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Fabio, Sport Masseur
Fibromialgia per Operatori Sanitari: Patogenesi
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Fibromialgia per Operatori Sanitari: Patogenesi; La patogenesi della FM resta senza dubbio l’argomento più controverso e sul quale sono state spese più parole, paradossalmente non perché ci siano pochi dati a disposizione, ma piuttosto perché ce ne sono troppi. Infatti, da quando sono stati introdotti i criteri diagnostici ACR, si sono moltiplicati gli studi su gruppi omogenei di pazienti con lo scopo di determinare i meccanismi eziopatogenetici alla base della FM. Sono così emersi numerosi dati di tipo anatomopatologico, neurochimico, endocrinologico a volte addirittura contrastanti tra loro e comunque non definitivi, nel senso che nessun rilievo è stato in grado di offrire una ipotesi eziopatogenetica completa ed esauriente della FM. L’unica possibilità per fare chiarezza è individuare quelli che possiamo definire “i fatti della FM” e sulla base di questi cercare di delineare un possibile percorso eziopatogenetico.

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I fatti della FM:

  1. La FM non è una malattia ad origine “periferica”, in quanto non sono mai state dimostrate alterazioni muscolari o tendinee significative
  2. Nella quasi totalità dei casi all’esordio della FM può essere individuato un evento scatenante: trauma fisico o psichico, malattia febbrile spesso ad eziologia virale (in particolare da EBV), altro evento stressante (es. intervento chirurgico). Anche quando tale evento apparentemente non si è verificato, un’attenta indagine riesce a documentare un trauma psichico più o meno recente che si può dimostrare correlato all’insorgenza della FM.
  3. Esiste certamente una familiarità per FM, anche se non sono noti i precisi meccanismi di trasmissione; alcuni lavori hanno documentato la maggiore prevalenza di alcuni alleli del sistema HLA.
  4. La FM non è una malattia psicosomatica: numerosi lavori hanno dimostrato che i tratti psicopatologici dei pazienti fibromialgici sono del tutto sovrapponibili a quelli di pazienti con altre patologie caratterizzate da dolore cronico (es. artrite reumatoide) e sono quindi da considerare reattivi alla malattia di base.
  5. Una delle caratteristiche della FM è l‘iperattività simpatica che si traduce in particolare in alterazioni della microcircolazione periferica e centrale: alterata distribuzione dei capillari a livelllo del tessuto muscolare con ipervascolarizzazione dei tender points, fenomeno di Raynaud, alterazioni del flusso cerebrale con diminuzione del flusso in particolari aree cerebrali (nucleo caudato e talamo) responsabili della trasmissione e della modulazione del dolore. Ciò rende ragione della caratteristica fondamentale della FM e cioè della iperalgesia, in quanto il malfunzionamento di queste aree cerebrali porta ad una errata interpretazione degli stimoli dolorosi.
  6. Nella FM sono state dimostrate e più volte confermate alterazioni di numerosi neurotrasmettitori, a riprova della origine “centrale” della FM: ridotta concentrazione di serotonina e 5-idrossi-triptofano nel liquor e nel plasma, ridotta produzione di melatonina, aumento di oltre 3 volte delle concentrazioni di sostanza P nel liquor. Tutti questi neurotrasmettitori sono coinvolti nella modulazione del dolore e nella regolazione del sonno.
  7. Tutti i farmaci che hanno dimostrato di essere efficaci nella FM agiscono a livello del sistema nervoso centrale.

Basandosi su questi “fatti” si può quindi immaginare che in un soggetto predisposto (che verosimilmente ha ereditato un sistema neurovegetativo sbilanciato verso una iperattività simpatica forse per un deficit metabolico del sistema serotoninergico) agisca un fattore scatenante (trauma, infezione, forse anche alcuni farmaci) in grado di slatentizzare la FM.

Tutti i fattori scatenanti descritti hanno in comune probabilmente la capacità di agire a livello midollare o cerebrale: per esempio è stato dimostrato che un trauma cervicale (colpo di frusta) è in grado di scatenare la FM molto più frequentemente di un trauma lombare. Si realizza quindi una redistribuzione del flusso cerebrale con ischemia relativa di alcune aree deputate al controllo delle vie del dolore con progressivo peggioramento nel tempo della sintomatologia. E’ probabile che alcune delle alterazioni dei neurotrasmettitori documentate siano l’effetto di questi meccanismi piuttosto che la causa. Le manifestazioni muscolari della malattia (rigidità, dolore, tender points) derivano verosimilmente da una sregolazione delle vie simpatiche midollari, secondaria alle alterazioni centrali, che controllano la vascolarizzazione e la contrazione muscolare. Tali meccanismi vengono poi potenziati e mantenuti da numerosi eventi collaterali, tutti orientati verso un mantenimento dello squilibrio neurovegetativo, che complicano lo scenario patogenetico (variazioni climatiche, alterazioni ormonali, ecc.); probabilmente in alcuni pazienti resta comunque fondamentale il meccanismo serotoninergico, mentre in altri, nel tempo, possono prevalere altri meccanismi.

Importante è comunque sottolineare come queste alterazioni siano potenzialmente correggibili e reversibili . Lo dimostra il fatto che in corso di infezione da EBV sono state descritte delle classiche FM completamente regredite con la guarigione della malattia virale e che la terapia di rilassamento, verosimilmente in grado di modificare la distribuzione del flusso cerebrale, può portare a completa regressione della FM.

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Proprio la risposta alla terapia di rilassamento ed ai farmaci SSRI fa ritenere che il deficit predominante nella FM sia quello delle vie serotoninergiche in grado di modulare le attività neurovegetative e che tale deficit sia correlato alla redistribuzione del flusso cerebrale.

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Fabio, Sport Masseur
Fibromialgia per Operatori Sanitari – Epidemiologia
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Fibromialgia per Operatori Sanitari – Epidemiologia; Chiunque si occupi di malattie reumatiche non ha difficoltà a riconoscere che la FM è la patologia che si incontra più frequentemente, soprattutto nell’attività ambulatoriale. Ciò nonostante non ci sono dati attendibili sulla reale frequenza della FM in quanto tale malattia continua ancora oggi ad essere ampiamente sottostimata e raramente diagnosticata. Basti pensare all’ambulatorio del medico di medicina generale e a quanti pazienti ogni giorno visita in quanto lamentano uno o più di questi sintomi: dolori muscolari, cefalea, vertigini, epigastralgie, insonnia, dolori addominali, astenia, parestesie, tachicardia. Una buona parte è certamente affetta da FM senza saperlo.

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I dati epidemiologici di cui disponiamo sono relativi a valutazioni eseguite in:

  1. studi su popolazione sana, di cui alcuni recentissimi, che documentano unaprevalenza compresa tra il 2 e il 4% (con valori notevolmente più elevati se si scorporano i dati per la sola popolazione femminile: 8-10% circa).
  2. studi su pazienti ricoverati in ambiente internistico che evidenzianoprevalenze nell’ordine del 10%
  3. studi su pazienti valutati in ambiente reumatologico dove la prevalenza raggiunge il 25%

Tra gli ultimi lavori di tipo epidemiologico, due rivestono particolare interesse:

  1. Il primo è uno studio di popolazione, pubblicato nel 1999, che ha coinvolto 3395 abitanti della cittadina canadese di London (The London Fibromyalgia Epidemiology Study). Sono stati individuati 100 casi di FM (86 femmine e 14 maschi: rapporto F/M=3:1), con una prevalenza quindi del 3.3%. La prevalenza nel sesso femminile era pari al 4.9% per salire al 8% nella classe d’età 55-64 anni. Sono stati individuati una serie di fattori di rischio per la FM: oltre al sesso femminile, età media, livello di istruzione inferiore, reddito basso, essere divorziati. A tutt’oggi questo rimane lo studio più ampio e rigoroso che viene sempre citato.
  2. Il secondo è uno studio pubblicato nel 2005 che rientra in un progetto iniziato nel 2003 con uno studio a livello europeo (The Feel Study: Fibromyalgia Epidemiology European Large scale survey) per valutare la prevalenza “possibile” della FM nella popolazione generale. La metodologia utilizzata è quella delle interviste telefoniche per raggiungere il maggior numero possibile di individui: il numero dei pazienti “possibili” veniva poi corretto con un coefficiente calcolato dallo studio canadese di cui sopra (rapporto tra FM teoriche e FM confermate dalla visita reumatologica). In tale modo è stato possibile calcolare la prevalenza possibile della FM in: 1. Francia (su campione di 1000 abitanti): 4,3% della popolazione generale (6,1% delle donne e 0,5% degli uomini) 2. Portogallo (su campione di 500 abitanti): 6,1% della popolazione generale (8,8% delle donne e 0,7% degli uomini) 3. Italia (su campione di 1000 abitanti): 4,1% della popolazione generale (6,9% delle donne e 0,3% degli uomini).

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Fibromialgia per Operatori Sanitari - Epidemiologia

 

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Fibromialgia in gravidanza
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Fibromialgia in gravidanza. Poiché la FM colpisce prevalentemente donne in età fertile, è frequente che le pazienti già in terapia per tale patologia consultino lo specialista per l’insorgenza della gravidanza, anche perché non sembra che la malattia influenzi in alcun modo la fertilità. In alternativa, molte pazienti si chiedono se con questa malattia possono affrontare tranquillamente una eventuale gravidanza. Esistono pochi studi pubblicati che indagano i rapporti tra gravidanza e FM e si tratta di lavori su numeri esigui di pazienti.

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In generale viene sottolineato che nella maggior parte dei casi la gravidanza comporta un peggioramento dei sintomi della FM, soprattutto nell’ultimo trimestre, non vengono però valutate le terapie che eventualmente le pazienti hanno seguito. In realtà, basandosi sulla esperienza riferita direttamente dalle pazienti,difficilmente la gravidanza di per sé comporta un peggioramento dei sintomi della malattia, anzi alcune pazienti riferiscono uno stato di benessere nel corso di tutta la gravidanza. Ciò probabilmente dipende, almeno in parte, da come questo evento viene vissuto a livello emotivo; un’altra possibile spiegazione è che il miglioramento sia correlato all’aumentata produzione di un ormone, la relaxina, che è in grado di migliorare i sintomi muscolari. Il problema maggiore è piuttosto relativo alla necessità di sospendere alcuni dei farmaci che vengono comunemente utilizzati nella terapia della FM e che contribuiscono allo stato di benessere delle pazienti prima della gravidanza.

I sintomi più spesso lamentati dopo sospensione dei farmaci sono: peggioramento del sonno, peggioramento dei dolori, in particolare dolore al collo ed alla schiena, cefalea. La spiegazione di ciò sta nel fatto che questi stessi sintomi possono essere favoriti dalla gravidanza in pazienti non fibromialgiche.

Cosa si può dunque suggerire alle pazienti fibromialgiche già in terapia e che affrontano una gravidanza?
In modo schematico i punti sono i seguenti:

  1. Se la terapia in corso è limitata all’uso di miorilassanti e/o analgesici, è preferibile sospendere tutti i farmaci. Al bisogno si potrà assumere solo del paracetamolo (Efferalgan®, Tachipirina®).
  2. Se la terapia in corso è basata sull’uso di SSRI (fluoxetina, paroxetina, ecc.) in generale questi farmaci vanno sospesi, a meno che la paziente non li assuma per la coesistenza di una grave sindrome depressiva, nel qual caso possono essere proseguiti sotto controllo medico
  3. Per i disturbi del sonno si può utilizzare la melatonina o in alternativa tisane rilassanti; in caso di mancata risposta si possono assumere benzodiazepine a basso dosaggio (Valium®, Xanax®, ecc.). Nelle pazienti che da tempo assumono triciclici in singola dose serale, tali farmaci possono essere continuati sotto controllo medico.
  4. In generale sono permessi in gravidanza i farmaci omeopatici (ad eccezione della nux vomica): in particolare risulta utile per i dolori l’arnica
  5. Di fondamentale importanza risulta essere l’attività fisica, che può aiutare a ridurre la rigidità mattutina, l’astenia ed il dolore
  6. Altrettanto importante la dieta, che può ricalcare quella già suggerita per la malattia, e che deve limitare l’aumento ponderale che può incidere negativamente sulla stanchezza e sul dolore lombare ad agli arti inferiori
  7. Per ultimo ricordiamo le terapie di rilassamento. In generale tutte le tecniche di rilassamento possono avere effetti benefici. Le terapie di rilassamento muscolare profondo sono doppiamente indicate in quanto, oltre a ridurre i sintomi della FM, possono essere utili come preparazione al parto.

Infine una ultima raccomandazione: non bisogna dimenticare che le pazienti affette da FM avvertono il dolore in modo più intenso (iperalgesia). Per questo motivo è necessario programmare un parto indolore, possibilmente con anestesia per via epidurale.

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Fibromialgia in gravidanza

Avr
20
Fabio, Sport Masseur
Fibromialgia – Quali sono i sintomi?
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Fibromialgia – Quali sono i sintomi? Oltre ai due sintomi principali, dolore e stanchezza, molte altre manifestazioni cliniche possono far parte del quadro della FM: la varia associazione di tali multiformi sintomi può in parte spiegare le difficoltà nel diagnosticare tale malattia. Di seguito vengono elencati i sintomi più spesso riferiti dai pazienti.

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Fibromialgia - Quali sono i sintomi?

Nell’immagine, vari malesseri

Rigidità:
sensazione di rigidità generalizzata oppure localizzata al dorso o a livello lombare, soprattutto al risveglio, ma anche se si resta per qualche tempo fermi nella stessa posizione (seduti o in piedi).

Disturbi del sonno:
più che difficoltà ad addormentarsi si tratta di frequenti risvegli notturni e sonno non ristoratore. Viene considerata specifica della FM la cosiddetta “anomalia alfa-delta“: non appena viene raggiunto il sonno “profondo” (caratterizzato da onde delta all’elettroencefalogramma) si ha un brusco ritorno verso il sonno “superficiale” (caratterizzato da onde alfa). La mancanza di sonno profondo, fase nella quale i muscoli si rilassano e recuperano la stanchezza accumulata durante il giorno, spiega molti dei sintomi della FM (stanchezza persistente, risvegli notturni, sonno non ristoratore).

Mal di testa o dolore al volto:
il mal di testa si caratterizza come cefalea nucale, temporale o sovraorbitaria oppureemicrania, molto spesso ad andamento cronico (cioè il paziente riferisce di soffrire di mal di testa da sempre). Frequentemente i pazienti con FM presentano dolore a livello mascellare o mandibolare e in questi casi la sintomatologia viene confusa con una artrosi o una disfunzione della articolazione temporo-mandibolare. Tale diagnosi, soprattutto in pazienti giovani, deve fare sospettare una FM.

Acufeni:
fischi o vibrazioni all’interno delle orecchie. Possono essere originati da spasmi dei muscoli tensivi del timpano.

Disturbi della sensibilità:
in particolare formicolii, diffusi a tutto il corpo oppure limitati ad un emisoma (cioè la metà destra o la metà sinistra del corpo) o ai soli arti. Inoltre diminuzione della sensibilità, senso di intorpidimento o di “addormentamento” con la stessa distribuzione.

Disturbi gastrointestinali:
difficoltà digestive, acidità gastrica, dolori addominali spesso in relazione ai cambiamenti climatici o a fattori stressanti, e quindi classificate come “gastrite da stress”. Nel 60% dei pazienti con FM si associa una sindrome del colon irritabile (la cosiddetta “colite spastica”): alternanza di stipsi e diarrea con dolori addominali e meteorismo.

Disturbi urinari:
caratteristica della FM è una aumentata frequenza dello stimolo ad urinare o una vera e propria urgenza minzionale in assenza di infezione delle urine. Più raramente si può sviluppare una condizione cronica con dolore a livello vescicale, definita “cistite interstiziale”.

Dismenorrea:
molte delle dismenorree di notevole entità e scarsamente responsive alla terapia sono giustificate da una FM non diagnosticata. Anche il vaginismo (dolore durante il rapporto sessuale) è caratteristico della FM.

Alterazioni della temperatura corporea:
alcuni pazienti riferiscono sensazioni anomale (non condivise dalle altre persone che stanno intorno a loro) di freddo o caldo intenso diffuso a tutto il corpo o agli arti. Non è rara una eccessiva sensibilità al freddo delle mani e dei piedi, con cambiamento di colore delle dita che possono diventare inizialmente pallide e quindi scure, cianotiche: tale condizione è nota come fenomeno di Raynaud.

Alterazioni dell’equilibrio:
senso di instabiltà, di sbandamento, vere e proprie vertigini spesso ad andamento cronico e che vengono erroneamente imputate all’artrosi cervicale o a problemi dell’orecchio. Poiché la FM coinvolge anche i muscoli oculari e pupillari i pazienti possono presentare nausea e visione sfuocata quando leggono o guidano l’automobile.

Tachicardia:
episodi di tachicardia con cardiopalmo che portano spesso i pazienti con FM al Pronto Soccorso per paura di una malattia cardiaca, soprattutto se si associa dolore nella regione sternale (costocondralgia), molto frequente nella FM.

Disturbi cognitivi:
difficoltà a concentrarsi
sul lavoro o nello studio, “testa confusa“, perdita di memoria a breve termine (in inglese tali manifestazioni vengono definite “fibro-fog”, cioè annebbiamento fibromialgico).

Sintomi a carico degli arti inferiori:
sono rappresentati più spesso da crampi e meno frequentemente da movimenti incontrollati delle gambe che si manifestano soprattutto di notte (“Restless leg Syndrome” o “Sindrome delle gambe senza riposo“).

Allergie:
una buona parte dei pazienti fibromialgici riferisce ipersensibilità a numerosi farmaci, allergie alimentari di vario tipo, allergie stagionali. Pur essendo queste manifestazioni comuni nella popolazione generale, in un sottogruppo di pazienti affetti da FM le allergie sono molteplici e rappresentano un aspetto preminente della malattia tale da impedire la normale alimentazione, lo svolgimento della attività lavorativa, ecc. In questi casi viene a configurarsi il quadro della cosiddetta “Multiple Chemical Sensitivity Sindrome”, o Sindrome delle Intolleranze Chimiche Multiple nella quale i pazienti risultano ipersensibili a moltissime sostanze, dai farmaci ai cibi a sostanze chimiche di vario tipo, con gravi limitazioni nella vita quotidiana.

Ansia e depressione:
molti pazienti affetti da FM riferiscono manifestazioni ansiose (a volte con attacchi di panico) e/o depressive. Questa associazione ha fatto sì che in passato la FM venisse considerata come un processo di somatizzazione in soggetti ansiosi o depressi, e purtroppo ancora oggi molti medici sono legati a questa ormai superata definizione. I numerosi studi sul rapporto tra ansia/depressione e FM hanno dimostrato inequivocabilmente che la FM non è una malattia psicosomatica e che gli eventuali sintomi depressivi o ansiosi sono un effetto piuttosto che una causa della malattia. Una reazione depressiva è infatti comune a tutte le malattie che comportano un dolore cronico, come ad esempio la artrite reumatoide o l’artrosi.

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Fibromialgia – e’ una malattia rara?
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Fibromialgia – e’ una malattia rara? I dati ufficiali italiani sulle malattie reumatiche relativi all’anno 1999 riportano 700.000 casi di reumatismi extrarticolari (pari al 12.6% di tutte le malattie reumatiche e al 1.2% dell’intera popolazione), tra i quali viene inclusa come forma generalizzata la FM

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(Tabella 1).

                                                    FORME MORBOSE                        N° CASI              %
Artrosi 3.900.000 70.0
Reumatismi Extrarticolari 700.000 12.6
Artrite Reumatoide 410.000 7.4
Spondilartriti sieronegative 311.000 5.6
Gotta 112.000 2.0
Connettiviti 33.600 0.6
Reumatismo Articolare Acuto 500 0.01
Altre Reumopatie 100.000 1.8
Tabella 1

 

I maggiori studi epidemiologici sulla FM evidenziano una frequenza nella popolazione generale compresa fra il 3 e il 4%, che aumenta progressivamente con l’età e nel sesso femminile fino a raggiungere l’8-9%: si tratta però di studi americani e canadesi, quindi su popolazioni con caratteristiche demografiche differenti da quelle europee. Di grande interesse è poi uno studio pilota europeo che nel 2003 ha valutato la prevalenza “possibile” (ricavata mediante interviste telefoniche e rapporti matematici) della FM nella popolazione generale in Francia e Portogallo, paesi molto simili all’Italia, risultata del 7,4 e del 10,4% rispettivamente. Recentemente tale tipo di studio è stato esteso ad una popolazione italiana di 1000 soggetti, ricavando una prevalenza possibile del 4,1% nella popolazione generale e del 6,9% nelle sole donne. Vista l’esiguità del campione e la metodologia utilizzata tali dati sono solo indicativi, verosimilmente comunque sottostimati; si potrebbe dunque ipotizzare una prevalenza in Italia nella popolazione generale intorno al 6-7% (che significa tra i 3 e i 4 milioni di individui affetti).

La FM sarebbe quindi confrontabile per frequenza alla artrosi che da anni viene considerata la più diffusa malattia reumatica con importanti implicazioni socio-economiche. La frequenza di FM nei pazienti che si rivolgono allo specialista reumatologo per dolore osteoarticolare è di circa il 20-25%. La FM è molto più frequente nel sesso femminile rispetto a quello maschile (da 5 a 20 volte) e l’esordio dei sintomi si verifica più spesso nella classe di età compresa tra i 20 e i 30 anni, ma poiché la progressione è lenta, spesso i pazienti si abituano ai sintomi finché questi diventano difficilmente sopportabili e si rivolgono pertanto al medico in età più avanzata.

Fibromialgia - e' una malattia rara?

 

 

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Fabio, Sport Masseur
Fibromialgia – Che tipo di malattia e’?
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Fibromialgia – Che tipo di malattia e’? Il termine fibromialgia (FM) deriva da “fibro” che indica i tessuti fibrosi (come tendini e legamenti) e “mialgia” che significa dolore muscolare. La FM è quindi una malattia reumatica che colpisce i muscoli causando un aumento di tensione muscolare: tutti i muscoli (dal cuoio capelluto alla pianta dei piedi) sono in costante tensione.

Questo comporta numerosi disturbi:

  1. innanzi tutto i muscoli tesi sono causa di dolore che in alcuni casi è localizzato (le sedi più frequenti sono il collo, le spalle, la schiena, le gambe), ma talora è diffuso dappertutto
  2. i muscoli tesi provocano rigidità e possono limitare i movimenti o dare una sensazione di gonfiore a livello delle articolazioni
  3. i muscoli tesi è come se lavorassero costantemente per cui sono sempre stanchi e si esauriscono con grande facilità: questo significa che chi è affetto da FM si sente sempre stanco e si affatica anche per minimi sforzi.
  4. i muscoli tesi non permettono di riposare in modo adeguato: chi è affetto da FM ha un sonno molto leggero, si sveglia più volte durante la notte e alla mattina, anche se gli sembra di avere dormito, si sente più stanco di quando si è coricato (si parla di “sonno non ristoratore”).

Fibromialgia - Che tipo di malattia e'?

“tender points”

 

La tensione muscolare si riflette a livello dei tendini (che sono strutture fibrose tramite le quali i muscoli si attaccano alle ossa) che diventano dolenti in particolare nei loro punti di inserzione: questi punti dolenti tendinei, insieme ad alcuni punti muscolari, evocabili durante la visita medica con la semplice palpazione, sono una caratteristica peculiare della FM e vengono definiti “tender points” (FIGURA 1).

E’ una malattia conosciuta da molto tempo?

La FM era già stata descritta nella prima metà del 1800. Agli inizi del 1900 venne considerata una malattia infiammatoria dei muscoli (fibrosite). Alla fine degli anni ’40 venne esclusa la presenza di infiammazione per cui la FM venne considerata una malattia su base psicologica. Il moderno concetto di FM e di tender points risale al 1978. Nel 1990 sono stati messi a punto i criteri diagnostici e nel 1994 la diagnosi di FM è stata accettata a livello internazionale con la cosiddetta “Dichiarazione di Copenhagen”. Si tratta quindi di una malattia conosciuta da molto tempo, ma che solo recentemente è stata meglio definita.

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Avr
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Fabio, Sport Masseur
Fibromialgia, qual è la causa?
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Fibromialgia, qual è la causa? La FM è una malattia a genesi multifattoriale. I numerosi studi volti a capire le cause della malattia hanno documentato numerose alterazioni dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale, cioè di quelle sostanze di fondamentale importanza nella comunicazione tra le cellule nervose. La FM può quindi essere considerata essenzialmente una patologia della comunicazione intercellulare. Immaginando il nostro organismo come un computer, nella FM tutte le periferiche sono integre e in grado di raccogliere le informazioni in modo corretto, ma i dati, una volta raccolti ed inviati a livello centrale, vengono interpretati in modo errato.

Chissà se prima di mettere in pratica alcune cure di tipo farmacologico,  gli stretching vari, con particolare dedizione al Metodo Mezieres, potranno rivelarsi utili al caso?! E’ da augurarselo …

Le due caratteristiche principali della FM sono infatti la iperalgesia e la allodinia.

Per iperalgesia si intende la percezione di dolore molto intenso in risposta a stimoli dolorosi lievi; per allodinia si intende la percezione di dolore in risposta a stimoli che normalmente non sono dolorosi. Sia l’iperalgesia che la allodinia possono verificarsi transitoriamente in soggetti non fibromialgici a seguito di eventi nocivi (es. eritema solare, ferita post-chirugica) che rendono ipersensibile la zona cutanea colpita: nei fibromialgici iperalgesia ed allodinia sono diffuse e persistenti.

Uno degli effetti della disfunzione dei neurotrasmettitori, ed in particolare della serotonina e della noradrenalina, è la iperattività del Sistema Nervoso Neurovegetativo (una parte del nostro sistema nervoso che controlla con meccanismi riflessi numerosi funzioni dell’organismo tra cui la contrazione dei muscoli, ma anche la sudorazione, la vasodilatazione e la vasocostrizione, ecc.) che comporta un deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare con insorgenza di dolore ed astenia e tensione.

Tipico della FM, come di altri disturbi neurovegetativi, è che l’andamento dei sintomi varia in rapporto a numerosi fattori esterni che sono in grado di provocarne un peggioramento: c’è una evidente influenza dei fattori climatici (i dolori peggiorano nelle stagioni “di passaggio”, cioè primavera e autunno e nei periodi di grande umidità), dei fattori ormonali (peggioramento nel periodo premestruale, peggioramento in caso di disfunzioni della tiroide), dei fattori stressanti(discussioni, litigi, tensioni sul lavoro e in famiglia).

Nemmeno nel testo di Hamer di 1300 pagine circa, (Le 5 Leggi Biologiche) , TESTAMENTO PER UNA NUOVA MEDICINA., è presente la FM. Dovrebbe comparire la Fibromialgia a pagina 1161 nell’ordine alfabetico dell’indice. Ma non vi è. Questo vuol dire che la FM non è risale ad un preciso conflitto drammatico non risolto, così come Hamer ci insegna.

Fibromialgia, qual è la causa?

 

In alto, i sintomi della fibromialgia 

 

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Avr
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Fabio, Sport Masseur
FIBROMIALGIA
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FIBROMIALGIA –  Si può curare? Alla mattina ti senti più stanca di quando sei andata a dormire?
Hai dolore dappertutto? Ti stanchi per minimi sforzi?
Soffri di gastrite e/o di colite? Hai spesso mal di testa e vertigini?
Sono anni che ti lamenti di questi sintomi, ma nessuno è riuscito a trovare una spiegazione?

 

FIBROMIALGIA

 

Chissà se prima di mettere in pratica i suggerimenti che seguono, gli stretching vari, con particolare dedizione al Metodo Mezieres, potranno rivelarsi utili al caso?! E’ da augurarselo …

 

Fino a circa 10 anni fa la FM veniva raramente diagnosticata, anche perché si riteneva che tale diagnosi non fosse di alcuna utilità in quanto si considerava la FM una patologia di natura psicogena e pertanto difficilmente curabile. Negli ultimi anni le cose sono radicalmente cambiate e oggi si può affermare che la FM si può curare con successo. Grazie alla scoperta dei meccanismi alla base della FM possiamo oggi utilizzare farmaci in grado di correggere i deficit alla base della malattia (in particolare il deficit di serotonina). Oltre ai nuovi farmaci disponiamo di alcunitrattamenti non farmacologici estremamente efficaci in grado di modificare l’iperattività neurovegetativa presente nella FM.

Terapia farmacologica:

possiamo distinguere fondamentalmente due classi di farmaci utilizzati per il trattamento della FM: i farmaci miorilassanti, che agiscono sulla manifestazione “periferica” della FM cioè sulla contrattura muscolare, e i farmaci che potenziano l’attività della serotonina che agiscono invece su uno dei meccanismi “centrali” della malattia. Generalmente questi farmaci vengono associati nello stesso paziente.

Farmaci miorilassanti: tra i tanti miorilassanti esistenti, due sono quelli che hanno dimostrato azione più specifica nella FM, la ciclobenzaprina (Flexiban®) e latizanidina (Sirdalud®).

Farmaci che potenziano l’attività della serotonina: la maggior parte di questi farmaci sono classificati tra gli antidepressivi, questo perché la serotonina è implicata nella genesi di alcune forme di depressione. I primi farmaci ad azione sulla serotonina utilizzati già da molti anni sono i triciclici (es. amitriptilina: Laroxyl®;trazodone: Trittico®), ma attualmente si preferiscono i nuovi inibitori della ricaptazione della serotonina (es. fluoxetina: Fluoxeren®, Prozac®; paroxetina: Seroxat®, Sereupin®; sertralina: Zoloft®; citalopram: Elopram®, Seropram®).

Negli ultimi anni sono stati poi sviluppati farmaci in grado di agire aumentando l’attività di molteplici neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina, dopamina, ecc.). Attualmente sono in commercio in italia due di questi preparati, la venlafaxina (Efexor®, Faxine®) e la duloxetina (Xeristar®, Cymbalta®). Anche alcuni farmaci antiepilettici sono stati usati, con risultati variabili, nella terapia della FM: il più noto è il gabapentin (Neurontin®), del quale sta per essere commercializzato un derivato più efficace e meglio tollerato, il pregabalin (Lyrica®).

Terapia non farmacologica:

si può affermare che tutte le terapie non farmacologiche note, più o meno ortodosse, sono state utilizzate nel trattamento della FM. Non è pertanto semplice districarsi nell’ambito di un campo nel quale molto spesso risulta difficoltoso separare la reale efficacia di un trattamento dalla semplice suggestione. E’ quindi necessario basarsi solo sui dati dimostrati che derivano dagli studi scientifici.
Il primo punto da chiarire è relativo alle terapie fisiche (TENS, ionoforesi, termoterapia, ecc.) che vengono spesso consigliate ai pazienti con FM: a parte la TENS che risulta efficace fino al 70% dei casi, nessuna altra terapia fisica ha dimostrato risultati superiori al placebo. Per quanto riguarda il massaggio, è stato utilizzato in pochi studi: è comunque comune esperienza dei pazienti con FM che il massaggio può fare peggiorare nettamente la sintomatologia. Anzi si può affermare che, in generale, qualora un paziente trattato con massaggio per una contrattura muscolare riferisca un peggioramento dei sintomi si deve sospettare una FM.

Almeno due studi hanno documentato l’efficacia del biofeedback elettromiografico, metodica che ha il limite di essere poco diffusa e quindi per lo più sconosciuta ai pazienti. Un altro argomento che suscita interesse e quello della omeopatia che, negli ultimi anni, anche in Italia è andata sempre più diffondendosi. Alcuni studi hanno studiato l’effetto di uno specifico rimedio omeopatico il “Rhus Tox” con risultati variabili: è necessario però chiarire che tale trattamento non è adatto a tutti i pazienti, ma solo ad una piccolo sottogruppo con caratteristiche ben definite.

La terapia non farmacologica che negli ultimi anni ha però radicalmente cambiato l’approccio terapeutico e la prognosi della FM è certamente la terapia di rilassamento muscolare: training autogeno di Schultz, terapia cognitivo-comportamentale, terapia di rilassamento basata su tecniche ericksoniane. Le prime due tecniche di rilassamento hanno un limite nella scarsa adesione dei pazienti al programma terapeutico a causa della lunga durate dello stesso e della complessità dell’approccio. La terapia di rilassamento di tipo ericksoniano (terapia breve) è invece preferibile per la rapidita’ dell’effetto terapeutico (entro la quinta seduta) per l’efficacia su tutti i parametri esaminati (numero di punti tender, disturbi del sonno, astenia, dolore globale) e per la durata dell’effetto almeno fino al 6° mese dal termine del trattamento.

Può essere utile la fitoterapia per il trattamento della Fibromialgia?

Per chi ama la medicina naturale ed in particolare le erbe medicinali, è stato proposto il seguente infuso che sembra essere efficace su alcune delle manifestazione della FM, e quindi può risultare utile come supporto ad altre terapie:

  • Panax quinquefolium 2 parti
  • Astragalus mongolicus 2 parti
  • Angelica sinensis (Dong quai) 2 parti
  • Ginko biloba 1 parte
  • Cimicifuga racemosa (Black cohosh) 1 parte
  • Passiflora incarnata (Passion flower)1/2 parte
  • Betonica officinalis (Wood betony) 1/2 parte
  • Matricaria chamomila (Chamomile) 1/2 parte
  • Zizyphus sativa (Jujube red dates) 1/2 parte

Questa tisana agisce come tonico contro la stanchezza cronica, l’ansia, la cefalea, i disturbi del sonno e ripristina il flusso sanguigno alle estremità. E’ consigliabile assumerla due volte al giorno lontano dai pasti alla dose di un cucchiaino da tè. Poiché alcuni componenti sono difficili da reperire in Italia (tale formulazione è tratta da un testo americano) è possibile sostituirli con componenti dalle caratteristiche simili.

L’attività fisica è indicata nella Fibromialgia?

In numerosi testi specialistici, anche recenti, si legge che l’attività fisica e la ginnastica sono fondamentali per la terapia della FM. In realtà molti pazienti fibromialgici hanno riferito un netto peggioramento dei sintomi (dolore e stanchezza) con l’attività sportiva, tale da doverla per lo più sospendere: questo in effetti non stupisce in quanto l’aumentata tensione dei muscoli dei pazienti fibromialgici provoca una diminuzione del flusso sanguigno con conseguente deficit di ossigeno e minore capacità di sopportare lo sforzo. D’altra parte la immobilità, come già ricordato, porta ad un marcato aumento della rigidità muscolare e del dolore. Per tali motivi la raccomandazione da fare ai pazienti con FM è quella di svolgere senza limitazioni le normali attività quotidiane (purché non troppo gravose), evitare prolungati periodi di inattività e dedicarsi ad attività sportive moderate in base all’allenamento del singolo soggetto: occorre in pratica mantenersi in movimento senza raggiungere il limite di affaticabilità del muscolo. Per coloro che ne hanno la possibilità è consigliata l’attività motoria in acqua termale, che aiuta molto a rilassare la muscolatura.

Esiste una dieta per la Fibromialgia?

Numerosi pazienti affetti da FM hanno riferito un miglioramento dei sintomi nel corso di diete a basso contenuto di grassi che stavano seguendo per perdere peso. Non esiste una dieta specifica per la FM, ma certamente per una patologia che si esprime con dolore e stanchezza muscolare l’alimentazione ha un ruolo decisivo. Delle numerose proposte di regimi dietetici quella che più corrisponde alla esperienza di numerosi pazienti è quella del Dr. Thomas Weiss, il quale ha recentemente pubblicato un testo monografico sull’argomento (non disponibile però in italiano), del quale vengono riportate le indicazioni principali nel nuovo sito dei Fibroamici (vedi sezione Links).

I consigli alimentari utili ai pazienti affetti da FM possono quindi essere così riassunti:

 

  1. ridurre il più possibile lo zucchero, specie se bianco e raffinato, dunque anche i dolci, merendine, marmellate industriali; impiegare di preferenza lo zucchero di canna non raffinato
  2. una dieta vegetariana (con l’adeguato apporto di proteine vegetali) o comunque con pochissima carne rossa è più favorevole, data la scarsa capacità di drenaggio delle tossine dai tessuti, propria del fibromialgico. Fonti di proteine animali da preferire: pesce, pollame, coniglio, uova, latticini e formaggi se non si hanno intolleranze al lattosio o colesterolo alto.
  3. mangiare molta frutta e verdura fresca di stagione, meglio se da agricoltura biologica, per l’azione antiossidante delle vitamine e per l’apporto di sali minerali.
  4. ottimo l’impiego di cereali integrali (pasta integrale, riso, farro ecc.) ben cotti; in presenza di disturbi gastrointestinali, questi andranno introdotti nella dieta poco a poco, all’inizio con tempi di cottura ancora più lunghi. Meglio condirli con olio d’oliva (per la presenza di vitamine e acidi grassi insaturi) e ci si può sbizzarrire nell’uso di tutte le erbe aromatiche. Da limitare l’impiego delle solanacee (pomodori, melanzane, patate, peperoni) perchè facilmente scatenanti reazioni di intolleranza alimentare con manifestazioni a livello muscolare.
  5. ridurre l’apporto di sale per evitare i ristagni e gli edemi, frequenti nella FM; per la stessa ragione, bere molto: non bevande zuccherine (Coca Cola, aranciata ecc.) nè succhi di frutta ma preferibilmente acqua, infusi, tisane. Limitare l’uso di caffè e tè, preferire il tè verde e l’orzo o il malto. Non ha controindicazioni un bicchiere di vino ai pasti, meglio se rosso (ha proprietà antiossidanti); evitare invece i superalcolici. Per supplire alla mancanza del caffè è possibile utilizzare altre sostanze che diano più tono senza eccitare il sistema nervoso: complessi vitaminici, la pappa reale, l’alga spirulina (quest’ultima a condizione che il fegato sia in buone condizioni, e non per lungo tempo). Poco indicato invece il Ginseng: è un tonico efficace, in genere, ma nella FM può aumentare la contrattilità muscolare e il livello di dolore, ed eventualmente le difficoltà a riposare la notte.

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Avr
11
Fabio, Sport Masseur
Metodo Mezieres, Articolo da non perdere
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Metodo Mezieres, Articolo da non perdere… Questo scritto si occupa del rivoluzionario metodo ortopedico elaborato da Françoise Mézières a partire dal 1947, comunemente conosciuto con il termine di Riabilitazione Morfologica o Posturale.
( Metodo Mezieres, Articolo da non perdere )

 

In un epoca in cui il crescente successo riscosso da questo metodo favorisce i plagi e i frequenti stravolgimenti, uno sguardo sulle basi anatomo-fisiologiche e correttive del metodo, farà riflettere il lettore sulla sua complessità teorica e applicativa. Ancora molte persone ritengono che il Metodo Mézières sia un semplice stiramento isolato della catena muscolare posteriore, questa credenza è spesso diffusa tra medici e colleghi che leggendo qualche manuale “credono”di conoscere il metodo e fieri di questa pseudoconoscenza, lo applicano in maniera statica e meccanica senza essere al corrente delle mille sfumature e varianti che bisogna conoscere nell’applicazione delle regole in relazione al paziente da trattare. Il Metodo Mézieres originale è invece un metodo vivo e dinamico, basato soprattutto sull’esperienza, trasmesso dalla mano dell’ insegnante alla mano discepolo che impara così a modellare il corpo dal vivo, senza i limiti delle parole e delle immagini stampate.
L’ autore del sito esorta dunque i colleghi a seguire i corsi di formazione tenuti in Italia da docenti qualificati, in modo da apprendere dettagliatamente l’uso di questa tecnica estremamente delicata.

 

Metodo Meziere – ITA Official Group Forums

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Ho in alta stima coloro che, generazione dopo generazione, mi succederanno e il cui lavoro contribuirà all’arte naturale del guarire.

Ippocrate (435 a.C.)

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Storia del Metodo Françoise Mézières
Nel 1937 Françoise Mézières si diploma come Terapista della Riabilitazione presso l’ Ecole Francaise d’Orthopedie, dove rimane per lavorare in qualità di Terapista, soprattutto nel campo della ginnastica medica.
Nascita del Metodo
Il Metodo Mézières nasce nel 1947, a seguito dell’osservazione di una paziente affetta da ipercifosi e da una grave forma di periartrite scapolo-omerale bilaterale che limitava qualsiasi movimento naturale degli arti superiori. La paziente inoltre portava da tempo un corsetto in ferro e cuoio che gli aveva procurato molte ulcerazioni sulle spalle e sulle anche. Naturalmente la paziente si era rivolta alla terapista per il dolore e la limitazione funzionale degli arti superiori che gli impedivano anche i più banali gesti della vita quotidiana ( cucinare, pettinarsi etc.) . In un primo momento la Meziérès decise di lavorare da seduta ma la paziente era talmente rigida che era impossibile tenere questa posizione.

 

 

 

Metodo Mezieres, Articolo da non perdere !

 

Fece ripetere questo lavoro diverse volte ma la risposta fu sempre uguale. Da questa osservazione Mézières concluse che:
1) I numerosi muscoli dorsali si comportano come un solo muscolo.
Prima Osservazione
I numerosi muscoli dorsali si comportano come un singolo muscolo, questa è stata la constatazione di ciò che la Mézières vide prodursi sulla colonna vertebrale della sua paziente. Inizialmente non seppe darsi una risposta, in seguito, ripreso lo studio dell’anatomia, vide che i numerosissimi muscoli poliarticolari della colonna, e non solo quelli, erano intricati tra loro, come se si sovrapponessero come le tegole di un tetto formando una catena muscolare. E’ facile visualizzare questa catena muscolare guardando i muscoli superficiali del dorso, dove vediamo le ultime inserzioni del trapezio ricoprire le prime inserzioni del gran dorsale, quindi per formare queste catene ci vuole una sovrapposizione di muscoli adiacenti da punto di vista inserzionale.
2)  Questi muscoli sono troppo forti e troppo corti.
Seconda Osservazione
Il secondo punto è proprio una conseguenza del primo, perché è a causa di questa organizzazione dei muscoli in catene che il tono muscolare dei vari segmenti adiacenti tra loro si somma e alla fine questi risultano troppo forti e troppo corti. Non esiste un movimento che noi possiamo fare naturalmente senza influenzare la catena posteriore. Quando flettiamo o abduciamo il braccio oltre i 60°, o quando estendiamo o abduciamo l’arto inferiore oltre i 45°, i muscoli della catena posteriore si accorciano. La somma di queste continue contrazioni concentriche della muscolatura posteriore fa si che alla fine questi muscoli risultino troppo forti e troppo corti. M. diceva che nei suoi 43 anni di esperienza professionale non aveva mai visto una patologia la cui causa (a parte le fratture nelle patologie congenite) non fosse dovuta ad un eccesso di tensione della muscolatura posteriore.

 

  • Qualsiasi azione localizzata sia in allungamento che in accorciamento provoca istantaneamente l’accorciamento dell’insieme della muscolatura.
Terza Osservazione
Le catene muscolari si comportano in modo caratteristico, infatti qualsiasi azione localizzata sia in allungamento sia in accorciamento provoca istantaneamente un accorciamento dell’insieme della muscolatura. Mézières aveva notato che un paziente a cui vengano sollevate le gambe fatica molto a tenerle estese e tende a flettere le ginocchia. Se la flessione delle ginocchia viene impedita, si osserva che il paziente tende a sollevare il bacino. Questo perchè qualsiasi modificazione della lunghezza di un elemento del sistema muscolare produce una trazione sulle inserzioni prossimali dell’elemento successivo. Tutto questo conferma l’inutilità del lavoro segmentario.
Per eliminare i compensi la Meziérères decise di porre la paziente sdraiata supina con le gambe a squadra. Grazie a questa postura, che impediva i compensi, concluse che:

 

  • Qualsiasi impedimento all’allungamento provoca istantaneamente delle latero-flessioni e delle rotazioni del rachide e degli arti.
Quarta Osservazione
Il quarto punto è una diretta conseguenza dell’orientamento inserzionale dei muscoli, le loro inserzioni non sono infatti rettilinee ma oblique. In base alla loro obliquità hanno un effetto di latero-flessione e di rotazione. Normalmente per ogni muscolo si ricorda la sua direzione di lavoro prevalente, ma i muscoli poliarticolari svolgono dei movimenti pluridirezionali, sono flessori in senso anteriore o posteriore, sono lateroflessori e sono rotatori interni ed esterni. Queste azioni si sostituiscono le une alle altre, quindi quando ne viene impedita una si manifesta l’altra. Ad esempio consideriamo il semitendinoso e il semimembranoso che sono flessori e intrarotatori del ginocchio, se viene loro impedita la possibilità di effettuare la flessione agiranno come rotatori interni. La rotazione che viene prodotta come compenso è sempre una rotazione interna. Riprendendo l’esempio del paziente supino con le gambe a squadra, se impediamo al bacino di sollevarsi da terra e chiediamo l’estensione delle ginocchia nel caso in cui la muscolatura posteriore non ha una lunghezza sufficiente per sopportare questo aumento di tensione si verificherà una rotazione interna delle ginocchia. Così quando chiediamo una flessione anteriore del tronco, se la muscolatura posteriore è troppo corta tutta la lunghezza della muscolatura dorsale sarà ottenuta a scapito degli arti inferiori; quindi vedremo prodursi o la flessione delle ginocchia o, a ginocchia estese, una rotazione interna delle ginocchia stesse. E’ dunque di fondamentale importanza nella correzione posturale considerare la triplice funzione dei muscoli. Bisogna ricordare inoltre che i pronatori e i rotatori interni nella scala filogenetica sono i muscoli più antichi e dunque i più sviluppati, (basta pensare al solo gesto di prendere del cibo e portarlo alla bocca) pertanto prevalgono sui supinatori e sui rotatori esterni.
5) L’allungamento, la derotazione, il dolore, qualsiasi sforzo da parte del paziente provoca un blocco respiratorio in inspirazione.
Quinta Osservazione
Mézières osservò che un paziente durante un qualsiasi sforzo o per un allungamento, un dolore, una derotazione, si bloccava in fase di inspirazione con conseguente blocco del diaframma. Se osserviamo un soggetto con un blocco inspiratorio vediamo il torace proiettato in alto e in avanti con le ultime coste molto sporgenti. Nel tratto dorsale le coste si articolano con le vertebre e le inserzioni costali e vertebrali del diaframma aumentano questa loro interdipendenza con il risultato che se le coste sono proiettate in avanti, le vertebre seguono e si infossano determinando così una lordosi e quindi un accorciamento posteriore. E’ fondamentale mobilizzare il diaframma nella espirazione, perché se non riusciamo ad aiutare il paziente a liberare la sua respirazione, risulta vano qualsiasi allungamento delle catene muscolari. Il diaframma è un muscolo che lavora in maniera continua è allenatissimo, non è mai debole . Se durante la respirazione la sua azione non è sufficiente, è perché ci possono essere dei blocchi funzionali delle strutture proprie del diaframma o di quelle a distanza che ne limitano il suo normale funzionamento. Ancora oggi, nella clinica respiratoria, si cerca di risolvere il problema attraverso una rieducazione del diaframma, come se nono sapesse respirare!!! La soluzione di questo problema si ottiene invece con la liberazione delle strutture proprie del diaframma e di quelle a distanza che gli impediscono di funzionare liberamente.
Queste sono le cinque osservazioni più importanti della Mézières, ne verificò la veridicità per due anni prima di rendere pubbliche le sue osservazioni attraverso uno scritto ” Rivoluzione in Ginnastica Medica ” pubblicato nel 1949.
Rivoluzione in Ginnastica Medica
La ginnastica tradizionale è fondata sul concetto, non discriminativo, di debolezza muscolare.
Nel migliore dei casi, la ginnastica correttiva tradizionale, attraverso un lavoro analitico, effettua un rinforzo muscolare concentrico della muscolatura anteriore ipotonica, e cerca di allungare attraverso stiramenti analitici la muscolatura posteriore. Questo approccio è destinato all’insuccesso per il semplice motivo che: 1. Lo stiramento analitico della muscolatura posteriore non crea un allungamento permanente, reale e completo di tutta la catena posteriore che rimane invariabilmente accorciata. 2. Ha una bassa specificità, perchè non agisce in maniera selettiva sul muscolo più retratto della catena.3. L’accorciamento della muscolatura anteriore crea un aumento di pressione sulle articolazioni (soprattutto a livello discale) che và a sommarsi a quello posteriore sempre troppo alto. Quindi se l’articolazione prima trovava una via di fuga anteriore all’enorme pressione posteriore, ora e condannata ad una degenerazione ancora più rapida perché compressa in maniera multidirezionale.
Nel peggiore dei casi, la ginnastica correttiva tradizionale, effettua un lavoro isotonico concentrico su tutta la catena muscolare posteriore aggravandone la retrazione.
Mézières cambia radicalmente il concetto di debolezza muscolare, ci insegna che i muscoli della catena posteriore sono deboli quando sono ipertonici, troppo corti e troppo forti. Conseguentemente i muscoli anteriori diventano deboli quando sono ipotonici e rilasciati.
Per un corretto approccio terapeutico deve essere fatta questa discriminazione fondamentale. I muscoli della catena posteriore devono essere allungati attraverso delle posture eccentriche alle quali viene associato un lavoro isometrico, contemporaneamente i muscoli anteriori ipotonici verranno esercitati da un lavoro isometrico concentrico. E’ la stessa postura eccentrica che permette un ” travaso di tono” dai muscoli posteriori ipertonici ai muscoli anteriori ipotonici.
  • In un corpo sano la funzione governa la struttura.
  • In un corpo malato la struttura governa la funzione.
Il Metodo Mézières normalizza tutti i problemi osteo-articolari e morfologici perché agisce sulla struttura per recuperare forma e funzione. Questa è un’altra differenza fondamentale con la chinesiterapia classica che lavora sulla funzione (movimento) per recuperare la forma, ma la modificazione della cattiva forma non si può ottenere che agendo sulla struttura che determina contemporaneamente il recupero della funzione. Grazie alla correlazione forma struttura funzione, il Metodo Mézières si può considerare ben più di un metodo ortopedico.
Si fa prima a deviare il corso di un fiume che a far capire la verità a coloro che ricavano profitto dall’ ignorarla
Cit: Grevilee

 

 

FISIOLOGIA muscolare
Francoise Mézières ha dimostrato che l’intera struttura muscolare è funzionalmente organizzata in “catene muscolari”. Attraverso uno studio approfondito dell’anatomia Mézières notò che la funzione di un muscolo non poteva essere limitata dai sui punti di inserzione. Osservando i muscoli nell’insieme scoprì che i confini di ogni singolo muscolo (funzionalmente parlando) non terminano in realtà laddove si inseriscono, ma prolungano la loro possibilità d’azione grazie ai punti d’inserzione dei muscoli contigui. Qualsiasi movimento non può essere eseguito tramite l’utilizzo di un singolo muscolo e non avviene solo su un singolo piano, come viene rigidamente schematizzato su ogni manuale di chinesiologia. Ogni “movimento reale” è sempre il risultato di un reclutamento variabile di più muscoli che lavorano contemporaneamente su molteplici piani.

 

Comportamento visco-elastico del muscolo
Da quanto esposto sopra, si può comprendere quanto sia difficile ottenere un “allungamento reale”, stabile e duraturo di un un muscolo cronicamente accorciato all’interno di una catena muscolare. Quando ci troviamo di fronte ad un problema di retrazione muscolare è indispensabile conoscere perfettamente il comportamento elastico del muscolo. Quando si stira un muscolo oltre la sua lunghezza di riposo, appare una tensione che cresce rapidamente con l’estensione. Nel momento in cui inizia ad entrare in funzione il carico l’allungamento viene attuato in due tempi:
  • Il primo immediato, ad effetto rapido.
  • Il secondo lento e prolungato che porta poi alla lunghezza definitiva.
Tenendo in considerazione che il muscolo ha un comportamento di tipo “visco-elastico”, il suo allungamento guadagnato risponde all’equazione:
Indice di deformazione (Creep o Fluage) =  Forza Applicata/ coefficiente di elasticità x Tempo.
Quindi più un muscolo è elastico, più il suo coefficiente di elasticità è alto e dunque si deformerà più difficilmente rispetto ad un muscolo accorciato il quale, avendo un coefficiente di elasticità molto basso, si deformerà per primo. Un altro parametro da tenere in considerazione è il tempo. Il Fluage è direttamente proporzionale al tempo impiegato per allungare una catena quindi, la ginnastica rieducativa classica che si basa sul movimento e sull’allungamento settoriale, non può ottenere un allungamento reale e completo di tutta la catena (vediRivoluzione in Ginnastica Medica).

 

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Come si può vedere dal grafico dopo l’applicazione di una forza c’è una deformazione elastica istantanea OA (prima deformazione elastica, istantanea). A questa segue poi una deformazione ritardata AB (seconda deformazione, lenta). Quando in T1 la forza cessa d’agire, c’è una parziale caduta da B a C1, seguita da un ritorno ritardato da C1 a D, nel tempo T2. Il tratto DE rappresenta la deformazione permanente, l’allungamento realmente guadagnato, alla fine di un ciclo carico-scarico. E’ evidente che il Creep AB comprende due componenti che si distinguono soltanto nel Creep di ritorno. La componente elastica da C1 a C2 è recuperabile e viene chiamata “Deformazione Primaria o Creep Primario”. La componente viscosa da C2 a C3 non è recuperabile e viene chiamata “Deformazione Secondaria o Creep Secondario”, e rappresenta l’allungamento guadagnato DE. Da questo semplice grafico si può capire che che la soglia di deformazione non è facile da raggiungere perchè, essendo qualsiasi forma di stiramento muscolare disgregabile, il paziente tende a sottrarvisi attraverso compensi involontari anche in parti del corpo molto lontane dal segmento da allungare. Per questo motivo il metodo Mézières è stato definito molto spesso come una “caccia ai compensi”. Quando chiediamo un movimento perchè cerchiamo di lavorare su una determinata parte del corpo e quindi su una determinata parte della catena, dobbiamo guardare che cosa succede, quali sono i compensi che si producono altrove. Se ad esempio chiediamo al paziente di inclinare la testa perché vogliamo correggere le vertebre cervicali, oltre ad osservare la testa mentre compie il movimento, dobbiamo guardare le modificazioni della forma a livello del torace, del bacino, degli arti, perchè è altrove che si creano gli accorciamenti come risposta compensatoria all’allungamento della parte superiore della catena; ovviamente è importante impedire questi compensi.

 

Deformazione Muscolare

 

Nel grafico precedente abbiamo visto quanto sia complesso raggiungere la soglia di deformazione muscolare. Quando stiriamo un intero segmento di una catena le cose si complicano perché tutti i muscoli che lo compongono saranno sollecitati, a livello della loro“perfetta elasticità”, prima di raggiungere la soglia di deformazione del muscolo che risulta meno elastico. Occorre dunque esercitare una sufficiente tensione per raggiungere questa soglia. I muscoli retratti (con un coefficiente di elasticità basso), possedendo una soglia di deformazione più bassa, si deformeranno per primi e in maniera più considerevole dei muscoli più elastici.

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L’immagine mostra, sul lato destro, una catena muscolare con coefficiente di elasticità variabile: Il IV muscolo, che ha il coefficiente di elasticità più alto, è il più elastico e pertanto si deformerà per ultimo. Il III muscolo, che ha il coefficiente di elasticità più basso, è il più retratto e pertanto si deformerà per primo. Il I e il II , che hanno un coefficiente di elasticità nella media, si deformeranno prima del IV ma dopo del III. Volendo essere più precisi l’ordine di allungamento sarà dunque il seguente: muscolo III, II, I, IV. L’immagine mostra, sul lato sinistro, come viene reso possibile l’allungamento reale dei muscoli facenti parte della stessa catena. La contrazione isometrica eccentrica, effettuata grazie alla messa in tensione degli estremi della catena, svolge due ruoli particolarmente importanti:
E’ l’unica contrazione in grado di costruire sarcomeri in serie all’interno del muscolo, formando un muscolo fusiforme, elastico, realmente lungo. Infatti la contrazione isotonica concentrica induce la neoformazione di sarcomeri in parallelo rendendo il muscolo corto, voluminoso e resistente all’allungamento. D’altra parte lo streching selettivo tradizionale aumenta solamente la lunghezza dei sarcomeri presistenti, non migliorando realmente e stabilmente la lunghezza del muscolo. (ved inoltre lo Streching analitico).

 

Streching Analitico
Non dobbiamo farci trarre in inganno dal fatto che, quando facciamo un allungamento analitico (streching classico), sentiamo stirare i muscoli: non ha alcun significato importante, perché:
1. Lo streching determina un allungamento dei sarcomeri presistenti provocando un allungamento fittizio del muscolo, rapidamente perso con il riposo. Ecco come si spiega il meccanismo per cui un atleta che ha fatto streching analitico per anni, se rimane a riposo per alcune settimane, vede la propria elasticità ridursi notevolmente.
2. Un allungamento settoriale che non sia associato ad unallungamento globale sarà elaborato dai centri nervosi superiori come un elemento destabilizzante della postura.Questa “destabilizzazione posturale”, registrata dal sistema recettoriale muscolare, sarà interpretata dai centri tonogeni superiori come una condizione metastabile che dovrà essere aggiustata rapidamente, attraverso il controllo della sistema osteo/muscolo/articolare, con il ripristino della condizione posturale precedente o con un nuovo equilibrio instabile. E’ dunque fondamentale allungare contemporaneamente tutti i muscoli che costituiscono la catena muscolare attraverso delle posture eccentriche, mettendo cioè in tensione le due estremità della catena, ed effettuare delle contrazioni isometriche. Questa procedura, dilacerando il connettivo e formando sarcomeri in serie, riduce stabilmente la resistenza passiva muscolare, rendendo i muscoli realmente lunghi, elastici e fusiformi. La contrazione isometrica eccentrica permette inoltre di agire sul tessuto connettivo profondo; dall’immagine si può vedere infatti come il sistema connettivale muscolare, filamenti di congiunzione e giunzioni miotendinee, venga dilacerato in maniera profonda e totale rendendo l’allungamento guadagnato ancora più importante.
Noi tutti sappiamo che la forza passiva di un muscolo dipende dal numero e dalla lunghezza dei sarcomeri, oltre che dalla quantità di tessuto connettivo che costituisce il muscolo stesso. Da quanto esposto sopra si evince dunque che il Metodo Mézières è l’unico in grado di diminuireefficacemente la resistenza passiva muscolare perché agisce in maniera impeccabile sia sui sarcomeri sia sul tessuto connettivo.

 

 

neurofiologia
Controllo Riflesso della Postura

 

Il termine “Postura”, già presente nella nostra lingua a partire dal 1200, è stato utilizzato per la prima volta ne Rinascimento da Redi nel suo “Trattato di Anatomia Umana” per definire: “..un atteggiamento abituale del corpo o di parti di esso.” Essendo la posturologia un ramo della scienza a carattere multidisciplinare, non è senz’altro questa la sede più idonea per approfondire nei dettagli questo argomento molto complesso. Basti comunque sapere che se la stazione eretta normalmente non necessita di alcuna contrazione muscolare, il riequilibrio, essendo una funzione attiva, necessita invece di una contrazione muscolare che nasce obbligatoriamente dall’interazione del Sistema Cibernetico (insieme delle vie afferenti ed afferenti del Sistema Nervoso) con l’apparato osteo-artro-muscolare.
Sistema Cibernetico
Una parte del sistema cibernetico estremamente importante per la regolazione della postura è rappresentato dal “Complesso Recettoriale”. Esistono 2 tipi di sistemi recettoriali:
  • Il Sistema Esterocettore : raccoglie un insieme di informazioni provenienti dall’ambiente esterno, grazie alle quali siamo in grado di adattare continuamente la nostra postura in funzione dell’ambiente che ci circonda. Fanno parte di questo sistema la vista e il sistema di orientamento ed equilibrio dell’orecchio interno (Sistema Vestibolare).
  • Il Sistema Enterocettore : raccoglie un insieme di informazioni provenienti direttamente dall’interno del nostro corpo (visceri, muscoli, tendini, fasce, legamenti, etc.). A questo proposito, analizzeremo ora in modo più approfondito il sistema dei “Fusi Neuromuscolari”.

I fusi neuromuscolari sono le strutture deputate al controllo del tono muscolare, quello stato cioè di di leggera tensione presente nei muscoli striati a riposo. Paralleli alle fibre dei muscoli striati, sono di due tipi: i fusi a sacco e i fusi a catena. Nell’uomo predominano le fibre a catena. Queste sono montate in parallelo sulle fibre a sacco.

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Innervazione Sensitiva
  1. Le Fibre a Sacco sono innervate dalle fibre nervose mieliniche  di grosso calibro (da 12 a 20 micron) che si avvolgono intorno al sacco e intorno alle fibre a catena.
  1. Le Fibre a Catena sono innervate in modo specifico, dalle fibre nervose mieliniche II, più sottili (da 4 a 12 micron) che si avvolgono esclusivamente intorno ad esse.
  1. I Corpuscoli del Golgi sono innervati invece dalle fibre mieliniche di tipo Ib.
Innervazione Motoria
  1. Le Fibre Gamma 1 innervano le fibre a sacco.
  1. Le Fibre Gamma 2, più sottili, innervano le fibre a sacco e a catena.
  1. I Motoneuroni Alfa innervano invece le fibre extrafusali.
Parleremo ora più dettagliatamente dei più importanti riflessi posturali attivati da questo complesso sistema recettoriale:
  • Riflesso Miotatico Diretto (o R. da Stiramento). Viene così chiamata la contrazione riflessa di un muscolo, nel momento del suo stiramento. Troviamo questo riflesso in ogni muscolo flessore od estensore che sia. Si può considerare un meccanismo di autoregolazione della lunghezza muscolare, capace di regolare il buon svolgimento di un muscolo, o di assicurare il mantenimento di una postura. Il riflesso miotatico, che teoricamente è riferito soltanto al muscolo stesso, può anche essere accompagnato dall’inibizione del riflesso miotatico dei muscoli antagonisti. Il suddetto riflesso è originato dalle fibre di tipo A, che involgono i fusi neuromuscolari a sacco e a catena, e rispondono a una soglia di attivazione di 3 grammi. Si tratta di un riflesso a conduzione rapida, poiché monosinaptico, ad emissione fasica, tributario del grado di tensione del muscolo, e della sua rapidità di risposta (reagente ad un minimo stimolo).
  • Riflesso Miotatico Inverso. Bisogna ricordare che al di là di un certo limite di tensione del muscolo, il riflesso miotatico cede bruscamente. L’attivazione dei motoneuroni fa posto alla loro inibizione, mentre sono attivati i motoneuroni dei muscoli antagonisti. Si tratta pertanto

di un autoinibizione di un muscolo stirato. Questo riflesso partecipa alla elaborazione delle contrazioni programmate, nella misura in cui, mentre il muscolo si contrae, la tensione che esso impone ai suoi antagonisti, facilita la propria contrazione. Il suddetto riflesso è originato dalle fibre Ib disinaptiche che emanano dai Corpuscoli del Golgi, diffusi nel tendine. Questi corpuscoli sono disposti in serie, in rapporto al muscolo, e sono, quindi, dei recettori di tensione, mentre i fusi possono essere considerati dei recettori di lunghezza. I recettori del Golgi sono sensibili a una tensione che va dai 100 ai 200 grammi. La loro soglia di attivazione è pertanto molto più alta di quella fusale. Come vedremo più avanti il Metodo Mézières è basato fondamentalmente su questo tipo di riflesso(vedi inoltre I Riflessi Antalgici).

 

I Riflessi Antalgici
Francoise Mézières prendeva in seria considerazione il rapporto tra i riflessi antalgici e le modificazioni posturali (compensi e deformazioni) che generavano da essi. Non esiste possibilità di sopravvivenza senza meccanismi efficaci di difesa. Questi meccanismi devono soddisfare 3 leggi:
  1. Legge del dell’equilibrio: Equilibrio fisico, biologico (omeostasi), ma anche mentale. L’equilibrio perfetto, cioè l’immobilità, non esiste. Esso può essere solo attivo e dinamico.
  1. Legge dell’economia: Tutte le funzioni di base (respiratoria, circolatoria, digestiva, statica, locomotoria), devono spendere poca energia.
  1. Legge del Comfort (o del Non Dolore): L’uomo non sopporta di vivere con informazioni essenzialmente nocicettive; il suo rifiuto di soffrire può arrivare fino alla scotomizzazione  (suicidio).
Quando dunque interviene un fattore perturbatore dell’equilibrio (es. un trauma sia esso psichico,viscerale o osteo-arto-muscolare), il sistema si organizzerà in modo da evitare il dolore e ripristinare, per quanto sia possibile, l’omeostasi perduta. Il neoequilibrio non è possibile se non attraverso meccanismi di compenso (deformazioni), che però vanno a discapito della legge dell’economia perchè richiedono un maggior dispendio energetico. Nei casi più gravi, la legge del non dolore può contestare la legge dell’equilibrio al punto tale che il soggetto dovrà restare a letto. I meccanismi di difesa, responsabili dei compensi, sono possibili grazie a due tipi di riflessi:
  • I Riflessi antalgici a priori : sono riflessi che intervengono ancora prima che il dolore venga corticalizzato. Essi trovano il compenso adatto che eviti il manifestarsi del dolore stesso
I Riflessi Antalgici a Priori
Secondo F. Mézières, un paziente che giunge da noi manifestando del dolore, evidenzia un’algia che è la conseguenza di altri dolori nascosti, occultati da riflessi antalgici precedenti. Questi riflessi, che sono reazioni che precedono il segnale doloroso, sono i responsabili di tutte quelle compensazioni che il nostro corpo mette in atto per non soffrire. Tutte le volte che un paziente arriva da noi e come se si portasse dietro delle “valigie piene di compensazioni” che lui stesso ignora. Il Mezierista “apre” queste valigie per trovare il problema iniziale da cui scaturiscono tutte queste compensazioni. E’ chiaro che tutti gli approcci globali si preoccupano di andare alla ricerca della “lesione primaria”, usando strategie differenti . Ricordiamo infatti che la lesione primaria è anche la preoccupazione principale dell’osteopata, dell’omeopata, dell’agopunturista che tentano di risolvere il problema rispettivamente con: la giusta manipolazione , il rimedio omeopatico più opportuno, l’ago unico. F. Mézières, al contrario, prende tempo. Il tempo necessario per instaurare un dialogo, per leggere la storia raccontata dal corpo, un corpo che si esprime un pò alla volta. Spesso ribelli, le fasce reagiscono, i muscoli tremano, hanno dei crampi, poi improvvisamente cedono ….Cedono mentre appaiono nuove barriere….Pazientemente F. Mézières tenta di estirpare ciò che il corpo ha invece represso. Nel migliore dei casi, è l’inizio di un viaggio lento e paziente, in cui la lesione o le lesioni primarie si lasciano affrontare per ritrovare l’armonia perduta. “Non pensavo di sentire dolore in questo punto, ero venuto per un altro dolore.” E’ una frase che abbiamo sentito spesso durante il mantenimento delle posture, durante il massaggio o l’esplorazione dei tessuti. L’osservazione delle grinze”, ossia lo studio delle compensazioni e l’esplorazione dei tessuti, rivela i problemi nascosti solo in parte. F. Mézières allora inizia la sua indagine per vedere dove tutto si è generato. Durante il lavoro evocherà dolori sconosciuti, quei crampi e tremori che cercano ancora di mascherare quello che sta per essere rivelato. Questi compensi segreti del corpo vengono progressivamente scoperti ed estirpati dai nostri muscoli in una vera e propria battaglia. La differenza con gli altri procedimenti globali sta dunque nel tempo. Infatti, quando un muro crolla, non sempre significa che il problema sia stato risolto; qualcosa si è destrutturato. Questa fragilità improvvisa può condurre allora ad altre sofferenze e a nuove compensazioni. Il corpo ha impiegato del tempo a moltiplicare le proprie tensioni, anche nell’ordine di anni. Il lavoro pertanto non potrà essere che lento e paziente: “togliere” uno strato sopra, “ricostruirne” uno sotto. Allora, F. Mézières, si sedeva al suolo, per lungo tempo, senza smettere, prendendo tra le mani il corpo e allentando, nodo dopo nodo, le tensioni presenti, ricostruendo così l’immagine del corpo e la meccanica intorno agli assi e alle spirali di movimento. In questo modo non ci si accorgerà nemmeno che il muro è crollato, poiché una nuova struttura riparatoria sta già nascendo….
  • I Riflessi antalgici a posteriori : sono invece riflessi che intervengono dopo che il dolore viene corticalizzato. Essi trovano il compenso che riduca o, se è possibile, abolisca il dolore.
Riflesso Antalgico a Posteriori
Andremo ora a descrivere la storia di un famoso caso clinico in cui ha giocato un ruolo fondamentale, nella genesi del compenso, il riflesso antalgico a posteriori.
Una mamma presenta il 20/08/74, la sua figliola di 10 anni afflitta da atteggiamento scoliotico oggettivato da radiografie effettuate quattro giorni prima (Radiografia N.1). La madre sostiene che il manifestarsi della deformazione è molto recente, e che il suo apparire è stato improvviso. Una accurata anamnesi permette di venire a conoscenza di una caduta della piccola, avvenuta prima che la deformazione si manifestasse, e che si era apparentemente conclusa con un lieve dolore ai glutei, scomparso in poche ore. Dopo la prima seduta Mézières, praticata il 20/08/74 che rivelò e soppresse il dolore nascosto nella regione glutea, i risultati furono così stupefacenti da richiedere nuove radiografie. Quando il 26/08/74 le stesse furono effettuate, ci si accorse che la colonna vertebrale era ridivenuta perfettamente normale(Radiografia N.2).

 

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                  Radiografia N.1                                       Radiografia N.2

Nella prima radiografia si nota che la testa non è equilibrata perfettamente, il che prova che questo atteggiamento è suscettibile di evoluzione. E’ chiaro che ciò non dimostra quello che ci si può aspettare dal trattamento Mézières sulle scoliosi evolute che necessitano purtroppo di cure attente e prolungate, ma mostra l’esistenza di un riflesso antalgico a posteriori che, per celare un dolore al gluteo, ha creato una compensazione scoliotica. Bastò una sola seduta praticata in tempo sulla causa reale della lesione per risolvere il compenso.
In entrambi i casi, il compenso seguirà uno schema logico: dapprima sarà regionale e, successivamente, se il dolore non verrà abolito, diventerà globale. Tutti i riflessi antalgici, tramite i compensi che generano, hanno la caratteristica di modificare lo schema corporeo. Questo renderà la rieducazione ancora più difficile perché il soggetto integrerà come normale lo schema corporeo scorretto dunque, quando inizialmente chiederemo al paziente di correggere una postura viziata, questi avrà l’impressione che vogliamo imporgli una posizione scorretta. Bisognerà quindi finalizzare il trattamento sulla presa di coscienza del paziente sulle sue deformazioni per ottenere un recupero morfologico ottimale.
Innervazione Motoria
Come accennato precedentemente, l’innervazione motoria delle fibre intrafusali è assicurata dai motoneuroni gamma. L’eccitazione delle fibre gamma I, che sono destinate alle terminazioni primarie, comporta un rinforzo delle risposte dinamiche allo stiramento, senza peraltro rafforzare le risposte statiche. L’eccitazione delle fibre gamma II, destinate alle terminazioni primarie e secondarie, crea una diminuzione e/o la soppressione delle risposte fasiche, e un aumento delle risposte statiche. L’attività dei fusi è dunque permanente. L’interazione delle fibre nervose dei fusi con i motoneuroni alfa (una fibra Ia interagisce con più di cento motoneuroni alfa ) destinati alle sue unità muscolari, forma il famoso“Circuito o Nodo Gamma”.

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Fisiologia dell’attività Gamma
Se la nozione di motricità dei fusi appare indiscussa, il suo ruolo preciso nel contesto della fisiologia muscolare dà àdito a differenti interpretazioni. Alcuni pensano che l’attività gamma regoli la tensione dei fusi, poiché questa aumenta la sua scarica nel momento della contrazione (cioè quando, sotto l’effetto dell’accorciamento del muscolo i fusi rischierebbero di divenire silenti) e poiché essa diminuisce la sua attività nel momento della distensione del muscolo. Altri vedono nel sistema dei fusi un neuromeccanismo, destinato a mantenere costante la lunghezza del muscolo. Nel momento di uno sforzo, e grazie al parallelismo con la motricità alfa, l’attività gamma può assicurare il continuo “aggiustamento” della postura.

Influenze Esterocettive

Il tono, oltre alla diminuzione in caso di stiramento muscolare accentuato, si riduce sensibilmente quando la pelle è sottoposta a manovre sedanti (massaggio connettivale-riflesso).

Conclusioni

Il Metodo Mézières è basato sul sistema propiocettivo di inibizione (riflesso miotatico inverso), che inibisce gli agonisti facilita gli antagonisti e si attiva ad una soglia  del tendine con un peso compreso fra i 100 e i 200 grammi. La trazione stabile sui muscoli posteriori troppo forti porta dunque al recupero dei muscoli anteriori troppo deboli. Si potrebbe concludere parafrasando la stessa Mèzières che diceva: ” Io non rafforzo mai un muscolo, stiro il suo antagonista.” Inoltre, da quanto esposto in queste pagine, deriva una conseguenza di grande importanza: “la postura e il movimento umano non sono programmati geneticamente”, ma vengono modificati dalla nostra stessa volontà, dalle circostanze della vita, soprattutto dalle complicanze post-traumatiche a carico dell’immagine corporea, intendendo con ciò la conoscenza che abbiamo del nostro corpo in relazione all’ambiente che ci circonda (dimensione spazio-temporale). Del resto, le aggressioni più pericolose, più destabilizzanti, sono quelle subliminari, non coscienti, ripetitive, (ad es: le aggressioni psichiche quotidiane), a carico del sistema osteo-arto-muscolare e viscerale. I meccanismi di difesa sono tanto perfetti e sottili da camuffare l’aggressione così che essa non arrivi più a livello cosciente. Le aggressioni, soprattutto se ripetitive, scateneranno una vigilanza costante, permanente, per cui l’ipertono diverrà costante, i nostri muscoli saranno dunque condannati ad rigidità permanente.
Le quattro catene muscolari
Le catene muscolari sono rappresentate da una serie di muscoli contigui tra loro, ogni singolo muscolo rappresenta un anello della catena che abbraccia l’intera struttura corporea. Grazie a queste acute osservazioni Mézières raggruppò il sistema muscolare in quattro catene:
  1. La Catena Posteriore.
  1. La Catena Antero-Inferiore.
  1. La Catena Anteriore del Collo.
  1. La Catena Anteriore del Braccio.

Ognuna di queste catene è costituita da specifici muscoli e svolge particolari funzioni che ora andremo singolarmente ad approfondire.

La Catena Posteriore

 

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La Catena Posteriore è la più estesa, è formata da tutti i muscoli profondi e superficiali che vanno dalla linea occipitale alla punta delle dita dei piedi. A livello cranio-sacrale troviamo: 1. Sul piano superficiale: il trapezio e il gran dorsale. 2. Sul piano medio: i romboidi, l’elevatore della scapola e i dentati postero-superiori e postero-inferiori. 3. Il piano profondo può essere suddiviso a sua volta in tre piani : a) Il piano superficiale comprende: l’erettore della colonna a sua volta suddiviso in tre porzioni che prendono nomi specifici in relazione al distretto rachideo nel quale si inseriscono. b) Il piano intermedio è rappresentato dal trasverso spinoso. c) Il piano profondo comprende invece i m. interspinosi e i m. intertrasversi. Sulla regione posteriore dell’arto inferiore troviamo invece il semimembranoso, il semitendinoso, il bicipite femorale, gli adduttori, il popliteo, i gemelli, il soleo, il plantare gracile il tibiale posteriore, i flessori lunghi delle dita ed infine i flessori plantari sulla regione posteriore del piede.

 

 

 

 

La Catena Antero Inferiore
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La Catena Antero-Inferiore è formata dal tendine centrale, dal diaframma, dall’ileopsoas e dalla fascia iliaca. Il diaframma ha inserzioni costali , una inserzione sternale e delle inserzioni vertebrali attraverso due gruppi di pilastri: i pilastri esterni originano sui corpi vertebrali delle prime vertebre lombari e sui dischi adiacenti, i due pilastri interni originano dall’arcata fibrosa dello psoas e dall’arcata del quadrato dei lombi. Quando attraverso i suoi pilastri il diaframma prende punto fisso in alto, sulle coste e sullo sterno, porta la colonna lombare in alto e in avanti, è quindi un muscolo lordosizzante. L’inserzione comune con lo psoas determina ugualmente uno spostamento della colonna verso il basso ma sempre in avanti (riduzione del diametro verticale della colonna lombare), quindi anche l’ileopsoas ha un’azione lordosizzante che si ricollega inoltre al sistema sacro-lombare visto precedentemente, anch’esso ad azione lordosizzante.

 

 

La Catena Anteriore Del Collo

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La Catena Anteriore del Collo è formata dal piccolo e grande retto, dal lungo del collo e dal tendine centrale che collega il rachide cervicale al diaframma e all’asse viscerale. Il piccolo retto va dalla massa laterale dell’atlante all’apofisi basilare dell’occipite, il grande retto va dalle apofisi trasverse di C3-C6 all’apofisi basilare dell’occipite. Il lungo del collo è composto da tre parti: da fibre oblique discendenti, fibre oblique ascendenti e da fibre longitudinali che collegano l’atlante a D1,D2,D3. Si estende quindi dall’apofisi basilare dell’occipite al corpo della terza vertebra dorsale. Quando prende punto fisso in basso porta in avanti il collo aumentando la lordosi cervicale. Quindi i muscoli della catena anteriore del collo pur avendo una inserzione anteriore accorciandosi aumentano la lordosi posteriore.

 

 

La Catena Anteriore Del Braccio

 

 

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La Catena Anteriore del Braccio è composta dal coraco-brachiale, dal bicipite, dal brachiale, dal brachio-radiale, dal lungo supinatore, da tutti i flessori e pronatori dell’avambraccio compresi i muscoli dell’eminenza tenar e ipotenar. Dal punto di vista filogenetico, il passaggio dell’uomo alla stazione eretta ha obbligato la muscolatura anteriore del braccio a lavorare prevalentemente in maniera concentrica, basti pensare al semplice e ripetuto movimento di portare del cibo alla bocca. E’ dunque una catena più predisposta a fenomeni di retrazione. L’accorciamento cronico di questa catena determina una marcata flessione del gomito e una pronazione eccessiva dell’avambraccio alla quale si somma un’ intrarotazione di tutto l’arto superiore ad opera posteriormente del gran dorsale e del gran rotondo (catena posteriore), anteriormente del gran pettorale.

 

forma Perfetta

 

 

La forma del paziente va paragonata alla “forma perfetta”che per Méziéres è quella che corrisponde al “numero d’oro” usato dagli antichi greci nelle sculture del periodo classico. Esso è dato dal rapporto delle misure di due segmenti consecutivi che combaciano come: braccio-avambraccio, coscia-gamba, fronte-naso etc., ed è dato dalla radice quadrata di 5 + 1/2 che è uguale a 1,618 numero periodico, che si ottiene dividendo la misura del segmento più grande per quella del segmento più piccolo, ed è una legge di armonia universale. L’osservazione del paziente viene fatta su diversi piani e con diverse posture.
Paziente in piedi:
  • Osservazione Anteriore: i piedi uniti si toccano dal calcagno alla punta degli alluci, si toccano i malleoli interni, i polpacci le ginocchia e le cosce in alto. Le anche, i capezzoli, le clavicole, le spalle, i processi mastoidei, devono essere allo stesso livello. L’ombelico deve essere al centro dell’addome, non deve essere spostato o ruotato. Le linee laterali del torace sono rettilinee dalla vita all’ascella, i triangoli della taglia perfettamente simmetrici. La testa deve essere perfettamente in asse senza inclinazioni e rotazioni.
  • Osservazione Laterale: i muscoli peroneali devono passare dietro il malleolo esterno, la testa del perone deve essere tra il lato posteriore e laterale della gamba. Il braccio non deve ricoprire la linea del dorso ma devono essere visibili 2/3 anteriori e 1/3 posteriore. La linea sterno-mammillare ( dalla forchetta sternale alla punta del capezzolo) deve essere leggermente obliqua in avanti di circa 45°. La linea mammillo-pubica (dalla punta dei capezzoli al pube) deve essere diritta. Le scapole non devono essere sporgenti e il loro profilo segue quello del dorso. Le ginocchia non devono essere né flesse né recurvate. La testa non deve essere in antepulsione né in retropusione.
  • Osservazione Posteriore: I processi mastoidei, le spalle, gli angoli inferiori delle scapole devono essere sulla stessa linea. La colonna vertebrale deve essere diritta con la linea delle apofisi spinose in asse. Il bacino non deve presentare rotazioni, le creste iliache sono alla stessa altezza. A livello delle gambe dobbiamo trovare le stesse caratteristiche per cui devono toccarsi le ginocchia, i polpacci e i malleoli.

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Forma Perfetta

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Dopo questa osservazione statica si passa ad esaminare il paziente attraverso posture dinamiche, al fine di individuare altre importanti deformazioni che sfuggono ad una analisi statica ( non verranno esposte in questo sito perché troppo tecniche).

posture correttive

Il lavoro correttivo viene compiuto attraverso posture di stiramento assiale, ognuna delle quali, dovendosi adeguare al soggetto da trattare, possiede infinite varianti e sfumature. Con l’applicazione di queste posture il paziente apprende gradualmente come allineare e allungare un corpo che per molteplici ragioni è costretto a deviare dall’asse naturale di riferimento. Le posture dovranno essere mantenute il più a lungo possibile, poiché il tempo gioca positivamente sulle possibilità di allungamento del muscolo e ne diminuisce l’attività tonica. Il paziente potrà progressivamente mantenere la postura per tutta la durata di una seduta, 30 o 45 minuti, ininterrottamente e attraverso un allineamento rigoroso. Allineamento che restituisce alla muscolatura la sua lunghezza fisiologica e al corpo un nuovo schema di utilizzo delle proprie catene muscolari. Attraverso le posture si guadagnerà progressivamente un’ampiezza articolare normale, senza andare oltre il limite della articolarità e mantenendo una buona morfologia. Ecco una serie di posture di base che il mezierista usa quotidianamente per rimodellare il corpo dei suoi pazienti:

 

Postura Eretta, Tronco Flesso in Avanti

 

 

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In questa postura le anche si piegano per portare sullo stesso piano, rigorosamente retto, il bacino, la cintura scapolare, l’occipite. Le ginocchia son portate in derotazione e le mani sono appoggiate al suolo o su uno sgabello, a seconda delle possibilità del paziente. Il blocco diaframmatico in inspirazione deve essere sempre evitato, invitando il paziente ad espirare profondamente in maniera lenta e controllata.

 

 

 

Postura Eretta in Stiramento Assiale

 

 

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In questa postura la sommità del capo viene mantenuta allo zenit. Le spalle sono rilassate, le braccia sono estese ed extraruotate. Il blocco diaframmatico in inspirazione deve essere sempre evitato, invitando il paziente ad espirare profondamente in maniera lenta e controllata, favorendo così una migliore delordosizzazione del rachide lombare attraverso un migliore utilizzo del retto dell’addome. Le ginocchia sono in derotazione e in leggera semiflessione, i piedi e le loro dita sono impegnate nella ricostruzione della volta plantare attraverso una serie di posizioni caratteristiche del metodo, conosciute sotto il nome di “Esercizio Mézières”. Françoise Mézières dava una importanza capitale al piede…..

 

 

 

 

Postura in Decubito Dorsale, Arti Inferiori a Squadra

 

 

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Anche questa postura presuppone un allineamento assiale rigoroso. La testa, portata in retrazione durante l’espirazione, viene corretta da eventuali rotazioni e/o lateroflessioni. Le spalle sono rilassate, gli arti superiori sono distesi lungo i fianchi ed extraruotati. Le coxo-femorali sono flesse a 90°, le ginocchia sono in derotazione mentre il piede è impegnato nell’esecuzione dell’ Esercizio Mézières e di alcune sue varianti.

 

 

 

Le posture viste e descritte in questo modo riduttivo sembrerebbero fin troppo semplici da applicare, ma bisogna considerare l’aspetto più importante del metodo la correzione dei compensi……(vedi esempio correttivo di una Scoliosi)

Scoliosi: Esempio di Trattamento

Andremo ora ad analizzare il trattamento correttivo di un paziente affetto da una scoliosi dorso-lombare:

 

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Il paziente mostra chiaramente una curva dorsale destra e lombare sinistra. Anche se in questa posizione la rotazione vertebrale è accentuata, verrà ugualmente utilizzata perché rappresenta la posizione più favorevole per lo stiramento della catena posteriore. Mézières, in tutta la sua carriera, non aveva mai visto una scoliosi che non derivasse da un accorciamento della muscolatura posteriore. Prima che si formi la curva sul piano frontale è infatti necessario un aumento della curva sul piano sagittale (iperlordosi) e, secondariamente, diventa possibile la latero- flessione e la rotazione vertebrale responsabile della curva scoliotica. Ricordiamo che i muscoli del sistema sacro-spinale hanno tutti una triplice funzione: (soprattutto il trasverso-spinoso) sono estensori, rotatori e lateroflessori. Se si vuole allungare realmente questo complesso muscolare occorre evitare questi compensi…..

 

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Dopo la messa in tensione del paziente l’operatore interviene prontamente per eliminare tutti i compensi favorendo la flessione del tronco in avanti e correggendo tutte le rotazioni e lateroflessioni di compenso che si vengono a formare dal cranio fino al sacro.Intorno alla zona lombare accorciata, bisogna ridurre la lordosi, aprire quest’arco posteriore, rilassare, modellare e ammorbidire anche con l’aiuto del paziente. Tutto questo permetterà un riallineamento delle coste e delle vertebre interessate nella formazione del gibbo. Inoltre con le mani in avanti lontane dai piedi, otteniamo uno stiramento del gran dorsale, che gioca un ruolo fondamentale nella genesi delle scoliosi. Infine la posizione delle gambe viene costantemente controllata impedendo alle ginocchia di scappare troppo in flexum o in recurvatum, i piedi lavorano costantemente per il riequilibrio delle volte plantari.

 

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Il riallineamento assiale può anche essere ripreso con il paziente seduto. Il mézièrista lavora costantemente sui compensi del sistema cranio-sacrale e interviene contemporaneamente sulla correzione del bacino in torsione. Con il piede sinistro l’operatore spinge l’iliaco sinistro del paziente, bloccato in posteriorizzazione, in antiversione. Il paziente, con la spinta in avanti del tallone sinistro e del tronco, aiuta il terapista nella difficile correzione globale della postura.

 

 

Approfondimento
Le mani del terapista sul torace fanno sentire il gibbo favoriscono la presenza mentale su una parte del corpo dimenticata, non percepita, e pertanto divenuta sede di una grave deviazione che bisogna vincere grazie anche alla partecipazione attiva del paziente. Durante la correzione il paziente pensa alla realizzazione della rettilineità perduta. Questa partecipazione attiva del paziente è molto importante perché tutte le correzioni che non sono corticalizzate sono illusorie. Inoltre la manovra modellante stira la pelle e il tessuto connettivo sottostante agendo come un “massaggio connettivale-riflesso”, molto efficace per ottenere rilassamenti profondi. Comunque questo massaggio riflesso viene utilizzato anche per comunicare con il corpo e per dargli dei messaggi riflessi che stimolano dei meccanismi di normalizzazione. Il corpo, divenuto sensibile e ricettivo, viene “accordato” dalle mani del mézièrista esperto, che “ascolta” la sua espressione somatica cancellandone le note stonate.

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Non possediamo realmente se non quello che abbiamo dato. 

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Schemi posturali scorretti

Tutti i nostri dismorfismi sono determinati da retrazioni delle catene muscolari che a seconda di come si accorciano determinano forme diverse. Passiamo ora in rassegna alcuni tra gli schemi posturali scorretti più frequenti, ricordando comunque che sono dei modelli standardizzati, utili solo per fini didattici. In realtà non c’è un dismorfismo uguale all’altro, ognuno presenta infinite varianti e sfumature che lo rendono unico per il trattamento correttivo da impostare.

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Schema Posturale N.1

 

Il paziente presenta un evidente “genum procurvatum” da accorciamento selettivo degli ischiotibiali. A questo può associarsi un cavismo/piattismo plantare (dipende dalla rotazione del ginocchio) con un 1° dito in valgo ed un 5° in varo la cui gravità è sempre variabile in base all’accorciamento delle catene muscolari e non all’età come spesso si pensa, anche se è vero che il fattore tempo peggiora il decorso di uno squilibrio posturale esistente. A livello vertebrale è visibile un’ iperlordosi bassa con ampia curva cifotica dorsale di compenso. Questo altera: 1. la posizione della scapolo-toracica con conseguente conflitto prematuro a livello dell’articolazione gleno – omerale. 2. l’arto superiore si porta in rotazione interna contribuendo al peggioramento della sindrome da impingement, l’avambraccio e la mano soffriranno progressivamente di questa posizione obbligata di lavoro: gomito in flessione avambraccio in pronazione [Tutte le terapie strumentali come la diadinamica, il laser, la ionoforesi, pur attenuando il dolore (effetto) non risolveranno la causa che è puramente posturale]. 3. Il torace si porta in chiusura espiratoria con conseguenti problemi sulla compliance toracica. Infine il capo si porterà in antepulsione estrema aumentando la possibilità di ernie discali posteriori.

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Schema Posturale N.2

Il paziente presenta un evidente “genum recurvatum” da accorciamento selettivo del quadricipite e del soleo. A questo può associarsi un cavismo/piattismo plantare (dipende dalla rotazione del ginocchio) con un 1° dito in valgo ed un 5° in varo. Nelle donne il recurvatum viene peggiorato dall’utilizzo di calzature con tacchi troppo alti che promuovono un accorciamento del soleo e deformano le volte plantari (basti pensare che un tacco di soli 6 cm scarica il 75% del peso corporeo sull’ avampiede facendo cedere progressivamente la volta trasversale anteriore la cui forma naturale ad arco serve a distribuire in modo armonico e ammortizzato il peso del corpo sull’avampiede, il quale in condizioni fisiologiche, ne sopporta solo il 25%). A livello vertebrale è visibile una marcata antepulsione del bacino per un notevole accorciamento della massa sacro-lombare posteriore. Questa compressione sempre presente a livello posteriore favorisce la degenerazione prematura del disco e delle faccette articolari, fino a quadri non rari di Baastrup Sindrome. La curva cifotica di compenso nella regione dorsale alta a sua volta favorisce un antepulsione ed estensione del capo. Anche in questo caso dunque, la forza di gravità, che agisce sempre perpendicolare al terreno, giocherà un ruolo sfavorevole nel decorso dello squilibrio posturale accentuando progressivamente le curve di compenso.

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Aforismi mezieres

LA LORDOSI E’ ALL’ORIGINE DI TUTTE LE DEFORMAZIONI

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Avr
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Fabio, Sport Masseur
Mezieres - Evaluation scientifique
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Un seul essai testant l’efficacité de la méthode Mézières (Mezieres – Evaluation scientifique) semble indexé dans la base de donnée de la Medline8. Cette étude-pilote incluait 20 patientes souffrant defibromyalgie divisées en deux groupes. Un groupe suivait pendant 12 semaines à raison d’une heure trente par semaine des séances de kinésiothérapie et d’étirements musculaires actifs, l’autre à la même fréquence et pendant la même durée des séances de physiothérapie selon la méthode Mézières. La sévérité de la maladie a diminué entre le début des séances et leur fin alors que la souplesse des patientes a augmenté, mais il n’y a pas de différence entre les deux groupes. Il n’est pas possible de savoir si l’amélioration des patientes n’est pas dû à l’évolution naturelle de la maladie ou à d’autres facteurs et donc de distinguer l’efficacité propre des méthodes proposées.

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