Carla T. Fit. + pesistica, Author at warmfit - Page 4 of 10
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Aug
2
Carla T. Fit. + pesistica
allenamento ad alta intensità e dimagrimento
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Allenamento ad alta intensità e dimagrimento

A cura del Dottor Nicola Sacchi – Autore del libro: Farmaci e doping nello sport –

« allenamento ad alta intensità per dimagrire

III° studio

Questa ricerca risale al 1997 ed in questo caso sono comparate 15 settimane ad alta intensità con 20 settimane di attività aerobica. Interval training high intensityTremblay e colleghi studiarono due differenti protocolli ad alta intensità intervallata e li misero a confronto con un allenamento di 30-45 minuti di attività nella fascia aerobica.
I risultati di questo esperimento sono sorprendenti, in quanto l’alta intensità – oltre ad aumentare la produzione di diversi enzimi della via ossidativa in misura più consistente dell’attività aerobica – ha promosso una perdita di grasso nove volte superiore a quella dell’allenamento aerobico.

IV° studio

Anche in questo caso siamo nel lontano 1997 e Bryner, dell’università di Morgantown West Virginia, confronta un protocollo ad intensità costante al 70% con uno che oscilla fra 80 e 90%, quindi un lavoro che si può considerare mediamente sulla soglia del lattato. L’esperimento dura 16 settimane. Anche in questo caso vi è una considerarvele differenza nella perdita di grasso fra i due gruppi, a favore di quello con il protocollo ad intensità più alta.

V° studio

In questo caso Wisløff, conduce uno studio simile al primo, con due protocolli di allenamento simili ad esso. Oltre ad ottenere una serie di dati relativi all’efficienza cardiaca, che si dimostrano migliori nel caso dell’allenamento ad alta intensità, analizza la produzione di proteine che promuovono l’attività mitocondriale muscolare, di conseguenza la capacità dei muscoli di bruciare calorie derivanti dai grassi; tale produzione cresce significativamente soltanto nel gruppo con l’allenamento ad alta intensità. Questo dato dimostra in maniera indiretta la capacità dell’allenamento intenso di promuovere la lipolisi in misura maggiore dell’attività aerobica.

VI° studio

Anche in questo caso sono messi a confronto due diversi protocolli di allenamento: uno ad intensità bassa e l’altro ad intensità alta, con picchi sopra la soglia del lattato. Il dott. Brian, dell’università della Virginia, misura la variazione del grasso addominale in seguito a 16 settimane di allenamento, e anche in questo caso i risultati indicano che l’attività ad alta intensità promuove maggiormente la perdita di grasso, in particolare di grasso addominale, rispetto all’altro protocollo di allenamento.

Quelli elencati sono solo una parte degli studi che dimostrano come l’attività ad alta intensità sia più efficace a fini dimagranti del lavoro aerobico. Vi sono inoltre altri studi che dimostrano come l’allenamento con i pesi promuova il dimagrimento in misura più efficace dell’attività aerobica, ma questa è un’altra storia. Altri studi non fanno il confronto diretto fra le due forme di allenamento, ma mostrano risultati inopinabili su come l’alta intensità faccia dimagrire.

Concludo affermando che questi studi evidenziano come nonostante da un punto di vista prettamente biochimico sia noto il fatto che per consumare grassi a fini energetici sia necessario svolgere attività di tipo aerobico, per attivare il ciclo di Krebs e la beta ossidazione, vi sono altri meccanismi fisiologici in grado di promuovere la lipolisi, quindi il dimagrimento. Le possibili spiegazioni fisiologiche e biochimiche a riguardo sono varie e alcune ancora da dimostrare pienamente; comunque in questa sede mi sembra inopportuno argomentare un discorso così complesso, ma è chiaro che la produzione dei particolari enzimi sopraccitati permette già di intuire alcune cose. L’unica cosa da ribadire è che evidentemente i sistemi aerobici da soli promuovono solo parzialmente il dimagrimento, dato che si può dimagrire maggiormente utilizzando allenamenti che sfruttano i sistemi anaerobici per produrre energia.

Alta intensità di allenamento

Aug
1
Carla T. Fit. + pesistica
Alimentazione: Alcool e Sport, binomio perdente
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Alimentazione: Alcool e Sport, binomio perdente;    Con la sua azione l’alcol influenza negativamente la prestazione sportiva. Ovviamente i suoi effetti sono dose dipendenti e se piccole quantità (30-40 grammi al giorno per gli uomini e 20-30 g/die per le donne) sono tutto sommato tollerabili, dosi elevate possono compromettere seriamente la performance sportiva.

Alimentazione: Alcool e Sport, binomio perdente

Alimentazione: Alcool e Sport, binomio perdente

L’alcoletilico, malgrado l’elevato valore energetico, non può essere considerato un nutriente.

Nel fegato l’ossidazione di 1 grammo di alcol libera comunque un’elevata quantità di energia (7 kcal, contro le 4 Kcal di carboidrati e proteine e le 9 kcal dei grassi).

Occorre tuttavia precisare che il grado alcolico riportato in etichetta non corrisponde ad 1 g di alcol bensì ad 1 ml di etanolo che sviluppa all’incirca 5,6 Kcal.

L’alto contenuto calorico dell’alcol non è che uno dei tanti effetti negativi di questa sostanza che con la sua azione altera gran parte delle reazioni metaboliche che avvengono nel nostro organismo. Vediamo nei dettagli le più importanti.

Metabolismo dei carboidrati: inibizione della glicogenosintesi e stimolazione della gliconeolisi con conseguente depauperamento precoce delle scorte glucidiche.

Sistemi tampone: l’alcol favorisce la produzione e l’accumulo di composti acidi come il lattato e i corpi chetonici abbassando, di conseguenza, il pH del sangue. Ricordiamo che l’acidosi metabolica (abbassamento del pH ematico) è responsabile di sintomi come stanchezza, cefalea, nausea, vomito e può condurre al coma.

Sangue: l’alcol diminuisce l’efficienza nel trasporto ematico del ferro, un minerale coinvolto nei processi di produzione dell’ATP e nel trasporto dell’ossigeno. In particolare con la sua azione altera la sintesi delle diverse isoforme di transferrina. Tale proteina è coinvolta nel trasporto del ferro dalla sede di assorbimento a quella di utilizzo o di deposito (in particolare il fegato).

L’alcol causa un minor assorbimento della vitamina B12 e dei folati. Queste due sostanze sono fondamentali perché regolano alcuni processi fisiologici importanti. Una loro carenza implica un aumento di volume delle emazie (globuli rossi) predisponendo il soggetto all’anemia megaloblastica e a danni al sistema nervoso.

L’alcol è particolarmente tossico per i mitocondri, gli organuli cellulari che producono energia.

Tra l’altro i mitocondri sintetizzano l’eme un complesso chimico presente nell’emoglobina in grado di legare l’ossigeno. Associando il declino nella produzione di eme al ridotto assorbimento della vitamina B12 e all’alterazione della transferrina il trasporto di ossigeno ai tessuti viene seriamente compromesso.

Tale alterazione influenza negativamente la prestazione sportiva soprattutto nelle attività di resistenza come la corsa ed il ciclismo.

L’alcol riduce inoltre livelli di testosterone limitando la sintesi proteica fino a 24 ore dopo il suo consumo, di conseguenza l’abuso di questa sostanza compromette l’incremento della massa muscolare.

Effetti sul sistema nervoso centrale: alterazioni nella contrazione muscolare, peggioramento dei riflessi, del tempo di reazione e delle capacità coordinative.

http://www.warmfit.com/it_IT/groups/alimentazione-diet/forum/

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Aug
1
Carla T. Fit. + pesistica
tonificazione muscolare e dimagrimento
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Tonificazione muscolare e dimagrimento: tutto quello che c’è da sapere

A cura del Dottor Davide Cacciola

Tonificazione e dimagrimento personal trainer

La Tonificazione muscolare e il dimagrimento sono due fattori legati all’allenamento che non possono essere considerati separatamente.
L’accoppiamento è necessario perché purtroppo ancora oggi si ritiene che dimagrire significhi perdere peso e basta. Un calo ponderale non è necessariamente sinonimo di diminuzione di grasso, soprattutto quando avviene in poco tempo, come ad esempio a seguito di una dieta incontrollata. In questo caso, per prima cosa, variano l’acqua corporea e la massa proteica, cioè la massa cellulare, e non la massa grassa.
Dimagrire in maniera corretta significa diminuire la massa grassa mantenendo o incrementando la massa magra. Viceversa, un incremento di peso successivo ad un periodo di allenamenti in palestra non è sempre correlabile ad un aumento di massa muscolare.
A differenza di quello che si può pensare, l’elemento al quale fare riferimento è sempre la massa magra non quella grassa, poiché il metabolismo è essenzialmente legato ad essa. E’ la massa magra che produce metabolismo e pertanto va controllata, ben alimentata e stimolata per non incorrere in casi di malnutrizione. E’ attraverso un’aumentata attività del metabolismo che si riesce ad ottenere la riduzione del grasso corporeo in eccesso, evitando che un sovrappeso degeneri in obesità. Spesso, invece, l’attenzione ricade erroneamente e in maniera ossessiva sulla massa grassa.
C’è da dire anche che adottare il modello classico “bi compartimentale” Massa magra/Massa grassa non dà alcuna indicazione sullo stato di nutrizione ed idratazione del soggetto: è possibile incontrare individui obesi sani, malati, scompensati, malnutriti, ben nutriti, disidratati o edematosi e dalla stima delle masse magra e grassa non é assolutamente possibile risalire né monitorare alcuno di questi stati.
Desiderando precisione nella stima, è necessario un modello di composizione corporea più adeguato, che divida il corpo in più compartimenti, sensibile all’idratazione e alla nutrizione, con il quale spiegare tutte le variazioni di peso, indipendentemente che avvengano nella massa grassa, nella massa muscolare o nei fluidi corporei.
A tale scopo il modello “tri compartimentale” al quale fa riferimento uno dei più sofisticati metodi di valutazione per la composizione corporea, la Bioimpedenziometria (BIA), è sicuramente più adatto.
Il modello è composto da:
1.Massa Grassa: Esprime tutto il grasso corporeo che va dal grasso essenziale al tessuto adiposo.
2.Massa Cellulare: Compartimento che contiene il tessuto interno alle cellule, ricco di potassio, che scambia l’ossigeno, che ossida il glucosio.
3.Massa Extracellulare: Componente che include i tessuti extra cellulari quindi il plasma, i fluidi interstiziali (l’acqua extracellulare), l’acqua transcellulare (fluido cerebrospinale, fluidi articolari), i tendini, il derma, il collagene, l’elastina e lo scheletro.

L’acqua extracellulare rappresenta il compartimento volumetricamente più rilevante della Massa Extra Cellulare ed è lo spazio soggetto alle più rapide e significative variazioni.
La Massa Magra è la risultante della somma della Massa Cellulare con la Massa ExtraCellulare.
Dopo aver eseguito un’iniziale valutazione della composizione corporea, si procederà con l’impostare una programmazione di allenamenti, di periodo variabile. Nello specifico degli allenamenti andranno modulati fattori quali intensità, volume, carichi, serie, ripetizioni e recuperi, al fine di sviluppare adattamenti costanti e progressivi agli allenamenti.
Il rischio a cui si va incontro è di perdere kg di massa magra, che portano ad una riduzione del metabolismo basale, con conseguente rallentamento del processo di dimagrimento.
Per evitare questo spiacevole inconveniente, molto frequente purtroppo a causa di concezioni sbagliate sull’allenamento, elencherò di seguito alcune regole generali da seguire per impostare un programma di allenamento:
1.Allenarsi intensamente ma con moderazione: con questa affermazione intendo dire che non serve andare tutti i giorni in palestra, bastano 2-3 allenamenti settimanali, purché siano abbastanza intensi da stimolare il metabolismo e provocare degli adattamenti.
2.Allenarsi prima in sala pesi, poi passare al lavoro aerobico: La tipologia di sforzo richiesta in sala pesi è di tipo “anaerobico”, intensa e di breve durata. Pertanto la fonte energetica richiesta per assolvere a tali sforzi è prettamente di tipo “glucidico”. Per sfruttare al meglio le riserve glucidiche, il lavoro in sala pesi deve precedere quello aerobico.
3.Selezionare sempre esercizi che consentano di impiegare più gruppi muscolari contemporaneamente: Per cui, via libera a piegamenti sulle gambe, sulle braccia, movimenti di trazione, spinta ecc. Questi movimenti “globali” costringono il nostro corpo ad un dispendio calorico più elevato e inoltre incrementano la forza, la coordinazione e l’equilibrio maggiormente rispetto ai movimenti isolati.
4.Non esagerare con l’aerobica: L’attività aerobica (corsa prolungata, cyclette) dev’essere moderata, anche in questo caso non serve correre per ore sul tapis roulant, bastano dai 10 ai 20 minuti dopo l’allenamento. Non concordo molto con la teoria dell’attivazione del metabolismo dei grassi dopo i 30′-40′ di attività aerobica a bassa intensità. Se è vero che in questo modo si attiva il metabolismo dei grassi, è pur vero che si verifica un ingente perdita di liquidi e a volte di massa magra.
5.Evitare il sovrallenamento: Come detto sopra, allenarsi troppo provoca in molti casi perdita di tono muscolare. Questo è solo uno dei segnali del sovrallenamento. Ignorare ostinatamente i segnali dell’iperallenamento ha una sola conseguenza: rendere controproducente l’allenamento. Per questo è importante ascoltare il proprio corpo: ai primi sintomi di inappetenza, dolori articolari e sensazione generale di debolezza, è importante prendersi qualche giorno di recupero.

Tonificare e dimagrire

Altre importanti regole da seguire riguardano l’alimentazione. Nessun programma di allenamento produce risultati significativi in poco tempo se non accompagnato da corrette abitudini alimentari. Pertanto alle regole sopra elencate vanno abbinati i seguenti consigli alimentari:
1.Suddividere i pasti in 5-6 giornalieri ogni tre ore: Aggiungere quindi ai tre pasti principali della giornata due spuntini, a metà mattina e a metà pomeriggio. Se necessario inserire anche un pasto prima di coricarsi.
2.Aumentare il quantitativo proteico giornaliero se si pratica attività fisica moderata/intensa, è necessario per contrastare il catabolismo, quindi mantenere la massa magra; scegliere fonti proteiche come carne, pesce e latticini a basso contenuto di grassi
3.Diminuire gli zuccheri, i carboidrati raffinati e i grassi saturi: l’assunzione di zuccheri crea un rapido aumento dei livelli di glucosio nel sangue (glicemia). Questo fenomeno stimola il rilascio di un ormone chiamato insulina, che favorisce l’assorbimento di glucosio nelle cellule. Quest’ultimo, se in eccesso, viene trasformato in grasso. I grassi saturi sono dannosi poiché aumentano i livelli di colesterolo.
4.Sostituirli con carboidrati a basso/medio indice glicemico, grassi mono e polinsaturi, come cibi integrali, frutta, verdure, olio extravergine d’oliva, noci o mandorle.
5.Bere almeno 1 ½ / 2 litri di acqua al giorno.

Jul
30
Carla T. Fit. + pesistica
DOLORE AL GINOCCHIO
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Dolore al ginocchio

« introduzione al ginocchio

Quando si presenta il dolore al ginocchio?

MATTINA O SERA? Se il dolore compare alla mattina e scompare nel corso della giornata potrebbe trattarsi di una leggera degenerazione cartilaginea. Dolore al ginocchioSe invece il dolore si accentua con il passare del tempo probabilmente siamo in presenza di patologie tendinee.

QUANDO RIMANIAMO SEDUTI A LUNGO, AD ESEMPIO AL CINEMA: la flessione prolungata del ginocchio accentua il dolore in presenza di sindrome dolorosa femororotulea (infiammazione del tendine rotuleo a livello della sua inserzione nel punto della tibia).

QUANDO CI INGINOCCHIAMO, o dopo un trauma alla parte anteriore del ginocchio: soprattutto se compare un gonfiore importante potrebbe trattarsi di borsite al ginocchio.

SOLO QUANDO FACCIAMO ATTIVITÀ FISICA o determinati movimenti: se paziente giovane, senza traumi recenti, probabilmente si tratta di una “semplice” tendinite.

ALL’IMPROVVISO DURANTE UN ESERCIZIO O UN MOVIMENTO BRUSCO: potrebbe trattarsi di una lesione meniscale, se il soggetto è anziano può verificarsi anche per sforzi banali (sollevarsi in piedi da una posizione accosciata).

QUANDO STIAMO IN PIEDI A LUNGO, CAMMINIAMO, FACCIAMO LE SCALE: specie se il soggetto ha superato i 50 anni e si nota una certa deformità articolare il dolore è quasi certamente dovuto ad artrosi.

SUBITO DOPO UN TRAUMA: possibile interessamento meniscale e di uno o più legamenti.

Quale attività fisica?

PER PREVENIRE
•Favorisce la riduzione del peso corporeo
•Mantiene i muscoli efficienti
•Migliora l’equilibrio e la flessibilità

ATTENZIONE: l’attività fisica può essere anche dannosa, soprattutto quando si esagera o si passa bruscamente dalla sedentarietà ad un’attività sportiva intensa. Per evitare che il vostro ginocchio ne paghi le conseguenze, chiedete innanzitutto un parere al vostro medico curante, dopodichè valutate la possibilità di farvi seguire da un personal trainer qualificato, almeno durante le prime sedute.

E SE SOFFRO DI ARTROSI?

In presenza di artrosi è consigliabile la bicicletta, dato che il muscolo lavora ugualmente ma il ginocchio è in scarico; in questo caso l’articolazione non deve sopportare tutto il peso corporeo, come avviene ad esempio durante il ballo, la camminata e soprattutto la corsa (attività che sono invece molto utili in presenza di osteoporosi non avanzata).

Anche il nuoto e le attività in acqua sono esercizi favorevoli poiché rendono i movimenti più naturali e meno stressanti per il ginocchio (ad eccezione del nuoto a “rana” che causa sollecitazioni intrarticolari maggiori).

Quale terapia fisica?

Se il dolore è acuto (insorge violentemente dopo un trauma) va applicato del ghiaccio. Se si tratta invece di dolore cronico come quello artrosico va meglio il calore. In ogni caso solo il medico od il fisioterapista potranno consigliare la giusta terapia.

Le infiltrazioni di acido ialuronico hanno la funzione di lubrificare un’articolazione ormai “consumata”. Questa sostanza attenua infatti il dolore ed ostacola il deterioramento cartilagineo, ritardando la progressione dell’artrosi in attesa di un intervento chirurgico.

Altre terapie come ultrasuoni, TENS, tecarterapia, laserterapia ecc. vanno valutate in base al tipo e allo stadio della malattia.

PER APPROFONDIRE CASO, PER CASO:
• Borsite ginocchio
•Distorsione ginocchio
•Dolore ginocchio in giovani pallavoliste
• Lesioni meniscali
•Crociato anteriore
• Tendinite ginocchio
•Artrosi

Jul
30
Carla T. Fit. + pesistica
DIETA METABOLICA
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Dieta metabolica

• Cos’è la Dieta Metabolica?

• Come impostare la dieta metabolica

• Irrazionalità e possibili effetti collaterali

Cos’è la Dieta Metabolica?

La dieta metabolica è un regime alimentare ideato dal dottor Mauro di Pasquale, medico canadese dalle chiare origini italiane.

Come molte altre diete nate in questi ultimi anni, la dieta metabolica promette di ottenere risultati eccezionali in brevissimo tempo Dieta metabolica e, come spesso accade, è sostenuta da numerosi studi scientifici che ne testimonierebbero l’efficacia. Non solo, per attirare il consumatore sono stai inventati slogan del tipo: “il santo gral di tutte le diete”, “una dieta innovativa che si adatta ai tuoi bisogni”, “sarai tu stesso l’artefice delle tua dieta e la adatterai alle tue esigenze”.

Il filo conduttore della dieta metabolica si può spiegare con un semplice paragone. Il nostro corpo è una macchina che può funzionare sia a benzina (carboidrati) che a metano (grassi). Tuttavia lo stile di vita attuale porta il nostro organismo ad utilizzare prevalentemente benzina (carboidrati), accumulando metano nel serbatoio (grassi). Se quando facciamo rifornimento (mangiamo) introduciamo poca benzina e molto metano, ci abitueremo ad utilizzare in prevalenza metano (i grassi) svuotando progressivamente il serbatoio (dimagrimento).

Tuttavia per funzionare al meglio la nostra macchina necessità anche di un minimo di benzina (carboidrati) e tale quota, variabile da individuo ad individuo, dev’essere scoperta ascoltando il motore e valutandone le prestazioni (importanza della fase di valutazione iniziale).

Come impostare la dieta metabolica

Si inizia con un periodo di prova, fondamentale per scoprire la quota di carboidrati necessaria per l’ottimale funzionamento dell’organismo.

Tale fase, che dura all’incirca 4 settimane, è caratterizzata da una drastica riduzione dell’apporto glucidico. Il soggetto si trova così costretto a fare i conti con gli effetti collaterali di un simile approccio dietetico (stanchezza, nausea, cefalee ecc.).

In questa prima fase il piano alimentare sarà così strutturato: 12 giorni di scarico (pochi carboidrati e molti grassi) seguiti da 2 giorni di ricarica (molti carboidrati). Secondo Di Pasquale un simile approccio addestrerebbe l’organismo a bruciare i grassi per soddisfare le proprie richieste energetiche.

PERIODO DI PROVA

Fase di scarico (12 giorni) Fase di carico (2 giorni)
50-60% grassi 25-40% grassi
30-50% proteine 15-30% proteine
30 grammi di carboidrati 35-55% carboidrati

Se durante la fase di scarico ci si sente particolarmente stanchi, la dieta metabolica prevede tutta una serie di soluzioni relazionate al tipo di sintomi manifestato. La linea generale che accomuna tutte queste soluzioni prevede un aumento graduale dell’apporto glucidico, fino alla scomparsa degli effetti indesiderati. Ed è a questo punto che, dopo qualche altro giorno di prova in cui il soggetto si assicura di aver trovato la quantità ottimale di carboidrati, si passa alla seconda fase.

Nella seconda fase della dieta metabolica l’organismo è diventato un’efficiente macchina brucia grassi e, per mantenere tale caratteristica, occorre far seguire a 5 giorni di scarico altri 2 giorni di ricarica. Nei cinque giorni di scarico verrà mantenuta la ripartizione calorica sperimentata con successo durante la fase di prova. Stesso discorso per la fase di carico.

Per approfondire: Esempio Dieta Metabolica

Irrazionalità e possibili effetti collaterali

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una dieta che porta all’estremo alcuni concetti. Se non bastasse l’esperienza diretta, è sufficiente esaminare la storia per scoprire che l’estremismo, oltre ad essere improduttivo, è da sempre uno dei peggiori mali che affligge l’umanità. Vediamo allora quali sono i punti critici e le principali “assurdità” scientifiche di questa dieta.

Diminuzione dei carboidrati

La dieta metabolica prevede una drastica riduzione del consumo di carboidrati (30 grammi nella fase di prova). Forse Di Pasquale dimentica che l’organismo umano necessita di glucosio per sopravvivere.
L’essenzialità del glucosio è legata al fatto che sistema nervoso centrale ed eritrociti utilizzano esclusivamente glucosio per il loro metabolismo energetico. Si calcola che il minimo apporto giornaliero di glucosio per permettere il normale funzionamento di questi sistemi sia di circa 180 grammi, ben al di sopra delle quantità imposte da questo tipo di dieta.

Formazione dei corpi chetonici

Tuttavia, in condizioni particolari di estrema carenza di glucosio (digiuno prolungato), il corpo ricorre ai corpi chetonici per sopravvivere. Questo è un meccanismo disperato, efficace nel sostenimento delle funzioni vitali, ma non certo privo di effetti collaterali (stanchezza cronica, nausea, vomito, cefalee, coma).

Efficienza energetica dei grassi

A parità di ossigeno consumato i carboidrati hanno un rendimento energetico superiore ai grassi. Ne consegue che con un simile approccio dietetico la prestazione sportiva nelle discipline di endurance verrebbe seriamente compromessa. Se non ci credete provate a chiederlo ad un maratoneta che, in procinto di superare il “muro” dei 32 km, incorre nella famosa “crisi”.

Elevato apporto di grassi e proteine

Di Pasquale dà libero spazio al consumo di formaggi e di carni ad alto contenuto proteico e lipidico (pancetta affumicata, salsiccia, maionese, burro, uova ecc). Non potrebbe essere altrimenti visto che consumando carni magre non si raggiungerebbero le quote di grassi imposte dalla dieta metabolica.

E fu così che, mentre tutti consigliavano di limitare grassi saturi e grassi trans per ridurre i rischi di aterosclerosi e di alcune forme tumorali, al dottor di Pasquale venne la “brillante” idea di concepire una dieta dove l’apporto di queste sostanze fosse elevato…

Limitato apporto di fibre

Risulta evidente la scarsità di fibre imposta dalla dieta metabolica. Frutta e verdura, infatti, contengono un certo quantitativo di carboidrati e viene pertanto consigliato di non eccedere con il loro consumo. Un vero peccato visto che la fibra potrebbe ridurre i danni provocati dall’eccesso di grassi e colesterolo!

Periodo di prova e volontà del soggetto

Come abbiamo visto la dieta metabolica permette di alzare il quantitativo di carboidrati durante la fase di adattamento iniziale. Ma come fa un soggetto a capire se i sintomi che avverte sono sopportabili o sconfinano nell'”anormalità”? Da qui nasce il rischio che una persona dotata di poca forza di volontà innalzi la quota di carboidrati ai primi segni di stanchezza, vanificando i presupposti metabolici della dieta.

Inoltre il consiglio di assumere 30 grammi di carboidrati durante questo primo periodo non tiene conto delle variabilità individuali (peso, composizione corporea ed efficienza nell’ossidare i lipidi (minore nei sedentari rispetto agli allenati).

Carico di carboidrati, sbalzo insulinico….

Ricordiamo che ognuno di noi può immagazzinare un quantitativo limitato di glicogeno e che una volta saturate tali riserve il glicogeno in eccesso sarà inevitabilmente trasformato in grasso.

Per calcolare approssimativamente il livello massimo di glicogeno stoccabile nel proprio corpo basta moltiplicare il proprio peso corporeo per 30 e dividerlo per 4 (le calorie sviluppate da un grammo di carboidrati).

Così, per esempio, un uomo di 70 kg normopeso può immagazzinare al massimo 30 x 70 = 2100 Kcal che corrispondono all’incirca a 525 grammi di carboidrati.

Due giorni alla settimana in cui mangiare “di tutto e di più” sono più che sufficienti per saturare queste scorte. Ipotizzando che durante la fase di scarico un soggetto consumi in media 50 grammi di carboidrati al giorno dopo 5 giorni accumulerà un deficit di 500 grammi (considerando che il suo fabbisogno quotidiano di carboidrati sia di 150 grammi). In pratica al 5° giorno avrà svuotato tutte le sue scorte di glicogeno e la successiva ricarica di carboidrati gli impedirà di produrre ed utilizzare i corpi chetonici.

Ma allora non sarebbe meglio limitarsi a ridurre i carboidrati anziché abolirli quasi del tutto? Almeno così risparmieremo al nostro corpo inutili sbalzi insulinici ed ormonali, evitando tutti gli effetti negativi di questa “folle” dieta metabolica.

Jul
30
Carla T. Fit. + pesistica
CYCLETTE O SPIN BIKE?
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Cyclette o spin bike?

Salve, visto, il mio scarso tono muscolare delle gambe, e della scarsa voglia di andare in palestra, ho pensato di comprarmi una “spin bike”, ma, sentendo il parere dei miei amici, me l’hanno sconsigliata, in quanto non avendo esperienza di lezioni di spinning, non la sfrutterei a pieno. Lei cosa mi consiglia, devo ripiegare su una cyclette normale?? E se si, quale mi consiglia?

Ciao, lo spinning è un’attività svolta in numerose palestre italiane che prevede l’utilizzo di apposite bici da camera (spinner bike) e che alterna andature diverse abbinate a ritmi musicali appropriati.

I vantaggi derivanti dalla scelta di una spinner bike per il tuo allenamento rispetto alle cyclette tradizionali sono rappresentati dalle maggiori possibilità di regolazione.

Per esempio, la posizione normalmente utilizzata nello spinning simula maggiormente quella della bici da corsa e risulta pertanto più funzionale ma anche più scomoda (maggior rischio di sovraccarichi alla colonna vertebrale).

Nelle spin bike lo sforzo viene regolato tramite un freno meccanico che agisce su un grosso volano la cui velocità di rotazione è impressa dai pedali. Tramite questo meccanismo è possibile simulare condizioni di pianura, di salita e discesa con maggiore fedeltà rispetto alle bike tradizionali .

La bici da spinning è normalmente più resistente ma più rumorosa rispetto alle bike tradizionali .

La bici da spinning aumenta i rischi di tendinopatia rotulea in quanto, rispetto alla bici tradizionale, causa maggiori sollecitazioni a carico delle ginocchia.

In definitiva visto che sei alle prime armi ti consiglio l’acquisto di una bike tradizionale.

Oggi è presente sul mercato una vasta gamma di prodotti, il cui prezzo oscilla da poche centinaia di euro fino ai 4000 euro per le bici più professionali. Qualunque sia la tua scelta ti consiglio di verificare che la bici sia dotata di un display in grado di visualizzare la frequenza cardiaca, la frequenza della pedalata e che abbia meccanismi per la regolazione dello sforzo.

Ti consiglio di seguire per i primi 20 giorni un programma di attività aerobica costante della durata di 30-40 minuti per 4 sedute settimanali ad una frequenza cardiaca pari a:
•0.8x(220-la tua età)

e con una frequenza di pedalata intorno alle 80-100 pedalate al minuto o RPM

Fai seguire a questa fase iniziale un programma che alterni nella stessa seduta fasi ad alta, media e bassa intensità.

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Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/spinning_a_casa.htm

Jul
30
Carla T. Fit. + pesistica
ALBUME D’UOVO
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Albume d’uovo

Proprietà Nutrizionali

L’albume d’uovo, per le sue caratteristiche nutrizionali, è un alimento importante per la dieta dell’uomo. Albume, Tuorlo d’uovoA differenza del tuorlo, l’albume è praticamente privo di grassi e colesterolo; per questo motivo è adatto anche all’alimentazione di chi soffre di ipercolesterolemia o di calcolosi della colecisti.

L’albume d’uovo è infatti composto principalmente da acqua e proteine. Al suo interno sono inoltre presenti sali minerali (magnesio, sodio e potassio), vitamine del gruppo B, e glucidi (soprattutto glucosio).

% Uovo intero % Acqua % Proteine % Lipidi % Glucidi % Minerali Kcal
Guscio 8,5-10,5 1 4 – – 95 –
Albume 60-66 87-89 10,7 – 0,4-0,5 0,5-0,7 43
Tuorlo 24-30 46,5-48,5 15,8 29,1 0,15-0,25 1,1-1,6 325
Albume + Tuorlo 90-92 74-76 12,4 8,7 0,3-0,4 0,8-1 128

La sua composizione nutritiva lo rende un prezioso alimento anche per gli atleti. Non a caso in commercio si trovano molti prodotti a base di albume d’uovo (pasta proteica, barrette, proteine dell’uovo ecc.).

Uovo (100 g) Albume (100 g) Tuorlo (100 g)
Proteine 12,4 10,7 15,8
Lisina 880 725 1250
Istidina 298 235 394
Arginina 767 603 1103
Acido aspartico 1209 1060 1524
Treonina 623 500 826
Serina 842 702 1170
Acido glutammico 1508 1329 1885
Prolina 496 417 685
Glicina 419 371 490
Alanina 719 659 878
Cistina 323 312 328
Valina 823 732 993
Metionina 437 422 422
Isoleucina 657 572 842
Leucina 1041 862 1347
Tirosina 503 448 663
Fenilalanina 662 626 707
Triptofano 197 171 237

Digeribilità e Avidina

L’albume, al contrario di molti altri alimenti, compreso il tuorlo, possiede scarsa digeribilità allo stato crudo. La cottura, coagulando le proteine, facilita l’azione degli enzimi digestivi e neutralizza l’avidina, una proteina che lega la vitamina H (biotina), impedendone l’assorbimento intestinale.

Per le proteine del tuorlo vale il discorso opposto: se consumate crude sono ben digerite, mentre se sottoposte a cottura eccessiva risultano di difficile digestione.

La cottura o la pastorizzazione delle uova è comunque fondamentale per allontanare il pericolo di infezioni (salmonellosi in primis). All’interno dell’albume sono infatti presenti proteine con azione antisettica, come il lisozima, la cui funzione battericida va affievolendosi mano a mano che l’uovo invecchia.

CONTENUTO PROTEICO DELL’ALBUME D’UOVO

Proteina % Funzione
Ovoalbumina 54 Nutriente, coagulante, blocca gli enzimi digestivi
Conalbumina 13 Potere coagulante e fissazione del ferro e flavoproteina
Ovomucoide 11 Blocca gli enzimi digestivi, in particolare la tripsina
Ovoglobulina 8 Potere montante (schiumogeno)
Lisozima 3,5 Digerisce la parete batterica, potere montante
Ovomucina 1,5 Responsabile dell’albume denso, stabilizza la schiuma, azione antivirale
Flavoproteina 0,8 Lega e trasporta la riboflavina dal sangue all’uovo
Avidina 0,05 Lega la biotina impedendone l’assorbimento intestinale
Altre proteine 8,15

La composizione proteica dell’albume può causare manifestazioni allergiche nei bambini, per questo motivo andrebbe introdotto con gradualità nella dieta dell’infante.

Jul
29
Carla T. Fit. + pesistica
Alimentazione: cibo e abbronzatura
Alimentazione - Official Group
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Alimentazione: cibo e abbronzatura;  Per ottenere un’abbronzatura intensa e uniforme è buona regola assumere alimenti ricchi in acqua, sali minerali e vitamine.

Alimentazione: cibo e abbronzatura

 

Alimentazione: cibo e abbronzatura

Acqua

L’acqua è molto importante per mantenere la cute idratata e reintegrare le grosse perdite di liquidi causate dalla sudorazione.

Abbronzatura artificiale

Chi non vuole rinunciare all’abbronzatura nemmeno durante i mesi invernali, può ricorrere alle lampade artificiali.
Le lampade abbronzanti, così come i raggi ultravioletti, possono avere delle ripercussioni negative sul nostro organismo… Basta non esagerare, e procedere ad una abbronzatura in modo progressivo con tali lampade, e si eviteranno spiacevoli inconvenienti.

Le carote

Il beta carotene è il nutriente più importante in quanto stimola la formazione di melanina. Tale sostanza oltre a regalarci un colorito più scuro, protegge la pelle dagli effetti negativi delle radiazioni solari.

Tra le numerose altre virtù del beta carotene ricordiamo anche il forte potere antiossidante e la capacità di rafforzare il sistema immunitario e proteggere quello cardiovascolare.

Tra gli alimenti a maggior contenuto di carotenoidi il posto d’onore spetta alla carota, che contiene ben 1200 microgrammi di vitamina A ogni cento grammi di prodotto (più del doppio della razione giornaliera raccomandata). In generale il beta carotene abbonda nei vegetali gialli, arancioni e verdi come pesche, albicocche, angurie, broccoli, rucola e meloni.

Antiossidanti

Gli antiossidanti, sono in grado di proteggere la pelle dall’invecchiamento cutaneo e dagli effetti dannosi dei raggi U-V. Questa classe di sostanze, tra cui ricordiamo le vitamine A, C, E, il selenio e il coenzima Q-10, sono presenti in gran parte degli alimenti di origine vegetale.

Acqua, frutta e verdura devono dunque avere un ruolo primario, senza dimenticare di assumere anche gli altri nutrienti nelle giuste proporzioni.

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Jul
28
Carla T. Fit. + pesistica
Alimentazione: Concetti sulla disidratazione
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Alimentazione: Concetti sulla disidratazione;

Osmolarità e disidratazione

Caratteristiche della bevanda ideale contro la disidratazione

Alimentazione: Concetti sulla disidratazione

 

Alimentazione: Concetti sulla disidratazione

 

La bevanda ideale per fronteggiare la disidratazione deve possedere diverse caratteristiche:
• innanzitutto un sapore gradevole;
•dev’essere facilmente assorbibile senza causare problemi gastrointestinali;
•deve quindi essere moderatamente refrigerata (8-13°C), isotonica e mai iperosmolare;
•deve infine contenere una minima quantità di carboidrati (5-7%), non superiore al 10%.

Per questo motivo l’acqua ed una dieta ricca di vegetali sono molto utili per prevenire la disidratazione, ma quando questa è già insorta o è probabile che faccia la sua comparsa (sudorazione severa ecc.) è molto meglio sorseggiare bevande appositamente formulate. La sola acqua, infatti, potrebbe non solo essere insufficiente ma addirittura controindicata (possibile causa di iponatremia).

Tipo di bevanda Contenuto Indicazioni
Ipotonica Fluidi, elettroliti ed un basso contenuto in carboidrati Rapida reidratazione, ma poca energia
Isotonica Fluidi, elettroliti ed un 6 – 8% di carboidrati Rapida reidratazione ed energia
Ipertonica Elevato contenuto in carboidrati Scarsa e lenta reidratazione, ma elevata energia

Osmolarità e disidratazione

L’osmolarità di un liquido corrisponde al numero di particelle presenti in soluzione. In una bevanda reidratante queste particelle comprendono i già citati elettroliti (sali) ed i carboidrati, oltre agli immancabili conservanti e dolcificanti artificiali. L’osmolarità del plasma, che in condizioni normali si aggira tra i 280 ed i 330mOsm/kg, è influenzata principalmente da alcuni suoi componenti, come sodio, proteine e glucosio.

Una bevanda, per dirsi isotonica, deve avere la stessa osmolarità del plasma (pur cambiando il tipo di soluti). Al contrario, si definiscono ipotoniche ed isotoniche quelle bevande aventi, rispettivamente, una osmolarità inferiore o superiore.

Il consumo di bevande ipotoniche, come l’acqua ed in particolare quella a basso residuo, diminuisce l’osmolarità plasmatica (diluisce i soluti del sangue) e tende a ridurre la sensazione di sete prima che i livelli idrici si siano ripristinati. Le bevande ipertoniche, invece, per le leggi dell’osmosi, richiamano liquidi nel lume intestinale, aggravando la disidratazione e diventando fonte di possibili disordini intestinali (diarrea).

Appurato che la bevanda ideale per combattere la disidratazione dev’essere isotonica o leggermente ipotonica, è bene ricordare che la maggior parte degli sport drink rispetta tale direttiva (in tal caso l’aggettivo “isotonica” o “isosmolare” è chiaramente riportato in etichetta). Si può preparare una sana e gustosa bevanda reidratante anche miscelando cinque cucchiai di zucchero da tavola per ogni litro di acqua ed aggiungendovi un pizzico di sale (1g) e 100 ml di succo d’arancia concentrato. Tra gli scaffali dei supermercati o in negozi specializzati, sono inoltre disponibili integratori salini in polvere che vanno sempre aggiunti alle bevande nei dosaggi riportati in etichetta. Quando questi vengono superati, infatti, l’elevata concentrazione salina richiama liquidi a livello intestinale per gradiente osmotico, sottraendoli al plasma, causando diarrea ed aggravando lo stato di disidratazione corporea.

Il sudore è una soluzione acquosa in cui si trovano minerali, come sodio, cloro, magnesio e potassio. Il sudore è un LIQUIDO IPOSMOTICO, cioè con una OSMOLARITÀ (concentrazione delle particelle presenti in soluzione, o soluti) inferiore a quella di tutti gli altri liquidi corporei; il sudore ha infatti una concentrazione di 80-180 mOsm/l rispetto a 280-330 mOsm/l del plasma. La sudorazione, pertanto, determina sempre una perdita di acqua in eccesso rispetto alla perdita di sali.

Per quanto detto è bene che la bevanda reidratante abbia una concentrazione uguale (isotonica) o leggermente inferiore (ipotonica) a quella del plasma.

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Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione Alimentazione: Concetti sulla disidratazione 

Jul
27
Carla T. Fit. + pesistica
Fitness: Consigli per un addome piatto
Fitness - Official Group, The beauty of ABS
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Fitness: Consigli per un addome piatto  Vuoi un addome piatto? Non Fare un Allenamento Piatto!

 

Fitness: Consigli per un addome piatto

Il corpo umano è composto da tanti muscoli che lavorano sempre in sinergia tra loro, contraendosi da una parte e rilassandosi da un’altra. Se pieghiamo ad esempio il braccio per flettere il bicipite, ciò è possibile poiché contemporaneamente all’accorciamento del bicipite il muscolo opposto, il tricipite, si allunga. Idem su tutto il corpo.
Ora se noi focalizziamo tutti i nostri sforzi ed i nostri allenamenti solo sul retto addominale otterremo l’azione opposta. Il corpo per bilanciare l’eccessiva contrazione degli addominali che rischierebbe di farci camminare curvi, attiva dei meccanismi di decontrazione in modo tale che il busto rimanga dritto.
Quindi in un certo senso più sviluppiamo i retti addominali più l’addome sarà sporgente! Bella fregatura direte voi. Esatto bella fregatura e provocata con le nostre mani.

Qualche decennio fa quando il mondo del fitness non esisteva, nelle poche palestre che c’erano non si diceva “allenare gli addominali” ma si usava una espressione meno tecnica ma molto appropriata: “allenare i muscoli della cintura”.

I muscoli della cintura non sono altro che tutti i muscoli che ci avvolgono, appunto come una cintura, da davanti a dietro. Essi comprendono tanto per citare i nomi, il retto dell’addomegli obliqui, il traverso, i lombari.

Se alleniamo insieme tutti questi muscoli otterremo finalmente un addome piatto e se vorremo vedere poi i famosi cubetti, non basterà far altro che una dieta appropriata e un po’ di aerobica.

Vediamo ora nel pratico cosa fare

Lasciate perdere le decine di crunches, crunches inversi, crunches con la gamba accavallata, crunches alla palla svizzera, sollevamenti delle gambe. Questi esercizi lavorano sempre il retto addominale e solo i retti addominali. Dovremo fare altri esercizi, L’allenamento dovrà essere vario e comprendere un esercizio per ognuno dei muscoli della cintura.

Retto addominale – Obliqui: eseguite i sit up con torsione con le gambe piegate. Non appena inizia la salita del busto, tramite le braccia che saranno poste dietro la testa, incominciate a ruotare il busto per arrivare a toccare alternativamente con un gomito in mezzo alle gambe. Eseguite due serie da 20 ripetizioni ognuna. Quando sarete in grado di eseguirne un numero maggiore tenete dietro la nuca un disco da 2 kg o più.

Addominali e obliqui:  eseguite i side bend o flessioni laterali con manubrio. In piedi impugnate un manubrio e flettete il busto dal LATO OPPOSTO del manubrio, piegandovi leggermente in avanti, poiché si chiamano abliqui, e non LATERALI.

Fitness: Consigli per un addome piatto

Eseguito correttamente

 

a) Come non fare movimenti simili SBAGLIATI

che non portano a nulla: Nella fattispecie della foto sottostante, questo atleta scende col busto alla parte del manubrio, senza ottenere nessuno sforzo particolare, poiché egli va verso il manubrio che di suo, tira in quella stessa direzione.

Fitness: Consigli per un addome piatto

a) movimento inutile

 

b) Un film comico senza fine.

Ancora degli atleti pensano che con un manubrio  per mano dello stesso peso, allenino prima un obliquo e subito dopo l’altro. Senza rendersi conto che in fisica, un manubrio annullerà l’altro in quel modo. Fossero anche 50 kg. ciascuno, noi scenderemmo per allenare un obliquo a carico ZERO, poiché 50 kg. – 50 kg. = ZERO.
Evitatelo, se non volete far ridere i TRAINER, e qualche atleta in sala pesi.

 

Fitness: Consigli per un addome piatto

b) la comica senza fine

Curate la respirazione: inspirate quando vi abbassate ed espirate con forza quando salite. Durante la salita se l’espirazione è fatta correttamente avvertirete distintamente contrarsi e appiattirsi la parete addominale. Il peso del manubrio dovrà consentirvi di eseguire dalle 10 alle 30 ripetizioni all’incirca. Non appena riuscite a superarle passate ad un manubrio di peso maggiore.

Traverso: questo muscolo largo e piatto contiene tutti gli organi interni. Rinforzarlo non solo conferisce piattezza all’addome ma migliora la digestione e le funzioni intestinali nonché l’attività cardiaca.

Il Vacuum

Dopo aver saputo della sua importanza, lo volete forse tralasciare? Allenatelo con il vacuum, un esercizio derivato dallo yoga. In piedi o seduti espirate completamente l’aria dai polmoni poi, a bocca chiusa mimate una profonda inspirazione. Avvertirete un effetto di sotto vuoto (vacum vuol dire appunto sotto vuoto) che vi farà rientrare l’addome all’altezza dello stomaco e la gola all’altezza della fossetta del giugulo.
Tenete questa posizione 5 secondi, inspirate profondamente a bocca aperta e ripetete la procedura per dieci volte. Con la pratica arrivate a tenere lo stato di sottovuoto fino a dieci secondi.

Lombari: sollevamenti del busto o iperestensioni da eseguire all’apposita panca. Anche qui come nei side bend durante la risalita espirate con forza e avvertirete l’appiattimento dell’addome. Quando sarete in grado di compiere agevolmente venti ripetizioni, abbracciate al petto un disco da 2 kg o più.

Sit ups con torsione alternata – 2 x 20
Side bend con manubrio – 2 x 15
Vacuum – 10 volte
Iperestensioni – 2 x 20

In tutto sono quattro esercizi che non vi prenderanno più tempo dei soliti crunches nelle varie versioni, ma vi renderanno i muscoli della cintura forti e compatti e potrete finalmente dire, associando la dovuta dieta con minori carboidrati, da evitare sopratutto a cena: Addominali sblusati sulla cinta? No grazie!

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