati nel globale per tenere di conto di tutti i vincoli. Inutile dire che schienare di più lo squat perché così le ginocchia sono meno stressate non è il massimo dell’intelligente… Ciò che dovete considerare è che c’è un equilibrio fra le forze in gioco, equilibrio che dipende da come siete fatti voi, da quanto carico piazzate sul bilanciere, da quello che avete come schema motorio.

Effettivamente c’è chi manda troppo le ginocchia in avanti, ma il problema non è il ginocchio in avanti, ma perché lo fa. Magari tiene il bilanciere troppo in alto oppure ha uno stance strettissimo, oppure si forza a fare qualcosa che ha visto da qualcuno. Certe volte è meglio cambiare un assetto portando volontariamente le ginocchia più in avanti stringendo lo stance, perché il soggetto ha dolore alle anche e così via.

Le regole, i trucchi, le armi segrete lasciamole ai fumetti. Se per fare uno squat fosse sufficiente rispettare dei punti scritti su un foglio, a che servirebbe un allenatore o un personal trainer?

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Juil
10
Fabio, Sport Masseur
Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi
Cultura Fisica ITA - Official Group, sport - official group
0

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Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi; Implicazioni esistenti tra la velocità ed il ritmo esecutivo degli esercizi ed il risultato finale dell’allenamento. La determinazione della corretta velocità di esecuzione.

Velocità: Ritmo dell'esecuzione degli esercizi

 

Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi

Dott. De Pascalis

La velocità d’esecuzione

La velocità esecutiva riveste un ruolo importante per molteplici meccanismi coinvolti nel lavoro muscolare. In linea generale è importante che l’esecuzione degli esercizi, nelle varie ripetizioni di cui si compone una serie, avvenga in modo fluido.  Con tensioni continue, senza imprimere accelerazioni fra le serie, né all’interno della medesima ripetizione.

La fluidità d’esecuzione

Il lavoro fluido e costante, oltre ad ottimizzare il risultato, molto spesso previene potenziali traumi, sia muscolotendinei che articolari. Naturalmente esistono sempre delle eccezioni da valutare non soltanto sulla base dell’obiettivo prefissato, ma anche in virtù del grado di allenamento individuale. Nel caso di un lavoro per la forza esplosiva ad esempio è necessario calibrare una percentuale di carico che permetta l’esecuzione di esercizi a velocità massimale. In questo caso, pur rispettando una certa fluidità di movimento, è probabile che si inneschino delle accelerazioni nel corso dell’esecuzione. Ulteriori casi in cui la contrazione continua e fluida non è opportuna riguardano le condizioni di acclarata presenza di problemi nella circolazione sanguigna e/o linfatica.

La cellulite da ipossia locale

Quando un muscolo si contrae infatti la pressione esercitata occlude i vasi sanguigni che lo percorrono, provocando una temporanea ipossia locale e conseguente accumulo di lattato. Tale situazione, per soggetti affetti da problematiche cardiocircolatorie, può rivelarsi particolarmente pericolosa. E ancora, nel caso in cui le problematiche circolatorie determino inestetismi come la pannicolopatia fibroedematosa.  (Comunemente definita “cellulite“).  Sarà opportuno prevedere micro-pause di rilassamento ad ogni ripetizione dell’esercizio. O comunque evitare il protrarsi per molti secondi di una contrazione occlusiva.

Poiché il problema stesso della cellulite è determinato anche da problematiche circolatorie, (e Hameriane: Vedi  R. G: Hamer Official Group, “La cellulite”)  la somministrazione di esercizi che prevedono una contrazione continua e occlusiva non fa che aggravare ulteriormente la performance del sistema di trasporto linfatico.

il TUT

La velocità di esecuzione del lavoro influenza direttamente anche il TUT (Time Under Tension – determinante nel comprendere quale tipo di adattamento sarà prodotto dal lavoro svolto.

Quando l’esecuzione è particolarmente lenta, la quantità di carico utilizzabile è giocoforza inferiore ma il TUT è maggiormente elevato e questo ha ripercussioni positive soprattutto per adattamenti di tipo ipertrofico.

Viceversa una esecuzione relativamente più rapida, ma con un carico significativamente maggiore, produce un TUT di minore entità e con maggiori vantaggi riguardo lo sviluppo della forza. Questo non significa che il TUT dovrà restare costante e invariato.Come ogni altro elemento che concorre a produrre un adattamento dovrà essere anch’egli adeguatamente modificato. Pur tenendo conto della sua diretta incidenza in termini di adattamento.

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Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velocità: Ritmo dell’esecuzione degli esercizi. Velo

Juil
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Fabio, Sport Masseur
Accade per qualcuno a settembre: Da oggi, massa!
Cultura Fisica ITA - Official Group, sport - official group
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Accade per qualcuno a settembre: Da oggi, massa!   Non contenti degli errori fatti nella ricerca di una buona definizione estiva, parte ora la carica di chi vuole sbagliare anche il resto, alla ricerca di un integratore miracoloso, ma incapaci di sfruttare l’incremento di testosterone che la natura regala.

Autore: Dottor Pierluigi De Pascalis

 

Accade per qualcuno a settembre: Da oggi, massa!

 

Accade per qualcuno a settembre: Da oggi, massa!

È arrivato settembre e, da oggi, una moltitudine di frustrati del fitness si sente autorizzata a strafogarsi di ogni ben di Dio dopo mesi di privazioni alimentari con l’alibi che, da oggi appunto, comincia il periodo di massa. In queste due semplici azioni, il rigore alimentare iniziato a primavera inoltrata, e la convinzione che ora bisogna fare massa, quindi ci si possa sovralimentare, vi sono talmente tanti errori e assurdità che non basterebbe un libro per scriverle tutte. Ecco perchè parlo di frustrati del fitness.

Non si può parlare di persone appassionate e desiderose di migliorare una prestazione. Innanzitutto perchè il loro obiettivo non è affatto il miglioramento della performance o il desiderio di un fisico atleticamente prestante. L’unica ragione del loro allenamento (anzi l’unica ragione di vita) non è il miglioramento atletico, ma il puro apparire, il miglioramento dei volumi muscolari. Obiettivo da raggiungere ad ogni costo, non a caso cadono nella rete di chiunque ogni 6 mesi lancia una nuova moda, “scopre” (meglio dire inventa) nuove fantastiche tecniche e segreti per diventare grossi. Strano che malgrado tanti segreti si vedono in giro davvero poche persone col fisico ipertrofico. Davvero strano perchè a leggere in giro (e su internet) ci sono migliaia di integratori miracolosi, e tecniche d’allenamentoper diventare MrMuscolo con al massimo 20 minuti d’allenamento la settimana. Chissà cosa accadrebbe se il tempo dedicato a cercare trucchi e segreti lo si dedicasse ad un allenamento serio!

Ma torniamo ai nostri eroi, quelli che “da oggi massa“. Intorno a questo obiettivo ruota tutta la loro vita. Ed anche qui si nasconde qualcosa di bizzarro, perchè moltissimi non gioiscono tanto per la loro ipertrofia (come sarebbe giusto), quanto nell’osservare e disprezzare quelli che hanno uno stile di vita differente.

Hai un bicipite di soli 25cm di circonferenza? Allora sei uno sfigatoNon hai l’addome definito? Ancora peggio, quasi non meriteresti di vivere, e non salutarmi se mi incontri, non meriti il mio saluto

Non c’è altro metro di paragone. Questi frustrati del fitness, che si esaltano dei loro digiuni, della loro ferrea resistenza ad ogni tentazione alimentare (poi ne riparleremo quando da vecchi la privazione sarà forzata e non ne avrete goduto nè da giovani e nè da anziani, e scoprirete che neppure la vostra salute ne ha giovato, a dispetto degli esami del sangue che regolarmente fate, i danni maggiori sono a lungo termine purtroppo), al primo incremento della temperatura a primavera inoltrata, cominciano il canonico periodo della definizione.

Definizione che, come già spiegato in un altro articolo, viene fatta in modo sbagliato, spingendomi a dire che tecnicamente è come se non esistesse (per chi ha voglia di leggere le ragioni l’articolo è a questo link, i più pigri possono accedere al video in cui lo spiego, a quest’altro link).

Dopo il periodo di definizione, e i 15 giorni di gloria in spiaggia, dove non hanno parlato d’altro, cercando di convincere qualcuno ad avvicinarsi al loro stile di vita, come dei moderni testimoni di Geova (mi perdoni chi appartiene a questa religione, contro cui non ho nulla) che invece di bussare porta a porta, avrebbero vagato di ombrellone in ombrellone se qualcuno dei loro miti non gli avesse detto che la passeggiata in spiaggia è aerobica, e quindi rischiano di compromettere qualche etto di pettorali.

Orbene, dopo questo periodo di gloria estiva, da settembre finalmente possono “recuperare” iniziando a badare meno al cibo perchè comincia il periodo della massa, e i loro Guru di fiducia gli hanno detto che nel periodo di massa si devono assumere grandi quantità di calorie e ovviamente di proteine, perchè poi ci sarà tempo per definirsi la prossima primavera/estate. Qualcuno è ancora convinto che addirittura il grasso si trasformerà in muscolo durante quel periodo, ma di questi non conviene neppure parlare, se tutti siamo figli di Dio, chi è convinto di trasformare il grasso in muscolo deve sicuramente essere stato adottato!

La cosa che mi fa ridere, e in parte imbufalire altrimenti non avrei dedicato l’ultima domenica di ferie a scrivere questo editoriale, non è quello che ho segnalato sino ad ora, alla fine ciascuno è libero di fare quello che vuole e quello che gli procura piacere, se uno è contento così, è felice di 15 giorni di sguardi addosso (bisogna poi capire cosa pensano quelli che lo guardano, ma questo è un altro discorso) chi sono io per giudicare?

Come qualcuno ogni tanto mi scrive in privato su Facebook, sono soltanto invidioso, e farei meglio ad allenare i miei bicipiti. Non scherzo, me lo scrivono davvero, uno dei messaggi più deliranti che ho ricevuto è stato questo, lo riporto integralmente (punteggiatura inclusa):

Inutile dire che la conversazione questi soggetti da soli la iniziano e da soli la concludono, il capitolo stress=cortisolo=OddioPerdoMassa non l’hanno ancora letto, e stressarsi a tal punto solo a causa dei miei editoriali (lo dico io per primo) non ne vale la pena.

Ma sto divagando di nuovo accidenti. Dicevo cos’è che mi fa ridere e imbufalire contemporaneamente? Presto detto. Questi soggetti trascorrono tutto l’inverno sui forum tecnici e nei gruppi su Facebook a scambiare idee e cercare trucchi vecchi e nuovi per aumentare il livello di testosterone e GH per massimizzare la loro ipertrofia, spendendo tempo e centinaia di euro dietro integratori perfettamente inutili, correndo dietro ogni teoria compaia su qualche rivista con un numero di foto sufficienti ad attrarre la loro attenzione, e poi quando arriva il periodo dell’anno in cui il testosterone e il GH sono biologicamente ai massimi livelli … invece di fare la massa vanno in definizione.

Cioè… se non è contorta una mente siffatta, allora quale mente lo è? Che senso ha cercare (inutilmente) e a pagamento di incrementare quello che la natura incrementa gratis? L’aumento delle ore di luce, e perfino l’esposizione al sole, magari su una spiaggia, può aumentare in modo significativo il rilascio di testosterone. Pensate davvero che esista un integratore capace di fare altrettanto?

Ma allora perchè tutto questo? La scusa ufficiale è che in estate non ci si può allenare per la massa perchè fa troppo caldo. E questo poteva essere vero prima dell’invenzione dell’aria condizionata (in realtà neppure allora), ma oggigiorno?! Oggi non ci può più essere questa scusante, la vera ragione è che se invece di leggere opuscoli di integratori e libri di pseudo Guru (che poi vendono questi stessi integratori, guarda a volte le coincidenze) si prendessero la briga di studiare un po’ la metodologia dell’allenamento, e qualche buon libro di fisiologia dello sport, avrebbero risultati certamente migliori. Scoprirebbero perfino che molto probabilmente quello che chiamano allenamento per la definizione stimola invece proprio la massa muscolare, e se si fermassero a capirne le ragioni potrebbero sfruttarla per periodi di tempo ben più lunghi e programmati per avere realmente un risultato straordinario. Ma leggere un libro serio (lo dico sempre) è più difficoltoso che fare uno squat col massimale. Quindi la situazione resta immutata, a tutto vantaggio di chi sceglie ogni anno di propinargli un nuovo miracoloso integratore che, come nella pubblicità del detersivo che lava più bianco del bianco, ogni anno è più efficace dell’anno precedente. Poco importa se, leggendo i valori nutrizionali, il contenuto è identico a quello di una pizza margherita con doppia mozzarella (vi invito a verificare), l’importante è che sia il loro Guru ad avergli detto di fidarsi, e loro (pagano) e si fidano. Si fidano perchè vedono le foto del “prima” e del “dopo“, e sono così concentrati a guardare pettorali e addominali, da non rendersi conto che molto spesso è cresciuta anche la mandibola, vai a capire perchè…

NB. Questo editoriale rende doverosa qualche piccola precisazione, quando si toccano certi argomenti qualcuno si sente personalmente offeso, tanto per evitare fraintendimenti lo scopo dell’editoriale è esattamente l’opposto. Ossia quello di spronare chi ha come massima ambizione l’ipertrofia, stimolandolo a farlo sfruttando il metodo scientifico, e non il marketing. È doveroso fare un’altra precisazione. Alcuni autori segnalano un incremento del testosterone oltre che nella fase estiva anche nella prima fase autunnale, prima di commentare l’editoriale con questa “scoperta” fatta grazie a Google, sappiate che pur volendo accettare questa seconda ipotesi, è evidente come poter beneficiare di un periodo più ampio (estate + prima parte dell’autunno) è meglio che sfruttare solo un periodo residuale.

https://www.warmfit.com/it_IT/groups/cultura-fisica-ita-official-group-886053070/forum/

 

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