allargare le spalle
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Aug
4
Carla T. Fit. + pesistica
allargare le spalle
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Allarghiamoci le Spalle

A cura di: Francesco Currò

Converrete con noi che un gruppo muscolare eccessivamente sviluppato rispetto alle sezioni vicine, più che offrire vantaggi estetici crea problemi di simmetria. allargare le spalleA nostro avviso, però, a questa “legge” sfugge la sezione muscolare dei deltoidi: avete mai sentito “sminuire” qualcuno perché ha le spalle troppo larghe? Pensiamo proprio di no! Prima di andare oltre e stilare una proposta di allenamento per i deltoidi, cerchiamo brevissimamente di vedere un po’ come “agisce” tale sezione muscolare.

Il deltoide è un muscolo monoarticolare che, agendo sull’articolazione scapolo-omerale, determina quanto segue:

1) Nell’articolazione scapolo-omerale, si vengono a realizzare una serie di movimenti, nei vari piani spaziali, intorno ai principali assi aventi come punto comune la testa dell’omero. Scendendo nei particolari, possiamo distinguere in:

1.a) Movimenti intorno all’asse antero-posteriore, con conseguente rotazione dell’omero sul piano frontale: adduzione in anteposizione fino a 45°; adduzione in retroposizione fino a 20°; abduzione fino a 90°.
1.b) Movimenti intorno all’asse trasverso: anteposizione o flessione fino a 60°; retroposizione o estensione fino a 20°.
1.c) Movimenti intorno all’asse verticale: rotazione interna di 80°; rotazione esterna di 60°.

2) Vediamo, adesso, come agisce il muscolo deltoide nei movimenti elencati nel punto “1”.

2.a) Intorno all’asse anteroposteriore: adduzione a carico dei fasci clavicolari e spinali; abduzione del fascio acromiale (0 a 90°) con l’intervento pressoché immediato dei fasci spinali e dei fasci clavicolari (già dopo i 20-30°).
2.b) Intorno all’asse trasverso: flessione dell’omero a carico dei fasci clavicolari (da 0 a 60°); estensione dell’omero a carico dei fasci spinali (da 0 a 50°).
2.c) Intorno all’asse verticale: rotazione interna dell’omero a carico dei fasci clavicolari; rotazione esterna dell’omero a carico dei fasci spinali.

Ora che conosciamo un po’ meglio l’anatomia del muscolo, cerchiamo di stilare un programma di allenamento finalizzato all’ipertrofia.
Una delle prime considerazioni che possiamo fare è che il deltoide è costituito da tre capi. Ciò, a nostro avviso, presenta un’immediata conseguenza: tale muscolo non può essere stimolato abbastanza da un solo esercizio, come a volte si sente professare da qualche integralista hardgainer.
Un’altra considerazione che “viene spontanea” è la seguente: i tre capi del deltoide non lavorano insieme, anzi. spesso lo fanno in antitesi. Quindi possono essere alleanti in sedute diverse, magari in associazione con sezioni muscolari che in un certo senso li “preaffatichino”: così possiamo stimolare i deltoidi con un minor numero di serie e non rischiamo “sovrapposizioni”.
Ecco un esempio di come potrebbero essere distribuiti (in un microciclo settimanale) gli allenamenti per i capi del deltoide, in relazione alle altre sezioni muscolari:

L M M G V S D

Dorsali Pettorali Deltoidi laterali Quadricipiti
Deltoidi posteriori Deltoidi anteriori Tricipiti Femorali
Polpacci Addominali Bicipiti Addominali

Il lunedì, quindi, dopo aver allenato i dorsali – e ciò avrà contribuito a preaffaticarli – sarà il turno dei deltoidi posteriori. A nostro avviso, la sezione posteriore del deltoide viene troppo spesso trascurata nei vari programmi di allenamento e tale situazione, col tempo, può portare ad asimmetrie spesso difficilmente rimediabili. La soluzione di allenare i capi in maniera separata, è un buon modo per far sì che tale capo del deltoide riceva le dovute attenzioni.
Ecco, in dettaglio, una proposta di allenamento per il capo posteriore:

Esercizio Serie e ripetizioni Riposo tra
le serie Tecniche

Alzate a 90° con manubri 3 x 10 60” Tenere la posizione di massima contrazione per 1-2 secondi
Alzate a 90° ai cavi 3 x (6 + 6 + 6) 60” Metodo “stripping”

Il martedì, dopo aver allenato i pettorali – e ciò avrà contribuito a preaffaticarli – sarà il turno dei deltoidi anteriori. A tal proposito, la nostra “prima scelta” ricade su un esercizio non troppo pubblicizzato, ma dalle indubbie potenzialità: le distensioni su panca (con bilanciere) con impugnatura inversa. Tale esercizio inizia col bilanciere posto in prossimità della parte bassa dello sterno – con i gomiti aderenti al corpo per tentare di limitare l’azione del pettorale ed enfatizzare lo stiramento del deltoide anteriore – e finisce distendendo il bilanciere in alto, davanti alla testa. Ribadiamo che tale esercizio non è assolutamente da trascurare, in quanto tra l’altro, consente di utilizzare più peso di altri esercizi più “comuni”, come il lento dietro, senza incorrere in rischi articolari.

Esercizio Serie e
ripetizioni Riposo tra
le serie Note

Distensioni “inverse” 3-4 x 10 60” In questo caso è meglio non esagerare con le serie, visto che il deltoide anteriore è molto interessato in vari movimenti di distensione per i pettorali (come, ad esempio, la panca orizzontale) e rischieremmo di sovrallenarlo.

Il giovedì, inizieremo l’allenamento (principio della “priorità muscolare”) con i deltoidi laterali, in modo da poter “attaccare” al meglio tale importante sezione muscolare, senza essere stanchi da eventuali allenamenti svolti, subito prima, per qualche altro muscolo.
Ecco, in dettaglio, una proposta di allenamento per il capo laterale:

Esercizio Serie e
ripetizioni Riposo tra
le serie Tecniche

Alzate laterali ai cavi (in
superserie con l’esercizio seguente) 6 x 6-8 Zero (essendo una superserie) Tensione continua
Alzate al mento (in superserie
con l’esercizio precedente) 6 x 8-12 60” Tenere la posizione di massima contrazione per 1-2 secondi

Se portate (come deve essere fatto!!) le serie a cedimento fin dalla prima serie, e tenete un riposo tra le superserie intorno al minuto, non riuscirete ad eseguire in tutte le serie le ripetizioni indicate mantenendo lo stesso carico. Sarà quindi opportuno applicare il metodo del piramidale decrescente, dove, serie dopo serie, scalerete un po’ il peso.

E adesso consentiteci una doverosa considerazione: questi schemi – per quanto possano essere stati accuratamente stilati – possono andare bene a molti, ma (ovviamente) non a tutti, e soprattutto vanno inquadrati in un contesto più ampio; esistono anche gli altri gruppi muscolari, la periodizzazione, i limiti articolari ecc.
Occorre sempre sottolineare che, quando si stila una tabella da pubblicare, si pensa ad un atleta “medio”. Per l’applicazione sul singolo – con tutte le eventuali problematiche che possono scaturire – o si è abbastanza bravi da “carpire” l’idea e modificarla (da soli) in base alle proprie esigenze, o si richiede una consulenza.

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